Un capolavoro di mistificazione: Cannabis e uso terapeutico
L’articolo che è stato rilanciato recentemente dal sito LoSai? spiega molto sul loro modo di fare contro-informazione: “A proposito di: le canne non fanno male e uso terapeutico”. La penna originale è di Lorenza Perfori, autrice di pubblicazioni come “Scegliere la vita” (edito da “Fede e cultura”) e collaboratrice del mensile “Notizie provita”. Qual è la missione di questa pubblicazione? L’iniziativa Prolife News vuole coinvolgere tutti coloro che concordano sul fatto che l’aborto è il più ignobile degli omicidi, perché perpetrato contro una persona inerme, incapace di difendersi. Bene. Gente sobria quindi, aperta mentalmente e senza pregiudizi (si fa per dire). Ma voi penserete: “Cosa c’entra l’autrice dell’articolo se il contenuto è veritiero e coerente?” Giusto: è proprio per questo e per il fatto che sia stato condiviso, suscitando scalpore, da un sito che si propone di fare contro-informazione e che ha un discreto seguito, che ci siamo presi la briga di controbattere punto per punto, usando dati e studi scientifici dei quali mettiamo i link affinché possano essere verificati e consultati.
Il nostro appello è di leggerlo con attenzione e soprattutto condividerlo per arginare la sempre diffusa disinformazione sul tema.
CANNABIS COME DROGA D’INIZIO
L’attacco, si sa, è il pezzo forte di ogni articolo giornalistico. E qual è l’inizio folgorante di questo testo colmo di verità scientifiche imprescindibili? La citazione di un altro articolo giornalistico dal titolo “Cannabis, c’è poco di leggero”, del quale riprende anche la forma e la maggior parte dei titoletti usati per separare una mistificazione dall’altra, scritto da un prete e pubblicato sul sito Labussolaquotidiana.it, e cioè: un gruppo di giornalisti cattolici, accomunati dalla passione per la fede, che vogliono offrire una Bussola per orientarsi tra le notizie del giorno, tentando di offrire una prospettiva cattolica nel giudicare i fatti: certi che l’esperienza cristiana è in grado di abbracciare e rispettare pienamente la dignità dell’uomo. Ora, niente in contrario con l’encomiabile attività del don, che da anni guida una comunità di recupero di tossicodipendenti, ma credo non bastino le sue parole per dirimere la questione che imputa agli spinelli di essere droga di passaggio o ponte per quelle più pesanti. Né credo si possa dare un valore assoluto al sondaggio citato nell’articolo, secondo il quale il 95% delle persone tossicodipendenti da eroina in trattamento in Italia ha iniziato con la Cannabis, eseguito dal Dipartimento delle politiche antidroga che non può certo dare un giudizio sereno e imparziale. A questo proposito cito Giorgio Gatti, consulente in sviluppo economico ed economia della sicurezza pubblica che ha di recente scritto una lettera aperta al Ministro della Giustizia Cancellieri: “Secondo l’ultimo rapporto dell’Europol La cannabis resta lo stupefacente preferito, con 23 milioni di consumatori in tutto il Continente per un mercato che vale 1.300 tonnellate di hashish e 1.200 tonnellate di erba ogni anno. La cocaina resta al secondo posto con 4 milioni di consumatori che consumano 124 tonnellate annualmente. Questi numeri sottolineano il totale fallimento della cosiddetta “War on Drugs” (guerra alla droga) e l’ approccio che negli ultimi dieci anni è stato portato avanti dal Dipartimento per le politiche antidroga. I vari documenti redatti da questo dipartimento sono nulla più che fogli di propaganda, privi di evidenze scientifiche, una accozzaglia di estratti scritti sotto una prospettiva ideologica, che non considera il fallimento su scala planetaria della strategia studiata nel 1998 nella sessione speciale dell’assemblea generale delle Nazioni Unite di New York. Allora dichiararono la guerra mondiale contro le droghe. Sono passati 15 anni e il risultato è che, nel mondo, non solo in Europa, il traffico di droga è la prima fonte di finanziamento del crimine organizzato, la prima causa di destabilizzazione politica in centro e sud America, la prima causa di conflitto in Afghanistan e causa di numerosi problemi in Africa, nuova via commerciale del traffico di stupefacenti dal sud America all’Europa”. E’ importante sottolinearlo, visto che la maggior parte delle citazioni vengono o dall’articolo del Don, ripreso chiaramente per temi e struttura nello scritto della Perfori, o dalla già citata relazione del Dipartimento delle politiche antidroga. Tutte le citazioni di studi con nomi altisonanti che terminano con la dicitura PCM – DPA, sono infatti prese da lì.
