Uso di funghi psicoattivi nella preistoria italiana
I funghi psicoattivi sono diffusi in tutto il mondo e sono conosciuti da millenni da molte civiltà extraeuropee. In quanto induttori di stati mentali estatici, sono stati storicamente utilizzati per scopi religiosi, magici e curativi. Finora sono state identificate oltre 150 specie di funghi psicoattivi, ma non è indispensabile andare in luoghi lontani per trovare i funghi magici delle antiche culture sciamaniche. Anche in Italia si trovano oltre una trentina di specie, che comprendono diversi funghi psilocibinici e psilocibinico-latenti, e alcune specie del genere Amanita. E’ possibile che anche in Italia sia esistito, in tempi preistorici, un uso ritualizzato di funghi psicoattivi? Alcune evidenze archeologiche sembrano rispondere a questa domanda.
Un po’ su tutto l’arco alpino sono presenti degli incavi emisferici del diametro di pochi centimetri, ricavati in modo artificiale dall’uomo preistorico su basi rocciose, detti “coppelle”. Risultano particolarmente diffuse in Piemonte, Val Camonica e nel comasco. Secondo gli studiosi di questo fenomeno, le coppelle potrebbero essere altari sui quali si celebravano riti magico-cultuali legati alla fecondità. La cavità coppelliforme può essere però facilmente considerata anche come l’impronta in “negativo” a stampo, per dimensioni e caratteristiche, del cappello di un fungo, forse Amanita Muscaria, la quale cresce tutt’oggi in abbondanza nelle immediate vicinanze di quasi tutti i siti coppelliformi conosciuti. Da qui l’ipotesi di una funzione materiale delle coppelle, quali superfici di essiccazione per grandi quantità di Amanite, considerato anche che queste cavità non si trovano mai incise su versanti prevalentemente in ombra. E’ noto infatti che l’acido ibotenico si trasforma mediante essiccazione in muscimolo, farmacologicamente almeno cinque volte più attivo, e principale responsabile degli effetti psicoattivi dell’Amanita muscaria.
In graffiti camuni della Val Camonica risalenti al 7.000-3.000 a.C. si nota la frequente raffigurazione di animali dotati di corna, in particolare l’alce. Esiste un fungo, il Panaeolus alcidis, che vive in un microhabitat del tutto particolare: gli escrementi di alce e di capriolo; poiché la maggior parte dei Panaeolus sono psilocibinico-latenti, non è improbabile che anche il Panaeolus alcidis possa produrre psilocibina a seconda dell’area geografica in cui si sviluppa. Ecco quindi che le ripetute raffigurazioni dell’alce impresse sulle rocce camune potrebbero assumere un significato legato alle proprietà allucinogene del fungo che cresce sugli escrementi di questo animale. Infatti il culto dell’animale dotato di corna non si presenta come un fattore nuovo nell’ambito etnologico; il culto mesoamericano del sacro cervo, di antichissima origine, molto probabilmente legato al fatto che sui suoi escrementi cresceva la Psilocybe cubensis, può essere riportato come principale esempio. In Valcamonica si trovano anche incisioni rupestri che raffigurano uomini con un cerchio raggiato intorno alla testa. Queste figure vengono chiamate gli “spaziali” per via dello strano “casco” che ricorda quello degli astronauti, o un fungo. E in particolare una di queste rappresentazioni (vedi foto in alto) mostra due esseri con la testa a forma di fungo in atteggiamento danzante, con una sorta di borsa al loro fianco, che è stata interpretata come una ‘borsa della medicina’ dove conservare infusi inebrianti, e forse Amanita Muscaria.
Nel lago di Bracciano, in località “La Marmotta”, è stato scoperto uno tra i più antichi villaggi neolitici dell’Europa Occidentale. Fra i reperti, risalenti ad oltre 7000 anni fa, figurano numerosi esemplari del fungo Daedaleopsis tricolor; la sua presenza, abbondante in alcuni luoghi sacri e nella casa dello sciamano del villaggio, hanno fatto pensare ad un uso religioso della specie fungina. L’estratto acquoso di questo fungo contiene infatti composti in grado di produrre delle modificazioni significative di parametri fisiologici e comportamentali. Altro reperto risalente al Neolitico è la mummia del Similaun, rinvenuta sulle alpi Venoste. Fra l’equipaggiamento della mummia figurano alcuni esemplari di Fomes fomentarius, un fungo utilizzato sin dai tempi antichi per alimentare il fuoco, ma che in Alaska è noto anche per le sue proprietà narcotiche, se fumato o inalato in combinazione col tabacco. Il medesimo fungo era inoltre utilizzato come polvere da fiuto presso gli Ostiachi della Siberia, una popolazione già nota dai resoconti etnografici dei secoli scorsi per l’impiego dell’Amanita Muscaria come inebriante. Tale elemento, unitamente al ritrovamento sul corpo della mummia di certi tatuaggi di simbologia magica, ha dato il via all’idea che questo nostro antico progenitore fosse uno sciamano.
fonti: Effetti psicotropi di Deadeleopsis tricolor – E. Speroni, A. Bernicchia, V. Gemelli; Lo Sciamanesimo nell’Arte Rupestre della Valcamonica – M. Uberti; Sulla presenza di funghi e piante allucinogene in Valcamonica – G. Samorini; L’utilizzo degli allucinogeni per scopi religiosi – G. Samorini; Funghi allucinogeni italiani – G. Samorini; Sull’uso potenziale delle coppelle – F. Grosso; Psicofunghi italiani – G. Camilla
a cura di SD&M www.psiconautica.tk