Potenziali utilizzi della canapa nella fitorimediazione di metalli pesanti
Questo articolo vuole contribuire a trovare una soluzione al problema ambientale che caratterizza le zone di Taranto e confinanti che a causa della presenza dello stabilimento metallurgico ILVA hanno subito nel corso del tempo un inquinamento e un degrado sanitario devastante.
Perciò, negli ultimi anni sono stati creati diversi progetti come il neo nascente “Adotta un ettaro” di Canapa Info Point di Taranto e il progetto “C.A.N.A.P.A” promosso da Canapuglia nel 2014, accomunati dall’obbiettivo di creare una green belt (lett. cintura verde) attorno all’Ilva per contenerne l’inquinamento e bonificare i terreni circostanti. Un altro riferimento è dato da ECOFITOMED, una società pugliese impegnata da diversi anni nella pianificazione di interventi di bonifica attraverso la fitorimediazione.
CANAPA E FITORIMEDIAZIONE
La canapa (Cannabis sativa L.) è una pianta dalla rapida crescita e dall’alta produzione di biomassa che è stata coltivata tradizionalmente per i suoi molteplici usi. Recentemente hanno attirato molte attenzioni le sue proprietà fito-rimedianti, rendendola oggetto di studi e progetti legati alla bonifica di territori inquinati ed in particolare da metalli pesanti.
La fitorimediazione è considerata un metodo a basso costo ed ecologicamente sostenibile per rimediare i danni dovuti all’inquinamento industriale e urbano. Questa tecnica consiste nel crescere specifiche piante sui terreni da bonificare con lo scopo di rimuovere o trasformare gli inquinanti. Il metodo, al contrario dei trattamenti chimico-fisici molto invasivi per i territori, riporta con il tempo fertilità e biodiversità senza stravolgere il terreno.
Le ragioni che hanno spinto ad approfondire l’impiego della canapa come pianta rimediatrice sono molteplici: essa è un organismo metallo-tollerante capace di crescere in terreni contaminati dove la coltivazione di altre piante non è sostenibile per motivi di adattamento o di sicurezza (colture alimentari). La pianta presenta un profondo apparato radicale che le consente di entrare in contatto anche con gli inquinanti che hanno penetrato più in profondità nei terreni. Infine, l’alta produttività di biomassa, la rapida crescita e la possibilità di coltivarla in maniera molto densa sono fattori rilevanti per ottimizzare i tempi di bonifica. Ciò che limita l’utilizzo di questa pianta per la fitorimediazione è, oltre al fardello culturale della cannabis, il successivo impiego della biomassa inquinata, motivo per cui le ricerche scientifiche si sono intensificate nel trovare una soluzione.
LIMITAZIONI E POSSIBILI IMPIEGHI
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha fissato un limite di 0,1 grammi di metallo pesante per kg di prodotto alimentare che squalificano i semi e le foglie di canapa per essere usati nella produzione alimentare. L’uso delle fibre di canapa per la produzione di vestiti non è altrettanto possibile in quanto le concentrazioni di metalli pesanti superano i valori limite di 0.1 ppm per Cd, 0.2-1.0 ppm per il Pb e 1.0-4.0 ppm per il Ni.
Nel tempo sono stati ipotizzati e sperimentati diversi approcci per risolvere il problema: una soluzione è stata trovata nell’uso dei semi come materia prima per la produzione di biodiesel, la canapa è infatti una coltura energetica i cui semi contengono circa il 36% d’olio impiegabile per la produzione di biodiesel o di oli industriali. Le fibre e il canapulo contaminati potrebbero essere impiegate per ottenere materiali compositi, le particelle contaminanti verrebbero imprigionate in matrici polimeriche non biodegradabili. Infine, un altro possibile utilizzo della biomassa è la produzione di energia nelle centrali termoelettriche dove, attraverso un processo chiamato phytomining, si potrebbero recuperare e poi riciclare i metalli dalle ceneri.
CAPACITÀ ESTRATTIVE DELLA CANAPA
I metalli pesanti sono sostanze altamente tossiche con effetti devastanti per la salute degli organismi, ciononostante la canapa è in grado di accumularne determinate quantità nelle radici e nella parte superiore della pianta.
Attraverso un meccanismo di autodifesa la pianta tende a limitare l’assorbimento dei metalli all’apparato radicale, impedendo che questi abbondino nella parte superiore. Le radici più giovani della cannabis raccolgono i metalli e li rendono innocui grazie alle fitochelatine, delle proteine citoplasmatiche prodotte in risposta a un eccessivo assorbimento di metalli pesanti che hanno un effetto detossificante su questi.
In ogni caso vengono rilevati metalli pesanti in tutte le parti della pianta: le concentrazioni riscontrate nelle fibre e nel canapulo sono relativamente basse rispetto quelle nei semi e specialmente nelle foglie, ciononostante va considerato che la massa dello stelo è di gran lunga superiore e quindi la concentrazione totale di metalli estratti nelle diverse parti della pianta presenta il seguente ordine: Radici > Steli > Foglie > Semi.
Secondo lo studio del Dr. Jacek Antonkiewicz dell’Università di Agricoltura di Cracovia la canapa può sequestrare i seguenti quantitativi di metalli pesanti (mg/kg massa secca) a seconda delle diverse parti della pianta: 19-267.33 Zinco; 1.99-76.52 Nichel; 4.90-38.09 Rame; 2.69-32.13 Piombo; 0.32-31.48 Cadmio.
È stato evidenziato da altri studi il potere fitorimediatore della canapa, che è in grado di crescere e con il tempo rimediare terreni inquinati da Cadmio, Cromo, Nichel, Piombo, Rame e Zinco.
CONCLUSIONI
La canapa ha una predisposizione naturale a crescere su terreni inquinati e la tendenza ad accumulare metalli pesanti soprattutto nelle radici. Per quest’ultimo motivo, per ottenere una rimediazione efficace dei terreni è necessario sradicare interamente la pianta, per poi sottoporla a successive trasformazioni secondo determinati standard di sicurezza.
Va sottolineato che per poter rimediare definitivamente i territori limitrofi all’Ilva è necessario che essa cessi di emettere sostanze inquinanti, rendendo altrimenti vano il lavoro di fitorimediazione.
Infine, per ridurre i tempi di rimediazione andrebbero potenziate le capacità della canapa di estrarre ed accumulare i metalli pesanti selezionando in partenza le genetiche maggiormente predisposte alla fitorimediazione, per poi selezionare e riprodurre i ceppi di piante meglio adattate all’inquinamento.
BIBLIOGRAFIA
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