Sulla questione “Spinello uguale droga di passaggio” vi rimando ad uno studio scientifico ripreso dal Sunday Times nel 2011 ed eseguito da Centre for Economic Policy Research di Londra: “Quattro rilevazioni, condotte su quasi 17.000 persone, sono state effettuate ad Amsterdam nel 1987, 1990, 1994 e 1997. Lo studio ha trovato che c’era poca differenza nella probabilità che un individuo iniziasse a usare cocaina a seconda che in precedenza avesse o meno usato Cannabis. Benché un numero significativo di persone avessero usato droghe leggere e pesanti, questo era legato alle caratteristiche personali e alla predisposizione alla sperimentazione”. Lo spiega meglio il dottor Mattia Pacini, psicoterapeuta specialista in Psichiatria: “Non basta dire che ad esempio quasi tutti gli eroinomani in passato hanno iniziato con droghe più leggere, varrebbe per la Cannabis come il tabacco. Di tutti quelli che provano la Cannabis una minoranza passa poi alle droghe pesanti, in particolare all’eroina. E’ vero che chi usa Cannabis di solito prova le altre droghe di più, e prima (ad una età minore). E’ anche vero che chi prova la Cannabis sotto i vent’anni tende a passare alle altre droghe molto più spesso che non chi la prova in età meno giovane. Anche questo tipo di dati non significa però niente, perché in realtà le cose potrebbero semplicemente stare in questo modo: chi usa sostanze, a partire ovviamente da quelle legali e più reperibili, in età precoce, ha una tendenza indiscriminata a provare tutte le droghe, e quindi proverà più probabilmente e prima anche quelle illegali e pesanti. Quindi il “ponte” non lo farebbe la sostanza, Cannabis o altro, ma il temperamento della persona che prova e rischia, e che è attratta da tutto ciò con cui si può stimolare o alterare (la cosiddetta personalità “tossicofilica”).
Non solo, ma studi recenti, indicano addirittura la Cannabis come “sostanza di uscita”, altro che di inizio!
ALTERAZIONI, DANNI CEREBRALI E INVECCHIAMENTO PRECOCE
Il capitolo “Alterazioni, danni cerebrali e invecchiamento precoce” si apre sempre con una lunga citazione del caro don, che si dilunga sui danni dell’uso della Cannabis in età precoce. Per età precoce, credo si intendano i bambini, e credo che l’argomento andrebbe affrontato meglio, magari con discussioni pubbliche come sta avvenendo negli Stati Uniti. La prima cosa da dire è che non ci sono bambini che fumano Cannabis per diletto. I bambini che nel mondo assumono Cannabis, lo fanno nei paesi civili dove questa pianta è stata riconosciuta come una medicina e legalizzata per l’uso terapeutico, e lo fanno per ridurre gli spasmi muscolari o per alleviare i dolori, ad esempio nel caso di chemioterapie. Vi riporto qui e qui due storie di famiglie con bambini malati che si curano con l’utilizzo della Cannabis. Ecco le parole di una madre: “In stati come il Colorado e la California, dove le leggi sono compassionevoli e complete, centinaia di bambini stanno beneficiando di un tipo di marijuana che non altera la loro mente. Questi ceppi di marijuana hanno livelli elevati di un cannabinoide , non psicoattivo, chiamato cannabidiolo (CBD) e livelli molto bassi di THC, la componente psicoattiva. Purtroppo, la legge che è stata approvata nel New Jersey oltre 2 anni fa non viene applicata. Vivian, come centinaia di altri pazienti di marijuana medica nel New Jersey, non può ottenere il trattamento di cui ha bisogno per controllare le crisi epilettiche e proteggere la sua vita”.
