Verso quale futuro ci stiamo incamminando?
È sotto gli occhi di tutti ormai lo sconvolgimento climatico dovuto dalle immissioni di co2 nell’ambiente, realtà inquietanti riempiono le prime pagine dei giornali sulla imminenti catastrofi ambientali. L’ultimo rapporto della Fao che di certo non ha mai avuto posizioni allarmistiche sulla questione parla chiaro.
I cambiamenti del clima, con l’innalzamento generalizzato delle temperature medie, non sono solo una minaccia all’ambiente, ma rappresentano anche un pericolo gravissimo per l’economia mondiale; è ciò che afferma l’autorevole rapporto del professor Nicholas Stern ex dirigente della banca mondiale in occasione dell’ultima conferenza dell’Onu svoltasi il 7 novembre a Nairobi.
Lo studio già commissionato dal governo inglese nel 2005 riporta dati preoccupanti, che per lo scenario peggiore prevedono un calo del 20% del prodotto economico mondiale a causa dei mutamenti climatici. Un costo calcolato attorno ai 5,5 trilioni di euro, se non si affronterà il problema in maniera risolutiva entro i prossimi dieci anni.
Il problema dell’economia mondiale sembra ben poca cosa, a fronte di 200 milioni di possibili profughi, la maggiore migrazione della storia moderna, causa distruzione di intere zone da parte di siccità e alluvioni. Stern avverte che un nuovo trattato che seguirà Kyoto dev’essere varato entro il prossimo anno, e non entro il 2010/11 come previsto, se si vogliono tagliare drasticamente le emissioni dannose. E non servono, avverte Stern, misure unilaterali ma serve uno sforzo mondiale. Se la Gran Bretagna chiudesse tutte le sue centrali elettriche domani ad esempio, la riduzione di emissioni dannose verrebbe vanificata entro soli 13 mesi dalla crescita inquinante della Cina, che insieme all’India rappresenta la sfida decisiva per la riduzione delle emissioni nel futuro immediato. La Conferenza sul clima promossa dalle Nazioni Unite ha ribadito la centralità del Protocollo di Kyoto, nonostante le sue manchevolezze, come unico strumento multilaterale in grado di rispondere alla minaccia dei cambiamenti climatici.
ALLUVIONI, SICCITÀ E MIGRAZIONI DI MASSA PROBABILI SCENARI FUTURI
L’interruzione della corrente del golfo
Secondo un recente studio dell’Ipcc, il gruppo di studio intergovernativo sui cambiamenti climatici che riunisce i maggiori esperti mondiali, perdurando la situazione attuale un raddoppio delle concentrazioni di anidride carbonica porterà a un aumento della temperatura globale quantificabile tra 1,4 e 5,8 gradi centigradi entro il prossimo secolo. Nonostante questo, le lobby interessate al settore dei Paesi industrializzati sostengono invece che questo legame non è dimostrato e sottolineano il fatto che il processo di riscaldamento non è stato uguale ovunque e che ci sono zone in cui questo aumento non c’è stato o non è stato significativo.
Molti modelli climatici indicano che già ora il riscaldamento del pianeta provoca in diverse aree un aumento nella frequenza e nella durata di eventi estremi come piogge, alluvioni e siccità. Nell’ultimo secolo il livello del mare è cresciuto globalmente di 10-25 centimetri, proprio a causa dell’aumento della temperatura terrestre che ha provocato lo scioglimento dei ghiacci polari. Un aggravamento del fenomeno porterebbe un ulteriore scioglimento dei ghiacci, un aumento delle precipitazioni nell’emisfero Nord e una crescita della siccità in quello Sud, e in generale a un’estremizzazione degli eventi meteorologici. Allagamenti ed erosioni delle coste favoriranno l’intrusione di acqua salata riducendo la qualità e la quantità delle riserve di acqua potabile.
