Wany
Mi risulta quasi difficile presentare Wany, uno degli artisti italiani più conosciuti ed apprezzati. Wany intraprende la sua attività di writer a Brindisi, sua città natale, nel 1990, a soli 12 anni; terminato il liceo artistico si trasferisce a Roma, dove frequenta la “Scuola internazionale di Comics”, coltivando parallelamente il breaking, che lo porterà a fare importati esperienze in ambito televisivo e non solo, e affacciandosi alla musica producendo il mixtape “B.Boy Guerrieri”.
Ad oggi Wany – all’anagrafe Andrea Sergio – può vantare diverse collaborazioni con importantissimi brands tra cui Coca Cola, Nike, Adidas, Mtv, forse grazie anche alla facilità con cui i suoi lavori riescono a veicolare un messaggio che va ben oltre l’impatto visivo, e che per essere compreso in pieno ha bisogno sicuramente di uno sforzo in più da parte dell’osservatore. I tratti sono decisi e puliti, l’uso di colori “prepotenti”, soprattutto per quanto riguarda la produzione su tela, creando un grande contrasto con i soggetti, regalandoci uno stimolo per riflettere e ribaltare la realtà. E’ evidente come la cultura fumettistica giapponese abbia influito sui suoi primi lavori, avendo inoltre collaborato per 7 anni come art director per la Dynit, un’importante casa editrice di Cartoon e fumetti del Sol Levante, raggiungendo quindi ampio riconoscimento anche oltreoceano.
Tu e pochi altri in Italia siete riusciti ad avere un vero riconoscimento nel mondo istituzionale dell’arte, ma se dovessi commentare quello che sta accadendo ora per strada, anche per quanto riguarda le nuove generazioni di writers, cosa manca loro? O cosa magari hanno in più? Può esserci un metro di paragone? E il contesto “strada” in quanto luogo di fruizione e di attività, com’è cambiato?
Il punto è proprio questo. La strada non è più quella di una volta. Da quando ho iniziato nel 1990 sono passati quasi 20 anni, in cui l’hip hop italiano è nato, ha toccato un apice e poi si è sgretolato in 4 discipline che oramai vivono di vita propria. Non esisteva internet, e-mail, cellulari, spray buoni, tappi e la gente conosceva a malapena quello che succedeva nella propria città. Nella mia ad esempio la vita in quegli anni non era molto semplice ed il 60% della popolazione viveva di furti e contrabbando. Così protetto da ABEONA (protettrice degli emigranti), ho vissuto 4 anni a Roma, 7 a Bologna e quasi 1 qui a Milano. Penso che sia giusto che chi si è distinto in tutti questi anni su diversi supporti e con style sia riconosciuto a pieno merito come pioniere ed innovatore dello stile made in italy nel mondo. Così come sta succedendo a me. Almeno se si parla di Writing o Street Art, anche se c’è una grande confusione nelle istituzioni a riguardo e a volte anche i writer stessi, catapultati in questa dimensione fanno fatica a ricordarsi chi sono proprio perchè oramai nel trip, a volte forzato dell’artista. Oggettivamente nella nuova scuola c’è gente molto brava, ed io sono in assoluto per la meritocrazia, ma penso che ogni artista debba avere un suo percorso e un bagaglio d’esperienza che lo possa collocare come artista rappresentante a pieno merito in questo nuovo percorso artistico che vuole l’urban culture nelle gallerie e nei musei.
Quali sono le tecniche che hai sperimentato e quelle che oggi trovano spazio nei tuoi lavori?
Sperimentando ne ho imparate molte, ma penso che la tecnica rimanga soltanto un mezzo per poter realizzare e far percepire quello che si vuole esprimere, io le utilizzo a seconda di quello che voglio comunicare… sicuramente non è una cosa fondamentale per dare vita a delle idee… non apprezzo molto chi fa uso di proiettori per ricalcare la realtà, che rimane spesso sterile nel ritratto e poco spontanea, una tecnica senz’anima né concetto. Per fortuna non è sempre così!
Cosa pensi sia cambiato in Italia in questi approssimativi 20 anni di writing? Ora c’è più voglia di arrivare, e visto che parecchi riescono, senza necessariamente raggiungere la tua stessa notorietà, ma anche riciclandosi in altre cose, inventando e reinventandosi di continuo.
Si, c’è molta voglia d’arrivare ad ogni costo, chi spinto da questo stile di vita sempre più frenetico, chi dalla voglia di fare e chi, purtroppo, dall’invidia. Spesso questi ultimi diventano le famose “volpi che quando non arrivano all’uva” dicono che è acerba!
Grazie per la tua disponibilità, ti lascio come di consueto un ultimo spazio per dire quello che vuoi, o lasciarci un ultimo consiglio…
Pensate con la vostra testa, non vi omologate, contate principalmente sulle vostre forze e non perdete tempo a guardare quello che fanno gli altri o le parole della gente… Tanto parlano sempre e comunque!
Tentate di essere più originali e di fare qualsiasi cosa con style… Rispettate chi lo merita veramente a prescindere da chi sia… Fate del vostro meglio, per voi stessi e per le persone cui volete bene! Peace!
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a cura di PHLO’ – tratto da Moodmagazine n.2