Il paragrafo prosegue prendendo in esame solo studi eseguiti sull’abuso di marijuana e di Thc. L’abuso, come in ogni cosa, potrà anche fare male, a maggior ragione negli adolescenti. Ma non si può tacere su come l’USO responsabile e autorizzato, abbia portato alla scoperta di centinaia di applicazioni mediche che alleviano i dolori di migliaia di persone sostituendo farmaci, come quelli derivati dall’oppio. E un recentissimo studio smentisce tutte le teorie riportate dalla solerte giornalista con un veloce copia e incolla dalla relazione del Dipartimento antidroga: ricercatori israeliani dell’Università di Tel Aviv hanno scoperto che basse dosi di THC – il componente psicoattivo della marijuana – possono proteggere il cervello dai danni causati da lesioni, mancanza di ossigenazione (ipossia), convulsioni, tossicità da farmaci eccetera, che possono avere serie conseguenze sia come deficit cognitivi che gravi danni neurologici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Behavioural Brain Research and Experimental Brain Research. Mentre alla fantomatica relazione citata che spiega come “l’effetto del consumo medio di Cannabis sulla salute mentale è stimato, nell’uomo, ad un invecchiamento di undici anni e, nella donna, ad un invecchiamento di vent’anni”, mentre “il consumo medio di cannabis comporta, sulla salute di un uomo, un invecchiamento di otto anni”, rispondiamo con un articolo del settimanale londinese Time che cita Andras Bilkei-Gorzo dell’Istituto di Psichiatria dell’Università di Bonn in Germania, per spiegare che l’attività dei cannabinoidi fa come da cuscinetto per i neuroni, proteggendoli dall’invecchiamento e alleviando i sintomi delle malattie neurodegenerative. Bisogna molto spesso fare attenzione anche su chi commissiona gli studi scientifici e su chi li pubblica, perché non tutti sono disinteressati. Ad esempio uno tra i più recenti studi sull’argomento sembrava portare ad una svolta: frutto delle analisi condotte sui dati riguardanti oltre un migliaio di cittadini neozelandesi, il lavoro sembrava aver dimostrato come un abituale consumo di Cannabis, in particolar modo a partire dall’adolescenza, poteva portare ad un notevole calo nelle prestazioni intellettive, quantificato in otto punti di Q.I. in meno come media a partire dal trentottesimo anno d’età. Ma tali risultati, pubblicati diversi mesi fa da PNAS, sono attualmente oggetto di critica da parte di Ole Rogeberg, economista del Ragnar Frisch Centre for Economic Research di Oslo, che, in un articolo edito dalla medesima rivista dell’accademia delle scienze americane, spiega che l’approccio metodologico utilizzato sui cittadini neozelandesi non può essere considerato corretto.
DISTURBI PSICOTICI
Alcuni anni fa, uno studio fatto in Norvegia su “uso di Cannabis e tendenza a comportamenti criminali” ha messo in evidenza di come l’uso di cannabis portasse ad assumere atteggiamenti criminali, omettendo però che, essendo il consumo di Cannabis perseguito penalmente in Norvegia, di fatto l’assuntore di Cannabis e l’atteggiamento criminale erano correlati dal fatto specifico della non liceità del gesto e non da azioni pericolose per la collettività.
Lo stesso discorso potrebbe essere fatto a riguardo di quanto dichiarato sui disturbi psicotici nell’articolo diffuso dal sito Lo Sai?, in quanto per psicosi convenzionalmente si intende una patologia caratterizzata da: delirio, allucinazioni, sintomi autistici, catatonia e isolamento. Ma considerata la bassa percentuale di persone che accusano questi disturbi in relazione all’assunzione di Cannabis sarebbe più giusto ed onesto affermare che è una predisposizione ai disturbi che poi viene in qualche modo accentuata dall’assunzione di THC. Sono comunque affermazioni derivate da un pregiudizio ideologico, piuttosto che un reale risultato di una vasta ed obiettiva ricerca scientifica.
