Victor Deme
Difficile di rimanere insensibili all’eleganza di questo piccolo signore con lo sguardo scintillante come quello di un bambino. Quando comincia a cantare, Victor Démé si trasforma e ci ritroviamo trasportati dalla sua bellissima voce. Nel suo primo disco (giustamente acclamato dalla stampa e dal pubblico), Victor ci canta le sue romanze africane dagli accenti latini, che onorano le donne e chiamano i burkinabé alla solidarietà nazionale. Le sue melodie folk-blues si stampano nella nostra memoria e ci portano in una dolce malinconia… Lunga vita a Victor !
Dove e quando sei nato? Come hai trascorso la tua gioventù?
Sono nato a Bobo Dioulasso nel Burkina Faso nel 1962. Sono cresciuto ad Abidjan in Costa d’Avorio. Ma poi adolescente sono tornato nel mio Paese per fuggire l’ambiente nazionalista che si sviluppava nella Costa d’Avorio: i “voltaiques” non erano ben accettati.
Come e quando hai iniziato a suonare?
Il canto è sempre stato molto importante nella mia famiglia: mia nonna Batierou Ira era una famosa cantante “griotte” del quartiere di Koko a Bobo Dioulasso. Con lei ho iniziato a cantare e poi non mi sono mai fermato di cantare e di essere incoraggiato nel mio quartiere di Koumanssi ad Abidjan. La gente mi chiedeva sempre di cantare a cappella i successi del momento. Un giorno, un’amica del quartiere mi ha portato per presentarmi al gruppo Super Mandé condotto da Boulaye Diabaté che mi ha chiesto subito di lavorare su due successi del momento. Ho fatto le mie prove e cosi sono entrato nel Super Mandé di Boulaye Diabaté.
Quali artisti ti hanno influenzato?
Posso citarne alcuni: Kassy Madi (Mali), Tidiane Coulibaly (Burkina Faso), Aboubacar Demba (Guinea), Nayaka Bel (Costa D’Avorio). Ma tutto quello che è buono mi piace, la cosa importante è che la musica mi colpisca direttamente.
Quando hai scoperto le musiche afro-americane?
Quando ero piccolo, con mio cugino, ascoltava tanto jazz, blues e musiche cubane. Mi ha dato voglia di fare lo stesso.
Come definisci la tua musica?
La mia musica è la rappresentazione delle mie ispirazioni; alcuni temi mi invitano a lavorare un blues, altri una salsa, altri una ballata mandinga. Questo vasto repertorio è il risultato di tanti anni di collaborazione con diversi gruppi ed artisti.
Parlaci del tuo disco? Com’è stato scritto?
C’è stato un incontro all’origine di tutto, quello con Camille Louvel. Ci ha sempre creduto, è stato molto ostinato per fare andare le cose avanti, con l’aiuto di David Commeillas. Hanno creato uno studio a Ouagadougou, con tanta inventiva e con i materiali disponibili. Dopo avere registrato, abbiamo creato un etichetta, la Chapa Blues con Nicolas Maslowski e Romain Germa. Hanno messo tutte le loro energie insieme per spingere il disco, ed io penso che questa riunione di passioni brilli! Tutti i brani sono stati composti da me, con diverse influenze. Infatti, alcuni brani sono stati lavorati sulla base di un repertorio bamabara (“Tamagnogon e “Dalamoroya”), ma ho anche usato ritmi tradizionali della mia etnia merka (per esempio “Burkina Mousso”). La mia musica viene dal cuore, provo a trasmettere tutta la mia sincerità, quello che la vita mi ha dato.
Il tuo disco inizia con il titolo “Djôn’maya”, che tratta di tolleranza.
Si, in questa canzone dico che bisogna rispettare il proprio prossimo. Si conosce oggi, ma non si sa quello che può succedere domani. Puoi essere migliore di un altro un giorno e non potere più fare niente senza di lui il giorno dopo. Quello che non ti piace, non farlo agli altri, non importano la tua macchina, la tua villa, la tua ricchezza… Ognuno ha bisogno di pace e di rispetto, anche se è povero.
Che cosa pensi della situazione del Burkina Faso oggi?
Oggi il Paese non ha una propria direzione ben definita; la capitale è bella e ben messa in luce ma il popolo è dimenticato. Il governo attuale si occupa di far dimenticare le condizioni del suo accesso al potere. Prima, sotto Sankara il popolo aveva vinto una coscienza cittadina. Un desiderio di costruire insieme un Paese. Il popolo ha potuto scoprire i suoi diritti e il bisogno di lottare contro la corruzione.
Qual è l’importanza della religione nella tua vita?
Mi sono convertito tardivamente alla religione cattolica. Tutta la mia famiglia è musulmana, mio padre mi diceva sempre “Un cantante non vedrà mai il regno di Dio.” Mi faceva paura, ma poi ho capito che non era vero. Si canta alla moschea, ma anche alla chiesa. Dio ama la musica. Bisogna pregarlo e cantarlo.
Come vedi la forza della tua musica? Può migliorare la situazione della gente?
Quando canto un brano sulle donne del Burkina Faso, sulle loro condizioni di vita e di lavoro, sulle loro iniziative associative per esempio, lo faccio per incoraggiarle. Se poi il brano viaggia portando ancora più lontano il messaggio, diventa un doppio incoraggiamento per queste donne. Alcuni cambiamenti nella società dell’Africa dell’Ovest sono necessari: offrire un messaggio e farsi capire bene dalla gente sulla necessità di questo cambiamento è già un gran passo in avanti.
a cura di Romain TiltMusic