Unghie lunghe e bombolette: l’affermazione della street art al femminile
Forse per il luogo comune che vede i writer esclusivamente come semi delinquenti col passamontagna intenti a vandalizzare le città, è nato un altro luogo comune che vuole che a dipingere i muri delle nostre città siano solo artisti maschi. Probabilmente più agili nell’eventualità di dover scappare da una volante, ma non per forza più bravi o talentuosi delle colleghe, visto che la creatività, almeno quella, non ha sesso. Negli ultimi anni, sia a livello internazionale, sia in Italia, il mondo della street art si è aperto alle donne, riconoscendone i meriti mettendoli letteralmente in mostra.
E’ successo prima a Londra, nel 2004, con la mostra “Something Else”, che vantava installazioni di grandi dimensioni create da artiste di caratura internazionale come Che Jen, Nuria, Sasu e Swoon, ed è stata una sorta di tributo all’arte di strada al femminile. Sempre nel 2004 il festival di graffiti francese Kosmopolite è stato dedicato alle writer al femminile con ospiti come Klor, Fafi, ACB e Zori4.
Oggi dalla nota eroina francese Miss Van, passando dalla brasiliana Nina, fino alla giapponese Sasu, la messicana Peste e le americane Lady Pink e Swoon, la street art al femminile sta urlando a gran voce la sua presenza.
(Che Jen)
In Egitto, forse anche per risposta alle azioni del nuovo governo conservatore egiziano, sono nati alcuni collettivi di street art al femminile. I due gruppi più famosi sono Noon El Neswa e le Mona Lisa Brigades. Di recente si sta facendo strada anche il gruppo Women on Walls, nato lo scorso dicembre da Angie Balata e dalla giornalista svedese Mia Grondahl, che oggi conta sessanta artisti, tra cui una decina di donne. L’idea che ha portato alla formazione di WOW è l’esigenza di utilizzare lo spazio pubblico, di lasciarvi un segno per denunciare la violenza contro le donne (più dell’80% delle donne egiziane è stata molestata sessualmente in strada, secondo il Centro egiziano per i Diritti della Donna) e rivendicare il processo di emancipazione femminile in corso.
Per quello che riguarda l’Italia uno dei primi segnali è stata la mostra promossa da Urban painting negli spazi di via forcella a Milano, che ha dato la possibilità di veder riunite più di 15 artiste, nazionali ed internazionali, che parlano il linguaggio dell’arte di strada. «La strada l’unico luogo in cui tutti sono uguali», ha sottolineato Lydia Emily (una delle ladies in mostra), dove non importa se sei quotato o amato dai galleristi, dove dovresti emergere se hai talento, dove è la collettività, e quindi il senso comune, a decidere se vali davvero.
Durante il mese di marzo di quest’anno le opere di Alice Pasquini sono state esposte in un luogo inconsueto per l’artista che solitamente realizza i suoi lavori sulla strada, a beneficio di chiunque passi: la mostra “Into the Great Wild Open” è stata allestita alla Tri-Mission Art Gallery presso l’ambasciata degli Stati Uniti d’America di Roma, mentre nello stesso periodo la galleria di Roma Wunderkammer ha esposto le opere di una delle “signore” della street art, la francese Miss.Tic, che dal 1985 “contamina” Parigi con le sue provocanti pinup e le sue frasi pungenti e ironiche. A maggio invece nell’ambito della terza edizione del Festival dell’innovazione il collettivo “Femminile plurale” ha dato il via al progetto “TocCare” (la parola gioca con il verbo inglese to care, prendersi cura) con un’iniziativa che ha coinvolto alcuni luoghi caratteristici della città come il murattiano o il borgo antico.
_____________________________________________________________