Tutta la verità sul CBD
Abbiamo messo in fila tutte le proprietà mediche del CBD, risultate dalla più rigorosa ricerca scientifica degli ultimi anni e le evoluzioni a livello normativo
Il CBD è il cannabinoide al centro della ricerca scientifica odierna che ha portato una vera e propria rivoluzione nel mondo della cannabis. Oggi infatti la maggior parte delle grandi seedbank a livello mondiale propongono diverse versioni degli strain che le hanno rese celebri, arricchite con diverse percentuali di CBD e il cannabinoide è stato sdoganato sia nell’utilizzo a livello medico, che all’interno di decine di prodotti commerciali che vengono venduti in diversi Paesi a seconda della propria legislazione nel settore del wellness e del benessere più in generale.
Il CBD venne isolato per la prima volta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chimica dell’Università dell’Illinois nel 1940, si tratta di Roger Adams, Madison Hunt e J. H Clark. Ma ci sono voluti altri 23 anni affinché il dottore Raphael Mechoulam, considerato il padre della ricerca sui cannabinoidi, ne identificasse la struttura esatta nel 1963 insieme ai suoi collaboratori. L’anno successivo lo stesso dottor Mechoulam isolò per la prima volta il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) aprendo nuovi campi di ricerca per la cannabis in medicina.
In un’intervista rilasciata nel suo studio all’Università di Gerusalemme a Dolce Vita nel 2017 ha spiegato che: «La ricerca scientifica moderna ha dimostrato che il CBD è completamente atossico e sicuro», sottolineando che: «In uno studio clinico sui suoi potenziali effetti benefici nel trattamento della schizofrenia, è stato somministrato ai pazienti in dosi da un grammo senza che fosse riscontrato nessun effetto collaterale».
Gli effetti anticonvulsivanti del CBD sono noti a livello scientifico dal 1973, quando i ricercatori Carlini, Leite, Tannahuser e Berardi, pubblicarono uno studio che mostrava come il cannabinoide bloccasse le convulsioni nei ratti. Effetto che fu confermato a livello clinico, e quindi su pazienti con altri studi, alcuni eseguiti anche dal dottor Mechoulam, alla fine degli anni ’70. Anche se la maggior parte delle persone che ricevette una dose del composto provò alcuni miglioramenti, i risultati non potevano considerarsi ancora definitivi. A metà degli anni ’70, ulteriori studi clinici indagarono in altre aree mediche: sia sulle sue proprietà ansiolitiche che su quelle antiemetiche. Durante questi anni vennero scoperti anche gli effetti sedativi del composto prima in ricerche sugli animali, poi confermate da vari studi clinici che dimostrarono che il suo utilizzo migliorava il sonno in pazienti con problemi di insonnia.
L’EVOLUZIONE A LIVELLO NORMATIVO
A livello normativo ci sono stati diversi sviluppi, sia a livello italiano, che europeo e internazionale.
Nel 2019 il CBD in Italia è stato tolto dalle sostanze dopanti, dopo che a gennaio dello stesso anno era stata l’Agenzia Mondiale Antidoping ad escludere il CBD dalle sostanze proibite. Nello stesso anno è arrivata la storica sentenza della Corte di Giustizia Europea che, oltre ad aver sentenziato che il CBD non è stupefacente, ha scritto che: «Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi».
Nel 2020 è stata direttamente l’Oms ha dichiarare che il CBD non è uno stupefacente, raccomandando agli Stati membri di non inserirlo in nessuna tabella.
E nello stesso anno è iniziato il processo di inserimento degli alimenti contenenti CBD nei Novel food in UK e in Europa. In Europa la procedura si è arenata dopo che nell’estate del 2022 la Commissione ha palesato la necessità di effettuare nuovi studi. In UK la procedura è proseguita, ma anche oltremanica sono in attesa delle procedure definitive per poter iscrivere i prodotti. Con una differenza: prima di iniziare il processo la FSA, che è l’equivalente in UK dell’europea EFSA, ha permesso ai prodotti già in commercio di rimanere sugli scaffali, quindi nel Regno Unito già oggi sono in vendita prodotti alimentari e integratori contenenti CBD.
Su questo punto c’è stato anche l’intervento della EHIA che ha chiesto all’Europa che gli estratti naturali contenenti CBD vengano riconosciuti come cibo tradizionale, che è ciò che stato da poco riconosciuto alle foglie di canapa.
In questo panorama l’Italia è l’unico caso al mondo in cui il CBD, limitatamente alle preparazioni orali, viene considerato come un medicinale stupefacente. Accadeva anche in Israele, che però nel 2021 ha scelto di toglierlo dalla lista per abbassare i prezzi e aprire il mercato.
