Yanomami, la tribù che resiste allo sterminio. Sola contro governo, minatori e cercatori d’oro
Il continente americano regala ancora oggi storie che sembrano uscite dai libri delle epoche di Fernando Torres, Toro Seduto e Simon Bolivar. Pochi giorni fa vi avevamo raccontato della resistenza che gli indiani Sioux stanno portando avanti da mesi contro le multinazionali del petrolio e la polizia americana. Oggi invece arrivano le prime immagini degli Yanomani, una tribù dell’Amazzonia brasiliana che sta cercando di resistere all’avanzata dei cercatori d’oro (eh sì, purtroppo esistono ancora anche loro!)
Gli Yanomani sono una tribù ancora incontattata, cioè che rifiuta ogni contatto con “i bianchi” e vive in mezzo alla natura dell’Amazzonia, o quel che ne rimane. Lo status di “incontattati” non è per loro solo un desiderio ma una vera e propria necessità di vita. Non hanno infatti gli anticorpi contro tante malattie che per noi sono ormai banali, e l’incontro con i bianchi potrebbe ucciderli anche con la banale trasmissioni di germi o di un raffreddore.
Il villaggio si trova all’interno del territorio indigeno yanomami nel nord del Brasile, vicino al confine con il Venezuela. Circa 22.000 Yanomami vivono sul lato brasiliano del confine, e almeno tre gruppi di essi non hanno contatti con l’esterno.
Queste straordinarie immagini scattate con da aereo sono state diffuse dal Funai, l’ente governativo brasiliano che si occupa di difendere e preservare le comunità indigene dell’Amazzonia, e rappresentano nuove e importanti prove della loro esistenza, visto che spesso i governi si rifiutano di riconoscere questo fatto per non intralciare le attività di disboscamento e sfruttamento del territorio.
Sono scatti che testimoniano come la tribù sia sana e anche in cresciuta (si stima siano almeno 100 persone a comporre quella ripresa nelle foto), e servono per denunciare il rischio che stanno correndo: gli Yanomami sono infatti da anni costretti a spostarsi ciclicamente per allontanarsi dalle attività umane. A minacciarli sono i taglialegna illegali che continuano a disboscare l’Amazzonia, le attività minerarie che inquinano le falde acquifere e i cercatori d’oro che a centinaia continuano a invadere i loro territori.
A rendere più difficoltosa la loro sopravvivenza il fatto che l’ente governativo che li deve proteggere, il Funai, è oggetto di pesanti tagli al budget da parte del governo brasiliano «a causa di un piano politico per indebolire drasticamente i diritti territoriali indigeni e la protezione delle loro terre» come denunciato dall’associazione in difesa dei popoli indigeni Survival International.
Queste fotografie mostrano un tipico yano, ovvero una grande casa comune yanomami in cui vivono numerose famiglie. Ognuna delle sezioni quadrate dello yano è la casa di una famiglia; qui appendono le amache, accendono fuochi e conservano le riserve di legna.
Gli Yanomami hanno una conoscenza botanica enorme e usano circa 500 piante diverse per mangiare, curarsi e costruire le case. Si procurano il cibo in parte cacciando, raccogliendo prodotti e pescando, ma piante come la manioca e le banane sono coltivate in grandi orti creati nella foresta.
Gli sciamani yanomami sono i leader spirituali delle comunità. Inalano un allucinogeno chiamato yakoana, che credono permetta loro di comunicare con il mondo degli spiriti.
La resistenza degli Yanomani contro l’invasione della “civiltà” dura ormai dagli anni ’40 del secolo scorso, quando il governo brasiliano decise di delimitare la frontiera con il Venezuela, e subito dopo arrivarono i missionari. La dittatura militare, poi, decise di costruire una strada attraverso l’Amazzonia. Gli Yanomami soffrono ancora oggi l’impatto devastante di quella strada che ha portato coloni, epidemie e alcool. Negli anni Ottanta, poi, arrivarono 40.000 cercatori d’oro: in soli sette anni, il 20 per cento degli yanomami morì a causa delle violenze e delle malattie contratte.
Nonostante questo sono ancora almeno 40mila gli Yanomami che resistono tra Brasile e Venezuela. Per anni il governo brasiliano è parso riconoscere finalmente il loro diritto ad esistere ed autogovernarsi nelle proprie terre ancestrali senza intromissioni interne, per questo nel 1992 demarcò il loro territorio (grande due volte la Svizzera) e vietò ogni attività umana e industriale nell’area e mise il Funai a vigilare. Ma ora tutto sta tornando i discussione.
Per questo Survival International ha lanciato una campagna internazionale nella quale chiede a tutti di inviare mail di protesta al governo brasiliano per richiamarli al rispetto dei diritti di questo popolo. Una campagna di pressione che già in passato ha funzionato in altri contesti e alla quale invitiamo i nostri lettori ad aderire (basta un solo click, la mail è già preimpostata: a questo link)
Gli Yanomami da decenni dimostrano di saper resistere anche con ogni mezzo, quando è necessario, all’invasione delle loro terre, e pochi giorni fa hanno rivendicato l’uccisione, con archi e frecce, di sei cercatori d’oro illegali. Ma la pressione internazionale può certamente dagli una mano.