Vaporizzazione: studi scientifici, vantaggi e temperature
Il vaporizzatore è un dispositivo che ha la capacità di riscaldare il materiale vegetale senza bruciarlo. Fondamentalmente esistono 3 modi per assumere cannabis: l’ingestione, l’inalazione e l’assunzione topica tramite oli o tinture.
Per ciò che riguarda l’inalazione, che è uno dei metodi più antichi conosciuti dall’uomo per assumere i derivati della cannabis e di altre piante, in tempi recenti si è diffusa la pratica della vaporizzazione, tramite la quale il materiale vegetale viene riscaldato ma non bruciato. Le tecniche utilizzate per ottenere questo obiettivo sono o il riscaldamento della camera adibita al contenimento del materiale vegetale, o dell’aria che vi passa attraverso.
In generale la vaporizzazione è comunemente accettata come buona pratica per ridurre i danni derivati dalla combustione, migliore efficienza nell’assunzione dei principi attivi, e per avere dosaggi affidabili.
STUDI SCIENTIFICI
Diversi studi a livello scientifico hanno analizzato le proprietà di questi strumenti, confermando le loro potenzialità.
Uno studio pilota effettuato nel 2007 dalla University of California di San Francisco e pubblicato su Clinical Pharmacology & Therapeutics ha confrontato gli effetti della vaporizzazione rispetto a quelli del fumo di uno spinello e ha scoperto che vaporizzatori potrebbero fornire gli stessi livelli di THC, riducendo la quantità di monossido di carbonio che entra in circolazione nel flusso sanguigno. Lo studio ha coinvolto 18 partecipanti e nella conclusione si può leggere che “un dispositivo per la vaporizzazione di cannabis fornisce lo stesso livello di chimica attiva a livello terapeutico e produce lo stesso effetto biologico del fumo di cannabis, ma senza le tossine nocive”.
Un altro studio pubblicato nel 2007 sull’Harm Reduction Journal dai ricercatori della University of New York di Albany e la University of Southern California ha collegato la vaporizzazione di marijuana a una diminuzione problemi respiratori. Utilizzando i dati raccolti da un sondaggio su Internet, i ricercatori hanno scoperto che coloro che di solito usano il vaporizzatore hanno segnalato meno problemi polmonari come “tosse, catarro, e senso di oppressione al petto” rispetto agli altri.
Nel 2010 i ricercatori dalla University of New York di Albany sono tornati sull’argomento ed hanno pubblicato un nuovo studio sull’International Journal of Drug Policy dopo aver dato vaporizzatori ad un campione di 20 fumatori di cannabis con problemi polmonari e hanno osservato gli effetti nell’utilizzo quotidiano. Dopo un mese i partecipanti hanno mostrato “miglioramenti significativi nella funzione polmonare” che, secondo i ricercatori, erano paragonabili a quelli riscontrabili in un fumatore di tabacco che da un mese ha smesso di fumare.
Nel 2014 per 8 pazienti affetti da dolore neuropatico cronico la vaporizzazione di cannabis ha significato la riduzione dell’intensità del dolore in media del 45%. E’ il risultato di uno studio clinico aperto in fase 1, condotto da un gruppo di ricercatori israeliani con il vaporizzatore Syqe e pubblicato sul Journal of Pain and Palliative Care Pharmacotherapy. “Lo studio – concludono i ricercatori – suggerisce il potenziale utilizzo del vaporizzatore per l’assunzione senza fumo di cannabis medica, con una bassa variazione del picco di concentrazione di THC tra i pazienti e raggiungendo gli standard farmacologici dei medicinali a inalazione”.
Un nuovo studio pubblicato su Plos One nel 2016, conferma come l’uso dei vaporizzatori sia sicuro ed efficace per i pazienti che assumono cannabis.
“Gli acidi cannabinoidici”, scrivono i ricercatori svizzeri nello studio guidato da Christian Lanz, “subiscono decarbossilazione a circa 200° C e rilasciano cannabinoidi volatili neutri, che entrano nella circolazione sistemica attraverso l’assorbimento polmonare dal vapore. La vaporizzazione non pirolitica evita la formazione di prodotti pericolosi derivati dalla combustione come catrame, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), monossido di carbonio e altre sostanze cancerogene (ad esempio benzene) dimostrando che la formazione di prodotti derivati dalla combustione viene soppressa quasi completamente”.
“Pertanto”, proseguono gli autori, “l’obiettivo del presente studio è stato quello di indagare in vitro le prestazioni di 3 vaporizzatori tascabili ed uno portatile reperibili in commercio sul mercato svizzero e paragonarli al Volcano Medic® considerato come il migliore standard”. I vaporizzatori usati nello studio sono Plenty Vaporizer®, Arizer Solo®, DaVinci Vaporizer® e Vape-or-Smoke™, diversa dagli perché non riscaldata elettronicamente ma con una fiamma alimentata da gas butano, mentre sono stati utilizzati ceppi di cannabis ricchi di THC ed altri ricchi di CBD. Nel vapore dei 4 vaporizzatori elettronici sono stati trovati THC e CBD al 58.4 e 51.4%, 66.8 e 56.1%, 82.7 e 70.0% e 54.6 e 56.7% rispettivamente nel Volcano Medic®, Plenty Vaporizer®, Arizer Solo® e DaVinci Vaporizer®.