Dal punto di vista medico scientifico, invece, oggi i due grandi campi di indagine sulle proprietà terapeutiche del CBD sono quello del trattamento delle psicosi e del suo utilizzo come sostanza anti convulsivante specialmente in forme di epilessia pediatrica farmaco-resistente, ma il potenziale utilizzo terapeutico del CBD è stato evidenziato in un gran numero di malattie e sintomi, tra i quali distonia, diabete, malattie infiammatorie, patologie neurodegenerative, sclerosi multipla, dolore, malattie della pelle, autismo, ansia e depressione e altre.
EPILESSIA
La più recente conferma scientifica è arrivata con uno studio pubblicato su Epilepsia in cui i ricercatori scrivono che: «Il trattamento con CBD è stato associato a una riduzione della frequenza dei tipi di crisi convulsive (riduzione percentuale mediana, 47%–100%) e dei tipi di crisi epilettiche non convulsive e degli spasmi epilettici (riduzione percentuale mediana, 50%–100%) attraverso gli intervalli di visita attraverso 144 settimane di trattamento». Il risultato da sottolineare è che: «Circa il 50% dei pazienti ha avuto una riduzione ≥50% dei tipi di crisi convulsive e non convulsive e degli spasmi epilettici a quasi tutti gli intervalli». I ricercatori concludono scrivendo che: «Questi risultati mostrano un effetto favorevole dell’uso a lungo termine del CBD nei pazienti con epilessia resistente al trattamento che possono sperimentare vari tipi di crisi convulsive e non convulsive».
ALZHEIMER
Dalla cannabis può arrivare un aiuto per trattare l’Alzheimer: i suoi componenti infatti combattono e aiutano ad eliminare la proteina tossica beta amiloide, che causa questa forma di demenza. Lo sostiene uno studio i cui risultati preliminari sono stati pubblicati sulla rivista Aging and Mechanisms of the Disease, partner della celebre rivista scientifica Nature, dai ricercatori del Salk Institute in California. Anche se già altri studi avevano dimostrato che i cannabinoidi possono avere un effetto neuroprotettivo contro i sintomi dell’Alzheimer, aggiunge David Schubert, coordinatore dello studio, «il nostro è il primo a dimostrare che hanno effetto sia sull’infiammazione che sull’accumulo di beta amiloide nei neuroni».
PARKINSON
Secondo uno studio del 2014, condotto da un team di ricercatori brasiliani e pubblicato sul Journal of Psycopharmacology, il trattamento giornaliero a base di cannabidiolo ha migliorato il benessere e la qualità di vita di alcuni pazienti affetti da morbo di Parkinson.
In uno studio del 2023 pubblicato su Clinical Neuropharacology «È stato notato che l’87 percento dei pazienti (n = 60) ha mostrato un miglioramento in qualsiasi sintomo del Parkinson dopo l’inizio della terapia». Secondo gli studiosi: «I sintomi con la più alta incidenza di miglioramento includevano crampi/distonia, dolore, spasticità, mancanza di appetito, discinesia e tremore».
PSICOSI
Nel 2012 il dottor Leweke ha dimostrato nell’uomo che il CBD può essere utilizzato con successo come anti-psicotico e le conferme sono arrivate da uno studio pubblicato sulla rivista Neuropsychopharmacology, dove i ricercatori hanno preso in considerazione 66 studi precedenti su CBD e psicosi e hanno concluso che il composto offre una serie di vantaggi rispetto ai farmaci attualmente utilizzati: sembra non avere effetti collaterali evidenti e nessuna dose letale.
Di recente, invece, è stato finanziato un enorme studio internazionale che coinvolgerà più di mille pazienti da 35 centri di ricerca in tutto il mondo, per capire se il CBD possa essere la sostanza del futuro per il trattamento delle psicosi.
In un altro studio del 2018 effettuato dai ricercatori del King’s College London’s Institute of Psychiatry, Psychology & Neuroscience su 88 pazienti affetti da schizofrenia trattati con CBD o placebo, si può leggere che: «Il cannabidiolo (CBD) potrebbe essere efficace nel trattamento delle psicosi: i pazienti trattati con il CBD hanno mostrato una significativa riduzione dei sintomi e gli psichiatri che li seguivano li hanno valutati come migliorati nel complesso»».
ANSIA E STRESS
Secondo un importante studio pubblicato su Nature alla fine del 2022 il CBD ha portato ad un miglioramento significativo della condizione dei pazienti, sia per quanto riguarda lo stato d’ansia, sia per quanto riguarda i disturbi correlati come i cambiamenti di umore, l’equilibrio del ciclo sonno-veglia e la qualità della vita.
Anche le abilità cognitive sarebbero migliorate: i ricercatori hanno infatti registrato un miglioramento della funzione esecutiva e tempi di risposta più rapidi, mentre non hanno riscontrato particolari mutamenti dal punto di vista della memoria visiva e verbale, segno che il CBD non avrebbe effetti collaterali in questo contesto.
