Uzbekistan, non solo Samarcanda
Stato: UZBEKISTAN
Capitale: Taskent
Clima: Continentale secco – Umido temperato
Specialità gastronomiche: Riso Pilaf con carne e verdure (plov), zuppe, samsa, ravioli al vapore e il famigerato Damlyama al grasso di pecora.
La fine dell’Unione Sovietica agli inizi degli anni ‘90 aprì le porte ai viaggiatori per numerosi Paesi difficili da raggiungere in precedenza. Il gruppo delle repubbliche centro asiatiche è un esempio perfetto e oggi possiamo finalmente riscoprire le bellezze di città come Samarcanda, deserti e fortezze abbandonate e andare alla scoperta di un Paese come l’Uzbekistan.
Ufficialmente la Repubblica dell’Uzbekistan nasce dopo la Rivoluzione Russa del 1917, ma è solo nel 1991 che ottiene l’indipendenza mantenendo la struttura attuale. In realtà, sotto diversi nomi e statuti, è stato un regno macedone, poi passato ai persiani, ai mongoli, ai turchi di Tamerlano per finire in mano agli zar russi. Posizionato tra Russia, Cina e con una popolazione per l’ottanta per cento di fede musulmana, l’Uzbekistan è da sempre un melting pot culturale dove moschee si mescolano a monasteri e fortezze, antiche città fanno da baluardo alle steppe desertiche e dove il mercanteggiare è un’arte che si apprende in tenera età. La capitale, nonché l’unico hub per i voli internazionali è Taskent, un misto fra la classica città sovietica di palazzoni e le caotiche città del Medioriente. Qui è possibile trovare tassisti vestiti con tuniche afgane che pregano in arabo, si lanciano insulti in russo e assomigliano a Charles Bronson.
Come tutte le città di passaggio la capitale dell’Uzbekistan non sembra molto affascinante al primo impatto; la crescita del turismo e degli stranieri che vivono qui per affari ha fatto sviluppare un’interessante vita notturna che ruota intorno ai cosiddetti “dance bar”, locali in cui, terminata la cena, si resta a ballare. Oppure, se volete qualcosa di più autentico, si può gironzolare per la città vecchia dove ristoranti a gestione familiare preparano il plov e lo servono su lunghe tavolate gremite di lavoratori del mercato che cenano prima di rientrare a casa.
Per visitare il resto del Paese il suggerimento è quello di un volo interno fino all’estremo ovest per poi tornare lentamente verso la capitale. La destinazione è quindi la regione del Karakalpakstan a sud del lago Aral. Questo territorio è abitato da una popolazione principalmente nomade dedita alla pesca e alla pastorizia ma la distruzione del lago d’Aral a fini agricoli (per l’industria del cotone) sta trasformando quest’area in una delle più povere del Paese. Grandi strutture del socialismo reale costruite su ampi viali sono quasi costantemente immerse nella polvere. Ma c’è una ragione per essere arrivati sino a qui ed è l’incredibile Museo Savitsky, fondato nel 1966 dell’etnografo e collezionista Igor Savitsky, ospita più di 9mila opere d’arte russe, in gran parte appartenenti all’avanguardia russa, vietate o proibite nei musei di Mosca.

Dirigendosi verso sud si incontra la città-museo di Khiva. Se oggi è un luogo che richiama migliaia di turisti, fino ad un secolo e mezzo fa la città era famosa per i suoi mercanti di schiavi, l’oppio, le steppe deserte e le tribù di selvaggi razziatori che le abitavano. In effetti, camminando per i vicoli della città vecchia, non è difficile immaginarsi tutto quel mondo raccontato magistralmente ne “L’uomo che volle farsi Re” di Kipling. Importante snodo della via della seta divenne sede del Khanato di Khiva alla fine del 1500, periodo in cui fu anche ultimato l’Itchan Kala, la sede del governo. Ad oggi questa porzione di città ancora perfettamente conservata ha al suo interno più di 50 monumenti e oltre 250 abitazioni perfettamente conservate, tra cui moschee, madrasse, palazzi e caravanserragli.
Da qui la strada prosegue verso est in direzione dell’altopiano dell’Elliq Qala, le cinquanta fortezze. Predoni, razziatori, tribù di selvaggi del Kafiristan infestavano la via della seta e taglieggiavano le carovane dei mercanti. Queste fortezze erano un ottimo sistema di controllo del territorio per garantire la sicurezza ai traffici del Khanato.