L’innalzamento provocherà la contaminazione delle riserve mettendone in pericolo la salubrità. In molti Paesi le riserve d’acqua potabile e pulita (utile a bere e lavarsi) stanno seriamente diminuendo, mettendo in crisi i già scarsi sistemi di controllo sanitario delle aree più disagiate. I cambiamenti climatici avranno effetti radicali sulla salute umana. La scarsità delle acque obbligherà la gente ad utilizzarne altra di bassa qualità e spesso a rischio, come quelle dei fiumi, sovente contaminate. Il risultato: dissenteria, malattie infettive. Si prevede un crollo delle riserve alimentari prodotte nelle zone costiere: allevamenti ittici, acquacolture e agricoltura saranno particolarmente vulnerabili.
Secondo le previsioni degli esperti, a causa dei cambiamenti climatici il territorio mondiale verrebbe a trovarsi diviso in due fasce climatiche ben marcate. Al Sud avremo una forte riduzione delle precipitazioni annue, un processo destinato a causare la desertificazione di vaste aree pianeggianti. Al Nord, si avrà invece un aumento delle precipitazioni, anch’esse concentrate stagionalmente, in grado di causare alluvioni e dissesti sempre maggiori. I cambiamenti climatici avranno effetti radicali sulla redistribuzione geografica della popolazione con lo spostamento di intere comunità (migrazioni di massa). In un rapporto di oltre mille pagine, al quale hanno collaborato centinaia di scienziati, ci sono risultati di simulazioni e modelli matematici, da cui derivano scenari futuri peggiori di quelli elaborati finora. In alcuni casi gli studi parlano di una riduzione degli ettari di terreno coltivabile del 40/60%. L’adattamento degli ecosistemi e dell’umanità alla nuova realtà, favorirà l’avanzata di “corridoi migratori” verso Nord impossibili da sostenere data la densità di popolazione. Il consenso registrato fra gli scienziati sul cambiamento del clima dovrebbe essere un campanello d’allarme in ogni comunità.
La Corrente del Golfo o“Nastro trasportatore” (belt conveyor), è una potente corrente oceanica calda di vitale importanza per la mitigazione del clima nei paesi europei che si affacciano sull’Oceano atlantico; Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, ecc. Questa enorme corrente che trasporta l’acqua calda del Golfo del Messico attraverso l’Atlantico, quando per ovvie ragioni si raffredda, in prossimità del circolo polare artico, si inabissa e dopo di ché il ciclo ricomincia.
Secondo ricerche svolte nell’Atlantico, le correnti oceaniche che aiutano a mantenere il clima dell’Europa del nord relativamente mite si stanno indebolendo. È quanto afferma, in una comunicazione a Nature, Harry L. Bryden (National Oceanography Centre, Southampton), che insieme ad altri ricercatori ha condotto una campagna di rilevamento nell’Atlantico. Dalla ricerca effettuata dal N.O.C.S, risulta che questo sistema di correnti, noto come “nastro trasportatore”, avrebbe cominciato ad indebolirsi sin dal 1957 ed oggi la sua efficienza si è ridotta di un 30%. Via via che il riscaldamento globale farà aumentare la temperatura del pianeta, l’afflusso di grandi quantità di acqua dolce liberata dal disgelo della coltre glaciale delle regioni boreali, bloccherà il cosiddetto “nastro trasportatore” del Nord Atlantico. Un eventuale arresto del nastro trasportatore, o anche soltanto un suo significativo rallentamento, raffredderebbe istantaneamente le regione del Nord Europa. Risultato: Glaciazione in pochi anni.
“L’alba del giorno dopo’’ non è solo un film hollywoodiano: alcuni passaggi del film, che descrive una nuova era glaciale nell’emisfero nord del pianeta, sono basati su previsioni e dati ‘in parte realistici. Ciò che fa davvero paura è l’indifferenza della gente. Le coscienze addormentate dal benessere e dal consumismo sono lo specchio di tale situazione. Solo una riduzione drastica della dipendenza dal petrolio da parte dei Paesi ricchi può avviare il mondo verso un processo di inversione di questi fenomeni.