CANCRO
L’utilizzo della cannabis e dei suoi derivati nel trattamento dei sintomi del cancro è già oggi una realtà: funziona per alleviare i disturbi del sonno, il dolore, la debolezza, la nausea e la mancanza di appetito, tanto che gli oncologi in diverse parti del mondo cominciano ad affiancare l’utilizzo di cannabis ai trattamenti tradizionali come chemio e radioterapia. Ma ci sono evidenze scientifiche, riportate in studi scientifici effettuati in vitro e su cavie animali, che sostengono che il CBD ed altri cannabinoidi abbiano la capacità di uccidere le cellule tumorali in diversi tipi di cancro, senza nessun effetto collaterale su quelle sane. In uno studio del 2021 su CBD e glioblastoma, forma severa di cancro al cervello, è emerso che l’inalazione del CBD è stata in grado non solo di limitare la crescita del glioblastoma, ma anche di alterare la dinamica del microambiente tumorale reprimendo la P-selectina — proteina coinvolta nel processo di infiammazione —, l’ormone naturale apelina e l’interleuchina 8, una proteina secreta dalle cellule del sistema immunitario. Nel frattempo è iniziato uno studio clinico in Spagna su 30 pazienti affetti da Glioblastoma in cui, grazie ai finanziamenti ottenuti dal Medical Cannabis Bike Tour, si studieranno gli effetti di CBD e THC sul tumore. In uno studio del 2021 pubblicato su Cannabis and Cannabinoid Research i ricercatori evidenziano che: «I nostri risultati suggeriscono che, attraverso la modulazione dell’espressione di geni chiave condivisi e legati allo sviluppo e alla proliferazione del cancro, il CBD potrebbe rappresentare una promettente terapia non tossica per il trattamento di tumori di varia origine».
AUTISMO
Nell’ottobre 2019 un gruppo di ricercatori brasiliani ha pubblicato uno studio scientifico su Frontiers in Neurology, spiegando che «esistono numerose prove che indicano l’efficacia del cannabidiolo puro (CBD) e dell’estratto di cannabis sativa arricchito con CBD per il trattamento dei sintomi autistici nei pazienti con epilessia refrattaria. Vi è anche un crescente supporto di dati per l’ipotesi che l’autismo non epilettico condivida i meccanismi eziologici sottostanti con l’epilessia».
Nel 2022 i risultati positivi sono stati confermati da uno studio pubblicato sul Journal of Cannabis Research ha incluso 33 bambini con diagnosi di disturbo dello spettro autistico. I principali miglioramenti sono stati i seguenti: una diminuzione dei problemi comportamentali, che è stata riportata in 10 pazienti (32,2%), un aumento del linguaggio espressivo, che è stato riportato in 7 pazienti (22,5%), un miglioramento della cognizione, riportato in 4 pazienti (12,9%), un aumento dell’interazione sociale, riportato in 3 pazienti (9,6%), e infine una diminuzione delle stereotipie riportata in 1 paziente (3,2%). Gli autori hanno concluso che «l’uso di dosi più basse di CBD e tracce di THC sembra essere promettente nella gestione dei problemi comportamentali associati all’autismo».
ALTRI BENEFICI
E questa è solo una panoramica non esaustiva delle proprietà del CBD. Il cannabinoide, infatti, è stato identificato da diversi studi come un’arma in più per il trattamento del dolore cronico e neuropatico in diverse patologie, spesso associato al THC. Cannabinoide con il quale viene spesso associato anche per il trattamento della Sclerosi multipla, i cui benefici sono stati riconosciuti anche dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM), dagli effetti analgesici a quelli antinfiammatori, oltre all’azione su spasmi e convulsioni.
Ci sono anche patologie considerate minori, come ad esempio l’insonnia – che spesso per intensità e numero di crisi può essere una patologia invalidante – che possono giovare del trattamento del CBD, spesso utilizzato insieme al THC. In un recente studio pubblicato sul Journal of Sleep Research, un olio con THC e CBD in rapporto 10:15, ha fatto scrivere ai ricercatori che è stato «ben tollerato ed efficace nel migliorare significativamente la qualità e la durata del sonno, i livelli di melatonina, qualità della vita e umore entro 2 settimane negli adulti con insonnia».
Un altro grande campo di indagine è quello dell’utilizzo del CBD come neuroprotettore. Il CBD ha dimostrato di avere proprietà neuroprotettive, che si riferiscono alla sua capacità di preservare la salute neuronale e di prevenire o ritardare la degenerazione dei neuroni. Questi effetti sono particolarmente rilevanti nel contesto delle malattie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson, che sono caratterizzate proprio da una progressiva perdita di neuroni.
Uno dei principali meccanismi attraverso i quali il CBD esercita i suoi effetti neuroprotettivi è la riduzione dell’infiammazione.
Altri benefici del CBD riguardano ad esempio il suo utilizzo in contesti di abuso di sostanze come alcol o droghe pesanti, o l’utilizzo dal punto di vista sportivo, per la gestione del dolore, la riduzione dell’infiammazione e la massimizzazione del recupero.