Qui, qui, qui e qui una serie di studi ed articoli che spiegano come non ci sia nessun dato convincente che lega la Cannabis a schizofrenie o psicosi.
DIPENDENZA E ASTINENZA
Una delle frasi che più sentiamo quando iniziamo i nostri rapporti sociali della giornata è: “se non prendo un caffè la mattina non riesco a partire” e penso che questa dipendenza psichica (che poi inevitabilmente va a ripercuotersi anche in quella fisica), sia comune a tutte le sostanze psico-attive, caffè, alcol e tabacco compresi. Abbiamo avuto tutti delle esperienze con degli incalliti fumatori che cercavano di smettere di fumare e penso che sia patrimonio collettivo di come la diminuzione dell’appetito, i disturbi del sonno, la perdita di peso, l’aggressività e/o la rabbia, l’irritabilità, l’irrequietezza e i sogni strani siano effetti indesiderati in qualsiasi tipo di astinenza da elementi tossici, ma questa volta l’argomento vincente ce lo da proprio il dato della percentuale di soggetti a rischio di accusare sintomi di astinenza: se è vero che mediamente 2 persone su 10 (di assuntori di Cannabis abituali) e 1 su 10 (fra gli assuntori occasionali) corrono questo rischio, possiamo affermare con assoluta certezza che la percentuale risulta così irrisoria nei confronti degli assuntori di caffeina o nicotina o alcool che decidono di smettere, da non dover creare una preoccupazione né per il sistema sanitario, né tantomeno per quelli sociale e familiare.
Uno degli studi sulle droghe più approfonditi e attendibili degli ultimi anni, è quello pubblicato nel 2007 dalla rivista scientifica “The Lancet” (disponibile qui), che classifica la Cannabis all’11° posto (in base a danno fisico, dipendenza e danno sociale), con l’alcol al 5° e il tabacco al 9° (di seguito la classifica completa).
ALTRI DISTURBI ED EFFETTI NEGATIVI
Anche in questo caso, come è possibile dire che l’uso di Cannabis provochi alterazioni psichiche e fisiche terribili senza analizzare le contraddizioni poste in essere dal contesto ambientale, da quello sanitario e da quello sociale? Ammesso e non concesso che il THC provochi tutti i disturbi elencati dall’articolo, c’è qualcuno che crede davvero che la salute dei giovani sia compromessa dall’uso di Cannabis? O forse dovremmo andare a capire che in queste affermazioni è ancora la pregiudiziale ideologica a scavalcare l’intenzione della reale tutela della salute dei più giovani? Perché è tollerata la vendita di Coca-Cola che contiene caffeina e che viene usata da milioni e milioni di bambini e adolescenti in tutto il mondo, alterandone indubbiamente funzioni psichiche e fisiche? Ma veramente i problemi vascolari, quelli cardiaci in genere, i problemi alla cute, allo stomaco e via dicendo sono provocati dall’assunzione di Cannabis? O piuttosto la causa va cercata nel tipo di alimentazione che ha creato una generazione di obesi grazie alle merendine, alle bibite zuccherate e ai McDonald’s, o nell’aria piena di polveri sottili di cui le nostre città sono piene, o ancora nell’inquinamento industriale che ha ridotto le difese dei più giovani provocando allergie, intolleranze, celiachia ed altri disturbi di non facile risoluzione?!
EFFETTI SULLA SESSUALITÀ
Riesce difficile controbattere al fuoco pirotecnico messo in atto da ricercatori compiacenti le teorie del DPA, ma anche noi, come il DPA, abbiamo la possibilità di analizzare il mondo degli assuntori di Cannabis, parlando e confrontandoci con centinaia e centinaia di consumatori e da quello che ci risulta, i sintomi di una inefficiente attività sessuale sono del tutto mancanti nelle loro testimonianze. E anche in questo caso possiamo affermare che simili affermazioni possono essere classificate solo come puro terrorismo psicologico, non confortate da alcuna ricerca obiettiva sul tema e quindi del tutto infondate. E’ stata offerta più volte al DPA l’opportunità di studiare casi che non coincidono con le loro ricerche e con le loro “certezze”, ma chiaramente senza alcun esito. Patologie disfunzionali o inibitorie sono purtroppo gli effetti di una predisposizione pregressa o genetica e non sicuramente correlate all’assunzione di THC.