BIODIESEL, OLIO DI COLZA, ETANOLO DA CANAPA: LA SOLUZIONE È FACILE E A PORTATA DI MANO
Con il termine Biodiesel si intendono le sostanze oleose prodotte da culture oleaginose quali colza, soia, girasole, Canapa e altri. Nel 1893 Rudolph Diesel mise a punto il primo motore che utilizzava oli di canapa e cereali. Durante la seconda guerra mondiale veniva utilizzato dall’esercito italo tedesco come carburante per i mezzi impegnati nel conflitto, vista la difficoltà degli approvvigionamenti a causa dell’embargo. Come si può immaginare i combustibili ottenuti da oli vegetali sono molto meno inquinanti di quelli fossili e soprattutto sono rinnovabili poiché derivano da colture di piante annuali o comunque rinnovabili in tempi molto brevi.
L’uso dei Biocombustibili, se comparato con quello dei combustibili di origine fossile, permette la riduzione delle emissioni gassose prodotte dai motori e ritenute pericolose per la salute. Inoltre consente l’azzeramento del bilancio dell’anidride carbonica. Infatti la co2 prodotta durante la combustione di una certa quantità di biocombustibile è riutilizzata dalla fotosintesi dalle colture destinate alla sostituzione della medesima quantità. In questo modo vengono limitati tutti gli effetti provocati dai cosiddetti “gas serra” (aumento della temperatura media del globo). Uno studio effettuato dal “CSIRO” Atmosferic Reserch Office, riporta come i Biocombustibili riducano le emissioni di co2 fino all’80% rispetto a quelli di origine fossile. Qui di seguito in una tabella comparativa riportiamo i dati risultanti dai test .
Gli oli raffinati non sono adatti ad essere utilizzati tali e quali, soprattutto nei motori Diesel veloci, a causa della loro elevata viscosità (70-80 cSt al 20°C contro i 4-7 cSt del gasolio). Un netto miglioramento di questa caratteristica può essere ottenuto con il processo di transesterificazione (o esterificazione). Per quanto possa sembrare difficile la sola pronuncia di questa parola, non è così per lo svolgimento di tale processo, che come spiegheremo più avanti può essere fatto anche in casa. Qui di seguito una tabella che ne riassume la formula (fonte c.t.i.ambiente 2000).
Le Informazioni e i test effettuati per il funzionamento del Biodiesel sui motori moderni sono numerose e reperibili ovunque sul web e non solo. Da tempo milioni di persone sui forum si scambiano informazioni, pareri, statistiche sul funzionamento e i progressi dei loro test. Tra i più famosi e frequentati sicuramente è il blog di Beppe Grillo ed i siti di controinformazione del mitico Yacopo Fo figlio di Dario e Franca Rame. Nonostante il grande lavoro mediatico e l’opera di sensibilizzazione di questi impegnatissimi personaggi, ciò che appare, è purtroppo uno scetticismo, una cecità o meglio un incredulità dilagante della maggior parte dei consumatori.
Se certamente non sarà sufficiente la mia testimonianza che da un anno vado in giro con la mia Agila 1.3c.d.ti bruciando metà gasolio tradizionale e metà olio di semi di colza reperibile al discount LIDL, qui di seguito riportiamo un autorevole rapporto del Comitato Termotecnica Italiano che ringraziamo per averci permesso la pubblicazione dei test risultanti dagli studi. Per ovvi motivi di spazio ne riassumiamo una parte. Vi invitiamo a leggere la versione integrale sul sito www.cti2000.it/biodiesel.
Utilizzazione del biodiesel nei motori
Di seguito sono descritti i problemi motoristici emersi nel corso di alcune prove (fonti bibliografiche diverse).
