Zambia: viaggio in una terra Rasta fino al midollo
Partire per la prima volta per l’Africa è un’emozione unica. Io e il mio compagno di viaggio Cristian passammo mesi a studiare e organizzare un viaggio on the road lungo il fiume Zambesi. Eravamo carichi, in tutti i sensi: adrenalina alle stelle e 20 chili di zaino in spalla per cinque settimane.
Io mi chiamo Gianluca Checchi e sono un fotografo. Faccio parte di un’associazione culturale che promuove viaggi solidali, molto alternativi, in giro per il mondo per sondare lo stato di coste, mari, laghi e fiumi; così, dopo aver battuto l’Europa nel 2019, per il 2020 il nostro obiettivo è stato raggiungere la città di Mongu per documentare dei progetti per contrastare i cambiamenti climatici di una organizzazione non governativa italiana.
Detto fatto, il 26 febbraio 2020 siamo partiti per Lusaka, la capitale dello Zambia per poi dirigerci al lago Kariba, un lago artificiale al confine tra lo Zambia e lo Zimbabwe, formatosi tra il 1958 e il 1963 dopo la costruzione della diga più grande dell’Africa, quella sul fiume Zambesi. La diga costituisce la principale fonte di elettricità dei due stati, ma lo scarso livello delle acque causato delle lunghe siccità degli ultimi anni, fa sì che non lavori a piena potenza.
Mentre in Italia i cinesi venivano accusati di portare il Covid, un ragazzo cinese, Wang, conosciuto in ostello, ci offriva un passaggio con la sua auto per raggiungere il lago dove ogni notte centinaia di luci si muovono come lucciole sull’orizzonte. Si tratta, come abbiamo avuto modo di sperimentare noi stessi, delle piccole barche dei pescatori appartenenti al popolo Tonga, che da sempre vive in quel tratto di Zambesi. Pescano Kapenta, un tipo di sardina importata dal lago Tanganica. Una mattina, in una piccola baia ormai rinsecchita nel villaggio di Siavonga, poco distante dalla diga, ho trovato varie barche di pescatori ormeggiate dopo una notte di lavoro. Sentendo odore di canapa nell’aria, mi sono fatto avanti, e, come sempre mi capita in queste occasioni, offrendo da fumare, anche quella volta ho ottenuto sempre molto di più in cambio: un’escursione sulle acque, la loro fiducia e tante storie legate all’ecosistema del lago di anno in anno sempre più a secco.
Salutate le sponde del lago Kariba, dopo due giorni di viaggio e vari autobus abbiamo raggiunto Livingston, città chiamata così in onore dell’esploratore scozzese David Livingstone, il primo europeo ad avventurarsi nella zona.
Si trova a una decina di chilometri dalle cascate Vittoria e nell’ostello dove alloggiavamo le televisioni internazionali parlavano solamente dell’evolversi della pandemia in Italia. Lì abbiamo conosciuto Eric e Adrian, due artisti rastafari locali che suonano in un gruppo, gli YesRasta. Abbiamo passato molto tempo con loro, parlando e confrontandoci su moltissime cose, dall’arte alla musica, dalla natura ai cambiamenti climatici, dalla politica all’attualità. Ci hanno aiutato a capire come funzionano le cose lì e in gran parte del continente: “All Africa is like a baby”, ripetevano spesso.
La cultura Rastafari è molto sentita e vissuta in Africa; si incontrano spesso le immagini di Bob Marley sotto forma di poster appesi nei bar o negli hotel, nelle opere di artigianato locale e nei braccialetti e collanine venduti vicino le mete turistiche. Le cascate Vittoria e il fiume Zambesi segnano il confine tra Zambia e Zimbabwe, entrambi parte del protettorato Britannico chiamato Federazione di Rhodesia. La Rhodesia settentrionale ottenne l’indipendenza nel 1962 diventando la Repubblica dello Zambia, mentre la parte meridionale, l’attuale Zimbabwe, la conseguì nel 1980.
Bob Marley appoggiava la causa della liberazione dello Zimbabwe e nel 1978 aveva composto la canzone Zimbabwe dedicandola ai combattenti per la libertà. Si esibì due anni dopo durante le celebrazioni per l’indipendenza del Paese, tornando per la seconda volta in Africa. Il suo concerto fece notizia anche perché il cantante coprì di tasca sua tutte le sue spese per l’esibizione e rifiutò qualsiasi rimborso. Tutto questo lo consacrò come figura importantissima per tutto il continente.
Eric e Adrian vedono in Marley un esempio, con la loro musica tramandano i suoi insegnamenti, cantando dei problemi che affliggono la loro terra, come l’inquinamento e i cambiamenti climatici – lo Zambia è il quarto paese al mondo per tasso di disboscamento. I due però non si limitano solo a raccontarli, nel loro piccolo cercano di contrastarli: hanno una fattoria fuori Livingstone dove coltivano mais e hanno costruito vasche per l’itticoltura cercando di combattere il problema dell’overfishing, dato che nel fiume Zambesi la pesca illegale con zanzariere è molto praticata. Grazie a loro sono riuscito a entrare in contatto e a fotografare un carbonaio che mi ha mostrato questa pratica illegale che sta devastando quelle terre, la deforestazione al fine di produrre carbonella. Il 73% della popolazione urbana dell’Africa sub-sahariana utilizza legna o carbone prodotto dalla legna come fonte primaria di energia, cioè per cucinare e riscaldarsi.
Mentre il nostro paese d’origine in provincia di Brescia diventava per la cronaca uno dei luoghi più pericolosi al mondo, noi ci trovavamo a Kazungula, in riva al fiume Zambesi, vicino al confine con il Botswana, a cercare storie di pesca di frodo. Lì abbiamo conosciuto Richard, proprietario di un lodge per la pesca sportiva ormai in disuso: i cambiamenti climatici che hanno rinsecchito lo Zambesi e anni di pesca di frodo hanno distrutto completamente il suo business.
Con lui vive JeanBabtiste detto anche Chipango, un rastafari di origine haitiana. Chipango è un vero uomo di mondo. Quando era giovane viveva negli USA e ha assistito ad alcuni concerti di Marley, di cui ricorda le incredibili vibrazioni positive ancora adesso. Vibrazioni d’orgoglio e dignità contro l’oppressore che in Africa risuonano ancora adesso.
a cura di Gianluca Checchi
Fotogiornalista. Nel 2017 ha iniziato un progetto a lungo termine per raccontare i fiumi del mondo, seguendo a piedi il tragitto del Gange in India, del Danubio in Romania e Bulgaria e dello Zambesi in Zambia, Zimbabwe e Botswana. Instagram: @gianlujpeg