“I vaporizzatori analizzati nello studio”, si legge nelle conclusioni, “decarbossilano efficientemente i cannabinoidi acidi e rilasciano i cannabinoidi neutri nel vapore. Di conseguenza possono essere considerati come una modalità promettente per la gestione sicura ed efficiente della cannabis terapeutica e dei cannabinoidi più in generale”.
I VANTAGGI DELLA VAPORIZZAZIONE
1. Regolazione della temperatura e meno prodotti tossici
Fumando la cannabis viene bruciata a temperature che possono raggiungere i 900° C. Queste alte temperature generano una grande quantità di sottoprodotti tossici ed irritanti che dovrebbero essere evitati mentre sono proprio le basse temperature e la mancanza di pirolisi a rendere la vaporizzazione un’efficiente e salutare forma di assunzione di cannabis.
I vaporizzatori invece, a seconda del modello, possono avere differenti impostazioni per quello che riguarda la temperatura e quelli con la selezione manuale di solito permettono di scegliere tra una gamma dai 40° C fino ai 230° C, temperatura a cui inizia il processo di combustione. Il THC inizia evapora alla temperatura di 157° C, il CBD ai 180° e il CBN ai 185° C. Il pinene, uno dei principali terpeni, a 155° C, il dircene a 168° C e il limonene a 176° C.
2. Migliore efficienza, dosi minori, maggior risparmio.
La vaporizzazione permette al consumatore di utilizzare gli stessi fiori di cannabis per più di una volta, poiché questi non vengono bruciati e ridotti in cenere dalla combustione. Per questa ragione, al raggiungimento della dose necessaria di assunzione, la stessa cannabis può essere riutilizzata per una sessione successiva.
A parità di effetti, l’utilizzo del vaporizzatore diminuisce il quantitativo necessario di materiale vegetale. Con la vaporizzazione si possono ottenere gli stessi effetti benefici dati dall’atto del fumare, ma con il vantaggio di utilizzare dosi inferiori.
3. Dosaggi affidabili.
Come succede fumando, gli effetti della vaporizzazione sono praticamente istantanei dato che i costituenti della cannabis vengono assorbiti rapidamente. Questo meccanismo è particolarmente vantaggioso per pazienti che cercano un sollievo immediato dai sintomi di una patologia. Se compariamo la vaporizzazione con la somministrazione orale di cannabis (es: estratti o prodotti edibili), la titolazione o dosaggio è più semplice. L’utente può infatti fermarsi non appena nota il raggiungimento della dose cercata.
4. Miglioramento della funzione polmonare.
Come raccontato dallo studio del 2010 pubblicato sull’International Journal of Drug Policy, i vaporizzatori hanno dimostrato come questa via di somministrazione sia efficace nel diminuire la sintomatologia respiratoria. L’uso di vaporizzatori si è dimostrato efficace nel ridurre tosse, catarro e senso di oppressione al petto ed ha dimostrato incidere sui valori di funzionalità respiratoria in senso migliorativo in meno di un mese.
SCEGLIERE UN VAPORIZZATORE
In commercio ci sono varie marche e modelli di vaporizzatori, e scegliere quello giusto può diventare una scelta complicata.
1. Conduzione o convezione?
Nel caso di un vaporizzatore, il termine conduzione sta a significare che il materiale vegetale viene inserito in una camera di riscaldamento e portato ad alte temperature. Nei vaporizzatori a convezione l’elemento riscaldante è posizionato al di fuori e sul mercato di possono trovare anche vaporizzatori ibridi. In generale il metodo a convezione è preferito da molti per i fiori, poiché non brucia il materiale. In un vaporizzatore a conduzione, la fonte di calore è in contatto diretto con la cannabis e ciò significa che si riscalda più velocemente. I vaporizzatori a conduzione sono stati i primi sul mercato. Sono spesso meno costosi e possono essere più facili da usare mentre quelli a convezione sono considerati più efficienti e producono una migliore qualità del vapore.
2. Impostazioni della temperatura.
Sul mercato è possibile reperire modelli con regolazione di temperatura sia fissa che variabile. I secondi solitamente sono i più costosi, ma permettono anche un controllo migliore della temperatura e, quindi, del punto di calore per raggiungere il fitocomposto cercato. Questa opzione è pertanto consigliata quando si acquista un vaporizzatore per scopi terapeutici.
3. Erbe, estratti ed e-liquids.
La maggior parte dei vaporizzatori sono stati sviluppati per l’uso con piante ed erbe aromatiche, ma la recente popolarità di estratti ed e-liquids hanno spinto i produttori di vaporizzatori ad incorporare nuove caratteristiche ai loro prodotti. Nuovi modelli dispongono di contenitori, maglie e tamponi di cotone disegnati per impiegare estratti nei vaporizzatori. Alcuni modelli dispongono inoltre di parti intercambiabili a seconda della tipologia di cannabis (estratto o infiorescenze) che si desidera consumare.