White Siberian (Dinafem Seeds): autocoltivazione in outdoor per fini terapeutici
Condividiamo con i lettori di Dolce Vita questo grow report inviatoci da un affezionato coltivatore delle varietà di Dinafem.
Sono Carlo ho 56 anni e soffro di artrosi lombare. Coltivo da quasi 10 anni per combattere il dolore cronico ed evitare l’assunzione di farmaci antidolorifici dagli effetti secondari indesiderati. Per questo prediligo varietà di cannabis con proprietà rilassanti e nella maggior parte dei casi si tratta di indiche e di ibridi con minor influenza genetica sativa, in modo da attutire gli effetti psicoattivi ai quali non sono particolarmente interessato.
Fortunatamente il mio giardino orientato a sud è ben protetto da sguardi indiscreti e in caso di maltempo a fine fioritura posso trasferire le piante dentro casa. Utilizzo vasi con capienza di 40 litri di colore bianco per evitare che le radici si “abbrustoliscano” nelle ondate estive di caldo africano. Coltivo in vaso e non in terra madre proprio per poter muovere le piante in caso di necessità.
Preparo il terreno in primavera, circa un mese prima di iniziare il ciclo, mescolando il terriccio del vivaio (50%) con il restante composto di humus di lombrichi, perlite, fibra di cocco e un paio di cucchiai di farina di neem. Ogni tanto rimuovo il composto in modo da renderlo più ossigenato possibile. Verso metà maggio procedo con la germinazione sommergendo in acqua (pH circa 6) i 3 semi di White Siberian per 12 ore per poi passarli in una salvietta umida altre 48 ore circa, fino alla comparsa della radichetta.
Provvedo quindi a piantare il tutto in vasetti con apposito drenaggio nella parte inferiore. Dopo circa una settimana, quando il primo paio di foglie è ben sviluppato, sposto le piantine in vasi da 4l con un terriccio molto soffice in modo da favorire il radicamento. In questa fase e per le prime tre settimane di vita presto particolare attenzione a possibili attacchi di insetti e altri animali. Se il sole picchia forte evito esposizioni prolungate, allo scopo di preservare le piccole da possibili stress iniziali. Ora mi concentro soprattutto sulle radici. Utilizzo acqua di rubinetto decantata e corretta con uno stimolante bio per le radici, in dose leggermente inferiore a quella indicata dal produttore.
Per prevenire piaghe di insetti e funghi vari userò regolarmente (un’applicazione ogni 3 giorni circa) estratto di propolis e olio di neem in vegetativa e bacillus thuringiensis ed equiseto in fioritura, specialmente a inizio fioritura. In passato ho avuto modo di conoscere da vicino: ragno rosso (tetranychus urticae), mosca bianca (trialeurodes vaporariorum) e botrite (botrytis cinerea). Quest’ultima mi rovinò una coltivazione qualche anno fa, quando in mia assenza a fine fioritura un’ondata di mal tempo creò le condizioni propizie alla propagazione di questo devastante fungo patogeno. Buttai via la metà dei fiori.
Verso i primi di giugno le piante continuano a crescere vigorose, quindi decido di partire con la fertilizzazione a base di concime bio ricco d’azoto. Ritengo che non sia per niente facile stabilire in modo ottimale la dose e la frequenza di fertirrigazione; come norma generale cerco di osservare giorno dopo giorno l’aspetto della pianta e di valutare le condizioni climatiche. Verso i primi di luglio, di prima mattina, trapasso le piante nella loro sistemazione definitiva (vasi da 40l), facendo attenzione a non rompere il panetto di radici (bello compatto, dato che negli ultimi giorni non ho irrigato apposta).
Per evitare ulteriore stress dopo il trapianto lascio le piantine un paio di giorni in penombra e senza fertilizzanti, aggiungendo solo uno stimolatore fogliare a base di alghe marine. Dopo una settimana scarsa dal trapianto, effettuo la potatura apicale, in modo da favorire una ramificazione laterale più omogenea. Prediligo che le piante si sviluppino morfologicamente in larghezza piuttosto che in altezza, sia per motivi di discrezione che per miglior resistenza alle raffiche di vento.
Dopo circa 40 giorni dal trapianto, la pianta è ben strutturata e pronta per iniziare la fase di fioritura. Le ore di oscurità si allungano e la fisiologia della pianta cambia, iniziano a vedersi i primi pistilli bianchi spuntare dalle estremità dei rami. In passato ho visto esemplari abbondantemente nutriti con azoto ritardare l’entrata in fioritura e ciò mi ha insegnato a fare un lavaggio delle radici seguito da leggera fertilizzazione (EC 0,6) a base di potassio e fosforo, proprio in questa fase. Come alternativa so di poter usare un preparato enzimatico capace di decomporre le radici morte e rendere disponibile ulteriore nutrimento. Entrambi i metodi sono validi, ma io preferisco il lavaggio delle radici.