Compatibilità del materiale
Utilizzando biodiesel miscelato con gasolio fino al 20% in volume, non si riscontrano problemi di compatibilità con i materiali; ma un carburante con un elevato contenuto di esteri (più del 30 %) causa inconvenienti quando entra in contatto con determinati composti plastici, Gomma naturale, Gomma Etilene-Acetato, Gomma Etilene-Propilene, isoprene, che normalmente costituiscono le guarnizioni degli iniettori delle pompe, ecc. Per questa ragione è normalmente sconsigliato l’utilizzo del biocarburante tal quale o in miscele ad alta percentuale di metilesteri a meno di non sostituire le guarnizioni con materiali compatibili. Rame, Acciaio al carbonio, Ottone, Gomme fluorurate (Teflon, Viton), Gomma Alto Nitrilico (acrilonitrile>35%), sono tutti esempi di materiali che non subiscono danni particolari in seguito al contatto con i metilesteri di oli vegetali (fonte: Novaol).
Influenza sull’olio lubrificante
In tutti i test eseguiti si osserva una minore capacità lubrificante dell’olio dovuta all’effetto diluente del metilestere; in pratica il biodiesel trafila dal cilindro, passa le fasce elastiche e diluisce l’olio. Il fenomeno è meno evidente quando diminuisce la percentuale di biodiesel. Miscelato all’olio lubrificante il biodiesel può creare una serie di problemi in quanto aumenta il numero di iodio della miscela. Con conseguente polimerizzazione (incrostazioni). Tale fenomeno viene ridotto drasticamente utilizzando una miscela al 30% di biodiesel.
Problemi agli iniettori
Il comportamento degli iniettori alimentati a biodiesel è paragonabile a quello che si osserva utilizzando gasolio. Prove dell’università dell’Idaho (Peterson et Al,1997) hanno dimostrato che gli iniettori si incrostano leggermente di più (2-3 volte) con il biodiesel che con il gasolio e che comunque tale problema è di minima portata. Dopo alcune ore di funzionamento si forma una incrostazione carboniosa attorno agli iniettori che tende nel tempo a diminuire di spessore. Esiste cioè un livello critico di deposito raggiunto il quale non i osserva più accumulo di materiale. Tale livello critico per il metilestere sembra essere molto simile a quello del gasolio. Altre incrostazioni di questo tipo si osservano, come per il gasolio, in prossimità delle valvole (poche) e delle fasce elastiche. Sembra inoltre (Schlag S. 2000) che anche con motori dotati di “common rail” l’utilizzo del biodiesel non causi inconvenienti all’impianto purché si abbia l’accortezza di aumentare leggermente (100 bar) la pressione di iniezione.
Durata e performance del motore
Numerosi test hanno dimostrato che la durata di un motore alimentato a biodiesel non si discosta molto da quella di un motore a gasolio. Come specificato poco sopra alcuni piccoli accorgimenti rendono il motore perfettamente compatibile anche con il biodiesel puro. A differenza del biodiesel, il gasolio causa un maggiore accumulo di ferro, alluminio, cromo e piombo nella coppa dell’olio. Tutti i risultati delle prove indicano inoltre che il biodiesel non conduce a sostanziali differenze nel comportamento (potenza e coppia) dei motori se si utilizzano alcuni accorgimenti tecnici, mentre aumentano i consumi specifici, di circa il 10%, a causa del minore potere calorifico del metilestere. Ciò che appare da questi risultati è che con piccolissime modifiche al motore
è possibile l’utilizzo di biocombustibili senza alcun problema.
