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WU-TANG CLAN – A Better Tomorrow (recensione)

wuRecensire un nuovo disco del Wu-Tang Clan è un’impresa ardua: è fin troppo facile ascoltarlo con la speranza di riavvicinarsi ai fasti di un tempo, rimanendo inevitabilmente delusi. I Generali non sono più dei ragazzini (GZA ha quasi 50 anni!) e non passano più il tempo a fumare guardando film di kung-fu, vivendo tutti sotto lo stesso tetto. Bisogna dunque accettare un’evoluzione stilistica e di contenuti soprattutto da parte di RZA, che potrà piacere o meno, come la scelta di eseguire le basi con strumenti dal vivo (seguendo il credo di Adrian Younge). Va anche detto che le enormi difficoltà dietro il processo realizzativo del disco (ancora per colpa di Raekwon, come sette anni fa) hanno notevolmente turbato il concept nato dall’ennesima visione di RZA.
Ascoltando il disco si ha la sensazione di una mancanza di coesione, sia per quanto riguarda i versi registrati in momenti (e luoghi) diversi, sia per una questione di contenuti relativi al tema di una traccia (ad esempio in “Mistaken Identity”): questo rappresenta un notevole punto negativo del disco, ma non il più grave. Ciò che davvero rischia di rovinare quello che è a tutti gli effetti un buon prodotto è la tremenda scelta di alcuni ritornelli: RZA spesso concede “opportunità” a cantanti semi-sconosciuti, ma lanciare Nathaniel in un disco così importante appare quanto meno fuori luogo. “Keep Watch”, “Ron O’Neal” e soprattutto “Miracle” sono pezzi bellissimi ma sporcati da ritornelli maledettamente brutti o troppo insistiti: “Miracle” è a tutti gli effetti uno dei migliori pezzi del disco (prodotto da 4th Disciple), con strofe spaventose di Deck e Masta Killa, eppure ascoltare per 5 volte un ritornello cantato su un pezzo del Wu-Tang Clan è decisamente strano.
Curioso l’omaggio a Dusty Springfield con “Preacher’s Daughter” che fa il verso alla sua “Son of a Preacher Man”: risultato esilarante, con bella base di RZA e strofe molto divertenti di Meth e Ghost. Il tono del disco subisce una decisa impennata con i due pezzi che seguono: “Pioneer The Frontier” e “Necklace”. Nel primo caso abbiamo una psicotica produzione di Bobby Digital, con almeno 5 sample di “36 Chambers” mixati insieme e strofe da applausi dei 4 MC coinvolti, ancora una volta con MK sugli scudi. “Necklace” è un beat molto dark di 4th Disciple, su cui Raekwon e Ghostface sputano fuoco. I cambi di ritmo della base riportano alla mente l’atmosfera claustrofobica di “Careful (Click, Click)”, confezionando un pezzo di rara potenza. Ottimi brani anche “Felt”, “Hold The Heater” e “Mistaken Identity”, con il cameo di Streetlife al ritornello. In chiusura compare la title-track, seconda traccia del Clan con il nome “A Better Tomorrow”, decisamente meno malinconica del classico del 97, grazie soprattutto al campione di Harold Melvin & The Blue Notes. Versi di Method Man e Raekwon da standing ovation, e finale con messaggio di speranza alla “We Are The World”.
La sensazione è quella di un disco solido, minato parzialmente dai problemi di cui sopra. Il livello qualitativo è a mio avviso superiore ad “8 Diagrams” e, pur restando lontano dai livelli di “Forever” e anche “The W”, rappresenta un album che potrebbe sensibilmente crescere con il tempo. Resta tuttavia l’amarezza per quello che sarà: la frattura fra RZA e Raekwon, ricomposta per qualche mesetto (“Rae, all those bad times are behind us” canta RZA nella splendida “Ruckus in B Minor”) è nuovamente aperta. Difficilmente rivedremo i due sullo stesso palco, almeno per il momento, ed ancor più difficile sarà rivederli in studio insieme. “A Better Tomorrow” è con elevata probabilità il disco d’addio del leggendario Wu-Tang Clan. Pur trattandosi di un buon album, considerando le potenzialità dei 9 Generali di Staten Island e la legacy che hanno messo insieme, era lecito aspettarsi ben altra conclusione per la loro fantastica carriera.

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Dario De Lisa



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