Lasciati gli altipiani dell’Elliq Qala è la volta di dirigersi verso Bukhara la città santa dell’Asia Centrale. Con le sue madrasse, le moschee e il centro storico, vanta una storia millenaria. Capitale del regno persiano poi conquistato dai mongoli, fu sede di alcuni dei più crudeli regni dell’Asia centrale. Principalmente si distribuisce intorno all’Ark, una cittadella fortificata dove gli emiri di Bukhara governavano i loro territori.
Costruita a partire dal 400 d.C. e terminata solo nel 1820, questo maestoso complesso architettonico impressiona per le massicce mura e la pianta esagonale. Intorno si snodano i bazar del mercato coperto che più o meno sono gli stessi da circa 400 anni. Da non farsi mancare è il minareto di Kalon con la sua moschea, architettura minimalista ante litteram con mosaici in lapislazzuli a decorare gli archi principali: difficili non rimanere incantati.

Bukhara è sicuramente una città maestosa, i suoi fasti e la sua ricchezza erano strettamente collegati al commercio della seta eppure la sua magnificenza scompare se paragonata alla città che davvero incarna il mito della via della seta: Samarcanda. La città ha origine antiche: fondata nel 700 a.C, fu conquistata da Alessandro Magno per poi tornare in mano alle dinastie persiane; nel frattempo venne invasa dai mongoli, dai turchi di Tamerlano (che erano comunque in parte mongoli) e dall’impero russo. Divenne città dell’Unione Sovietica e dopo la sua dissoluzione diventò la terza città per popolazione dell’Uzbeikstan.
A Samarcanda sono presenti alcune delle più importanti strutture architettoniche del mondo islamico. Fra tutte spicca la Gur-e Amir, ovvero il mausoleo di Tamerlano, che possiamo considerare il primo esempio delle cosiddette “tombe maestose” che poi caratterizzarono la dinastia dei Moghul in India. Non mancano ovviamente le moschee come quella imponente (ma restaurata) di Bibi Khanum – una delle più grandi dell’Asia – o e le madrasse come il Registan, l’antica piazza della città dove ora sorgono tre maestose porte che portano a tre differenti madrasse. Impreziosito da raffinati mosaici di maiolica, colonne e archi in stile mongolo è forse uno dei luoghi più belli dell’Asia centrale. La città offre ancora altri luoghi interessanti da vedere come la Shah-I-Zinda che si può tradurre con “la tomba del Re vivente”. Questo mausoleo dovrebbe appartenere a Qusam ibn-Abbas, cugino del profeta Maometto che si dice arrivò qui a predicare l’Islam.

Lungo la strada per il mausoleo si trovano altre tombe di saggi e profeti dell’Islam redendo tutta la zona un luogo davvero incredibile. Infine non bisogna farsi mancare la visita all’Afrosiab, l’antica Samarcanda, o per lo meno quel che ne resta. Qui è possibile trovare tracce di undici livelli corrispondenti a undici fasi di sviluppo della città, se non vi procurate una guida che vi spieghi lo sviluppo vi sembreranno solo dei ruderi. Qui però si trova anche la tomba del profeta Daniele ed il suo sarcofago, molto più grosso rispetto a quelli di altri saggi disposti nella tomba, perché pare che continuasse a crescere anche da morto.
Da Samarcanda è facile prendere un qualunque mezzo per tornare nella capitale, lasciandosi così alle spalle le magie dell’Uzbekistan.

a cura di Mattia Coletto
Viaggiatore appassionato nasce nel secolo sbagliato.
Avrebbe voluto fare l’esploratore.