Chi è Paul Watson? Per molti, rappresenta un estremista nell’ambito dell’ecosostenibilità, mentre per altri è un eroe ambientalista che ha dedicato l’intera sua vita alla difesa degli abitanti dei mari e degli oceani. Grazie al documentario Watson, il pirata che salva gli oceani, che narra quattro decadi di strenue battaglie contro la devastazione della vita marina, chiunque abbia l’opportunità di guardarlo può farsi un’idea e decidere da che parte schierarsi.
Watson fu uno dei fondatori di Greenpeace, poi fu espulso dall’organizzazione per le sue tattiche di azione diretta contro la pesca e la caccia illegale, soprattutto quella indirizzata alle foche. Successivamente, ha dato vita a Sea Shepherd, un movimento che si è diffuso in numerosi Paesi nel mondo il cui aspetto distintivo è la volontà di agire in situazioni in cui i governi e le autorità internazionali spesso esitano o si dimostrano inefficaci. Le operazioni a bordo delle loro navi includono operazioni di disturbo, il posizionamento di reti per ostacolare le attività di pesca illegale e il rilascio di informazioni cruciali per attirare l’attenzione globale su questioni di rilevanza marina, tutte cose che il film documento con ritmo serrato. «Se l’oceano muore, moriamo tutti, poiché è l’oceano a fornire tutte le risorse necessarie a sostenere la nostra esistenza su questo pianeta» dice Paul Watson ed è difficile dargli torto. La sua lotta continua a ricordarci che le azioni individuali e collettive possono fare la differenza e che ogni piccolo passo verso la conservazione marina conta enormemente per il futuro del nostro pianeta.