Ma allora perché nonostante i numerosi vantaggi ecologici e ambientali, il biodiesel continua ad essere introvabile? Non è un caso che per decenni le lobby petrolifere dell’auto hanno investito miliardi in una vera e propria campagna di disinformazione, insabbiando e contestando rapporti scientifici. Solo recentemente la Ford ha smesso di finanziare la fondazione che aveva proprio lo scopo di togliere credibilità agli scienziati che sostenevano l’esistenza di un nesso tra effetto serra, danni al clima e sistema dell’auto, arrivando persino a negare che si sia di fronte a un drammatico cambiamento del clima. C’è davvero da mettersi le mani nei capelli: da una parte le città sotto assedio dallo smog e il prezzo dei carburanti continuano a salire; dall’altra si fa poco o nulla non solo per ridurre il traffico veicolare, ma neanche per facilitare l’impiego di carburanti ecologici come il biodiesel. Ma allora che fare?
NON RESTA CHE FARCELO DA SOLI!
Come già detto in Italia il biodiesel è praticamente introvabile a parte in qualche sporadico caso nei supermercati della catena LIDL. Ciononostante qualcuno sta cominciando a produrselo da solo(soprattutto negli ambienti underground) mediante il processo di transesterificazione come sopra descritto. L’articolo di Roy Virgilio e Andrea Bruno apparso su “AAM TERRA NUOVA” spiega esattamente come produrre facilmente biodiesel a casa propria con mezzi non difficili da reperire. Per motivi di spazio riassumiamo schematicamente come fare (versione completa sul sito AAM TERRA NUOVA).
In concreto per la realizzazione occorrono 3 molecole di alcool metilico per ogni molecola di trigliceride da trasformare e un po’ di catalizzatore (soda caustica) per promuovere la reazione. Tradotto in misure a noi più familiari ci vorrebbero: 0,1 litri di metanolo e circa 3,5 g di soda caustica (NaOH) per ogni litro di olio fresco. Ma siccome ogni reazione tende ad un equilibrio e
noi vogliamo che tutto l’olio sia trasformato e non solo una parte, si usa un eccesso di alcool per spingere la reazione verso la totale conversione. Quindi la ricetta finale è: X litri di olio fresco + 0,2 *X litri di metanolo + 3,5*X grammi di soda caustica. Come detto, si può adoperare anche l’olio usato in cucina dopo la frittura, ma in tal caso va aggiunta una aliquota in più di catalizzatore per neutralizzare gli acidi grassi liberi e va eliminata l’acqua e le scorie di cibo eventualmente presenti. E’ consigliabile il comune etanolo, il classico alcool etilico rosa del supermercato.
L’alcool deve essere assolutamente anidro (quindi quello a 90° non va bene) perché l’acqua parassita la reazione, bloccandola e promuovendo una reazione di saponificazione che manda tutto a monte. Quindi bisogna procurarsi dell’alcool etilico assoluto (99,9%) e usare una maggiore quantità di catalizzatore (7 g/litro di olio contro i 3,5 g/litro per il metanolo); occorre anche una maggiore quantità di alcool (27,5% contro il 20% di olio necessario con il metanolo). Il processo prevede che prima si mescoli l’alcool con il catalizzatore, in questo modo si ottiene un intermedio reattivo (il metossido di sodio, o l’etossido a seconda dell’alcool). Successivamente si unisce il metossido a l’olio a una temperatura tra i 35 e i 60 °C (optimum a 45-50 °C) agitando il tutto per circa un’ora.
Esperimenti in cucina
L’attrezzatura necessaria è composta da: un fornelletto elettrico, una bilancia da cucina precisa al grammo, una vecchia pentola in disuso della capienza di circa 3 litri e un agitatore (realizzato con un trapano elettrico fissato su una colonnina, con un perno e una rondella saldata per smuovere il liquido). Per evitare inutili sprechi è consigliabile provare con un litro alla volta.