Nella prima metà di settembre assisto a una vera e propria esplosione di fiori, dovuta in parte alla stabilità del clima (mediamente 30° e 35% di umidità di giorno e 20° e 65% di umidità di notte) e in parte al buon stato di salute delle White Siberian. A metà settembre le cime sono belle gonfie e piene di resina. Dopo circa 5 giorni dall’ultimo apporto di stimolante e fertilizzante di fioritura bio (pH 6,5 e EC 1,2), procedo al definitivo lavaggio delle radici con acqua di rubinetto per circa il triplo del volume dei vasi. Gli ultimi 5l del lavaggio sono fatti con acqua distillata. L’odore pungente e agrodolce delle sommità fiorite si propaga a distanza ogni volta che soffia una raffica di vento, per me è un aroma meraviglioso, ma per qualcun altro potrebbe non esserlo. Mi fermo inevitabilmente a riflettere ancora una volta su quanto assurdo sia criminalizzare la coltivazione di questo splendido essere vegetale che con poco sforzo regala tanto benessere. Penso che forse un giorno potrò finalmente coltivare liberamente, ma fino ad allora dovrò essere estremamente prudente.
Finalmente arriva il desiderato giorno del raccolto! L’ingiallimento delle foglie mi conferma che le piante si sono ripulite da residui di fertilizzante. Per me è molto importante ottenere un prodotto più puro possibile dal punto di vista organolettico, anche a costo di sacrificare una parte di produttività. Procedo quindi col taglio, rimuovo solo le foglie grandi, mentre lascio quelle piccole e appendo le piante intere a testa in giù in una stanza buia e fresca (19 gradi, 50% di UR). I primi tre giorni uso un deumidificatore per rimuovere gli eccessi di umidità notturna. A causa del forte aroma presente in tutta la casa ed essendo in attesa di ricevere visite familiari, decido di munirmi di un estrattore con filtro di carbone attivo, in modo da diminuire drasticamente il “profilo aromatico” della mia casa ed ottenere anche una leggera ventilazione della stanza.
Dopo circa due mesi di lento e graduale essiccamento, le cime sono pronte per essere collocate in vasi di vetro e quindi stagionate. In questo modo gli aromi evolveranno, diventando più stabili e maturi, allo stesso modo degli effetti desiderati. Nelle seguenti tre settimane apro quotidianamente i vasi di vetro per circa mezz’ora, in modo da evitare ristagni d’umidità che possano causare la comparsa di muffe. Successivamente li aprirò una volta ogni 4-5 giorni per altri due mesi circa. Per i miei personali gusti, il punto ottimale di aromi ed effetti è dai tre ai sei mesi dopo il raccolto.
A posteriori, posso ritenermi globalmente soddisfatto, dato che ciascuna pianta ha prodotto oltre 200 grammi di infiorescenza secca, senza peraltro superare il metro e venti di altezza in fase di coltivazione. In questo modo disporrò di infiorescenze bio per tutto l’anno, senza preoccuparmi di dovermi approvvigionare presso il mercato nero. Ancora una volta, non posso evitare di chiedermi come può la legge considerarmi un delinquente, solo perché mi coltivo le piante di cannabis ad uso terapeutico.
Dopo tre mesi di stagionatura, finalmente il prodotto è pronto all’uso. Procedo quindi a vaporizzare la White Siberian. Inizialmente noto una certa secchezza in bocca, dopo circa 10 minuti arrivano progressivamente gli effetti. Inizialmente sento una sorta di “calore” piacevole che dalla testa passa alle articolazioni, insieme a un formicolio generalizzato e senza alcun tipo di malessere. Dopo circa un quarto d’ora dall’assunzione noto una forte sensazione di rilassamento muscolare, sia facciale che corporale. Dopo un paio d’ore percepisco un aumento dell’appetito. Una volta passato l’effetto inizio a sentire una piacevole sonnolenza; a questo punto so che posso coricarmi e dormire diverse ore consecutive senza correre il rischio di svegliarmi.
In queste circostanze i dolori sembrano svanire. Non è che spariscano, ma percepisco che grazie all’effetto della cannabis, il mio cervello li tratta in maniera differente, diventano meno fastidiosi. Ho la fortuna di non soffrire di psicosi o depressione (patologie per le quali la cannabis è generalmente sconsigliata), riscontro quindi che anche il mio umore ne trae beneficio, contribuendo a creare in me uno stato di benessere generale. Consiglio a tutti di informarsi sul sorprendente sistema endocannabinoide, presente in tutti gli esseri umani.
Infine vorrei concludere con un’affermazione: non ci si può aspettare che tutta la salute persa nel corso della vita possa essere restituita dalla cannabis, ma è un dato di fatto che piante come questa aiutano a vivere meglio, almeno nel mio caso e in quello di molti altri pazienti.
Alla prossima esperienza!
Dinafem Seeds Team