Vinile: il big bang dell’Hip Hop
Lo scorso 13 febbraio, annunciata in pompa magna e ricondivisa viralmente sui social network, è partita la prevendita della ristampa in vinile di “SxM” dei Sangue Misto, l’iconica crew formata da Dj Gruff, Neffa e Deda. Server in tilt e 3mila copie sold out in pochi giorni: uno scenario decisamente prevedibile… Ma andiamo con ordine.
Tannen Records è un’etichetta di base a Verona, che ha inaugurato la collana “Vinili Doppia H” ristampando alcuni classici del rap italiano (“Neffa & I Messaggeri della Dopa”, “Novecinquanta”, “Scienza Doppia H” e così via). Tutti presi d’assalto, certo, ma nessuno raggiungeva l’aurea mitica di SxM, se considerato che alcune copie dell’edizione originale sono state rivendute a prezzi a tre zeri (la ristampa si limitava ad un range tra 30 e 60 euro). Vuoi perché sia stato l’unico, inarrivabile, episodio di questo magnifico trio, vuoi perché – molto probabilmente – le vendite dell’epoca furono scarse e quei pochi e lungimiranti fortunati si sono ritrovati, ventiquattro anni dopo la sua pubblicazione, un vero e proprio feticcio tra le mani.
Ebbene sì, perché il vinile, nell’Hip Hop, è un feticcio. Anzi, il big bang della cultura: da questo supporto, infatti, sono via via nati i block party, i break beat per i b-boy, gli scratch, il sampling e, in generale, tutto ciò che concerne l’arte del djing e della produzione. Si può dire che la cultura Hip Hop abbia avuto un ruolo fondamentale nel sacralizzare il vinile, divenuto – come spiegato nel bellissimo documentario “Scratch” di Doug Pray – un vero e proprio strumento musicale e che, al contempo, senza un giradischi ed un mixer sarebbe stata impensabile la sua genesi. Non a caso, nel 2014, il Wu-Tang Clan ha stampato e messo all’asta un’unica copia del vinile di “Once Upon a Time in Shaolin” – finendo, purtroppo, nelle grinfie di uno scaltro speculatore.
Secondo i dati forniti da Deloitte TMT, nel 2017 la vendita generata dal vinile ha superato per la prima volta in questo millennio il miliardo di dollari, rappresentando il 7% di tutta l’industria musicale; in Italia, secondo i dati FIMI, la crescita è costante (+50% dal 2016 al 2017) e contempla il 9% del mercato discografico del Belpaese. Ancor più sorprendenti, infine, i dati ICM, secondo i quali solo la metà di chi compra un vinile possiede un piatto e lo utilizza, mentre il resto non lo usa (41%) o non lo possiede affatto (7%).
La rinascita del vinile è da ascrivere a variabili differenti, che vanno dal piacere di ascoltare la puntina solcare il piatto per un suono caldo e morbido, alla riscoperta di un supporto analogico in un mare di musica digitale, passando per essere un oggetto di tendenza. Ma, più di ogni altra cosa, significa tornare a rispettare la musica in quanto tale, apprezzarla appieno senza la pressa di pigiare il tasto skip e, ultimo ma non ultimo, la possibilità per i più giovani di apprezzare pietre miliari che probabilmente non avrebbero mai conosciuto.