Ecco come procedere
Mescolare circa 275 cc di alcool etilico (CH3-CH2-OH) con 7 g di soda caustica (NaOH) fino a completa dissoluzione (in questo modo si ottiene l’etossido). A parte, mettere a scaldare la pentola con un litro di olio di semi e, raggiunti i 50 °C, aggiungere l’etossido. Subito dopo la miscela si intorpidisce, diventando di colore scuro. A questo punto si inserisce nel liquido l’agitatore (realizzato con il trapano). Dopo un’ora, si spengono fornelletto e agitatore. A questo punto la miscela comincia a separarsi in due fasi, sul fondo si deposita la glicerina (ottima per creme emollienti e prodotti cosmetici) densa e scura, in alto l’estere (il biodiesel), più chiaro e liquido. Si lascia riposare qualche ora per la completa separazione e poi si prosegue. La cosa migliore è poter utilizzare un recipiente con un rubinetto sul fondo, in modo da fare defluire prima la glicerina e dopo l’estere. L’ultima operazione da eseguire è il lavaggio del biodiesel. L’importante è essere precisi e attenti nelle varie fasi, o si rischia di ottenere degli insuccessi, reazioni che non avvengono, o si fermano a metà.
A questo punto, bisogna farsi coraggio e buttare nel serbatoio la “pozione magica. Conviene provare prima con pochi litri, aggiunti al gasolio già presente nel serbatoio, poi se tutto va bene si può utilizzare il biodiesel puro al 100% autoprodotto. Se avete seguito correttamente tutte le istruzioni, sentirete il motore girare perfettamente, e in modo più silenzioso e “rotondo” del solito. Ma la cosa più entusiasmante è constatare che dal tubo di scarico esce praticamente solo “aria calda” priva di odore.
Purtroppo accanto ai numerosi aspetti positivi fin qui elencati, ce ne sono anche di negativi. Innanzitutto il costo: preparare il biodiesel in casa non è poi così economico come potrebbe sembrare, tranne nel caso in cui si utilizza dell’olio da cucina usato. In definitiva farsi il biodisel in casa è più una provocazione nei confronti di enti, istituzioni e governi che dicono di preoccuparsi della salute dei cittadini, ma che non fanno niente di concreto. E’ la dimostrazione concreta che con pochi sforzi si può inquinare meno. C’è poi anche l’aspetto fiscale, con il carburante “fai da te” non si pagano le accise sui carburanti per cui, anche se animati dai migliori propositi, si è a tutti gli effetti degli evasori fiscali.
Il prode ed esimio Yacopo Fo che non si annoia mai, nella sua “libera università di Alkatraz” ebbe la brillante idea nel 2000 di costruire il primo distributore a biodiesel di Colza; risultato Impedita di fatto la vendita di biodiesel in Italia. Su richiesta del governo italiano (Proposta di Decisione del Consiglio inviata il 23 aprile 2001), l’Unione europea ha approvato una disposizione (protocollo numero 501PC0813) che ammette una tassa ridotta solo sul biodiesel mischiato al gasolio (al 5% come additivo o al 25% come combustibile per autotrazione di mezzi pubblici). Per utilizzarlo puro si dovrebbe pagare la tassa sui carburanti e in questo modo il prezzo diventerebbe proibitivo…
Conclusioni e riflessioni
L’essere umano si comporta come un virus e di fatto sta indebolendo il pianeta, si comporta come tale perché invece di preservarlo ne accelera la distruzione trattando con scetticismo i fenomeni sopradescritti contemplando solo visioni per il “progresso di crescita industriale” utile ad alimentare “il progresso“ verso la fine del mondo. Solo una riduzione drastica della dipendenza dal petrolio da dei paesi ricchi può avviare il mondo verso un processo di inversione di questi fenomeni. Il Biodiesel funziona ed è facile produrselo in casa, le lobby petrolifere ne temono la diffusione perché questa “Libertà energetica” spezzerebbe il legame di dipendenza, mercè la perdita del controllo su di noi. Alzi la mano chi giura di continuare a dipendere da loro se convertono il petrolio in biocombustibile salvando di fatto l’umanità dalla catastrofe…
in collaborazione con Marco Matiuzzo “Haidao”