Usa: anche i repubblicani salgono sul treno della cannabis legale
Il senatore repubblicano dell’Arizona John McCain lo disse in parole povere nel settembre 2013: “Io rispetto la volontà delle persone. Forse dovremmo legalizzare”. Sei mesi dopo, la decisione della Camera che vieta alla DEA di ostacolare le aziende con regolare autorizzazione locale dimostra che fra i repubblicani in maggioranza alla Camera c’è qualcuno che vota a favore della cannabis legale. Sono 49 deputati con in testa il deputato californiano Dana Rohrabacher, primo firmatario della nuova legge, che ha dichiarato: “Molte persone stanno soffrendo. Se un medico ritiene necessario prescrivere qualcosa per alleviare la sofferenza, questo governo ha il dovere morale di non interferire”. Venti democratici hanno votato contro.
La cannabis è sempre stata un problema irrisolto dei repubblicani statunitensi, tradizionalmente legati a ben altre industrie. Ma oggi che la maggioranza degli americani, in continuo aumento negli ultimi anni, si dichiara a favore della legalizzazione in tutte le sue forme, il partito deve fare i conti con la storia. E con la cronaca, visto che attraverso lo strumento del referendum tutti gli Stati dell’Unione stanno superando le inerzie del governo federale con rapide e precise legislazioni locali sulla cannabis terapeutica, industriale e ricreativa.
E se un medico, il deputato repubblicano Andy Harris dichiara nella discussione alla Camera che la medicina moderna non può basarsi sulle esperienze empiriche di pazienti e medici, gli risponde il suo collega, di professione e di partito, Paul Broun: “La cannabis è efficace sotto controllo medico ed è meno pericolosa di molti narcotici prescritti dai medici in tutta la nazione”. Broun è un deputato della Georgia, dove l’utilizzo dei cannabinoidi è ammesso anche per la cura di bambini con gravi forme di epilessia.
I repubblicani ancora contrari alla legalizzazione si trovano oggi accerchiati. Democratici, fronda interna e, come se non bastasse, il Tea Party. L’ascesa del partito ultra liberista spina nel fianco della destra moderata è merito delle sue posizioni contrarie a qualsiasi ingerenza centrale. Molti rappresentati del Tea Party vedono quindi l’eventuale contrasto federale alle leggi dei singoli stati sulla cannabis come un’intollerabile prevaricazione.
I nostri occhi europei forse si stupiscono nel vedere in California l’appoggio del Marijuana Policy Project a Igor Birman, uomo del Tea Party in competizione elettorale col democratico Ami Berra. Negli Stati Uniti che sembrano oggi aver ripreso, almeno su questo fronte, un ruolo guida culturale e legislativo non si votano i simboli dei partiti ma gli impegni delle persone nelle comunità e nelle sedi rappresentative. Gli stessi nostri occhi sospettosi potrebbero però anche pensare che qualcuno in casa repubblicana abbia smesso di sentire odore di cannabis e cominciato a percepire il profumo dei dollari.
Nei prossimi mesi speriamo di capire meglio la posizione etica del partito repubblicano, ma anche di molti democratici. Il progresso legislativo cominciato con successo negli Stati Uniti vede la cannabis terapeutica come privilegio concesso ad alcuni pazienti certificati o come un diritto costituzionale di libertà nella cura?