CANCRO AI POLMONI E ALTRE PATOLOGIE POLMONARI
Sorvolerei sul fatto che, sempre secondo il don, “il fumo di Cannabis altera la composizione genetica del Dna, aumentando il rischio di cancro”, perché se vogliamo parlare di fantascienza preferirei altri argomenti, ma mi fermerei sulla prima frase della seconda fonte: “L’uso cronico della Cannabis per inalazione (fumo) comporta effetti analoghi al tabagismo, cioè irritazione delle vie respiratorie, broncocostrizione e rischio di tumore polmonare”. Ecco, probabilmente senza volerlo, l’ha detto da sola. Il fumare Cannabis fa male come il fumare tabacco a causa del fenomeno denominato combustione. Questo fenomeno per fortuna può essere evitato grazie all’utilizzo dei vaporizzatori, strumenti che riscaldano la Cannabis ad una temperatura controllata di circa 210°C (la maggior parte dei cannabinoidi ha un punto di ebollizione di 392° F, corrispondenti a 200°C), facendo così passare i principi attivi allo stato di vapore, senza combustione, con il vantaggio dell’assunzione di principi attivi in forma molto pura, del mantenimento delle caratteristiche chimiche dei principi attivi, e del fatto che non si creano i prodotti dati dalla combustione (monossido di carbonio ecc.) irritanti per il sistema respiratorio e potenzialmente cancerogeni. Anche la frase successiva è da riportare, si smentisce da sola: “l’impatto specifico del fumo di Cannabis è difficile da valutare con esattezza, poiché, nella maggior parte dei casi, viene mescolato con il tabacco”, tuttavia, “nonostante le importanti differenze con il fumo di tabacco”, si è riscontrato che “l’esposizione alla cannabis raddoppia il rischio di sviluppare il cancro ai polmoni”. Tutte le ricerche mirate a contraddire questa affermazione vengono negate o ignorate dal DPA, segnaliamo ad esempio quanto concluso nei lavori della “American Thoracic Society International Conference” o della : “Association Between Marijuana Exposure and Pulmonary Function Over 20 Years”, dove si afferma in entrambi che il consumo di marijuana non è associato a problematiche polmonari. Inoltre nel numero di giugno di Annals of Thoracic Surgery, Donald P. Tashkin, medico e professore emerito di medicina presso la David Geffen School of Medicine dell’UCLA, spiega chiaramente che un uso moderato di marijuana non causa un aumento del rischio di cancro al polmone. Senza dimenticare il fatto che l’unico farmaco a base di Cannabis ad oggi disponibile nelle farmacie italiane (e solo per gli spasmi della sclerosi multipla) non si fuma: è uno spray oromucosale che permette un dosaggio flessibile (Sativex).
CANCRO AI TESTICOLI
Riguardo questo studio, tristemente famoso per chi si occupa di queste tematiche, bisogna spiegare meglio il senso della ricerca, perché, come al solito, ci sono delle omissioni. Ecco come l’ha raccontato Giuseppe Nicosia sul numero 43 del magazine Dolce Vita:
“Sapete cosa sono stati capaci di scrivere alcuni colleghi, prendendo uno studio americano sui possibili effetti cancerogeni di alcune droghe, e riducendolo all’osso per riuscire a fare scandalo? Che fumare abitualmente marijuana raddoppia le probabilità di sviluppare un tumore del testicolo, mentre consumare cocaina lo dimezza. A condurre lo studio sono stati i ricercatori dell’University of Southern California di Los Angeles che stanno cercando di fare chiarezza su un tumore la cui diffusione è in costante crescita e per cui, ancora oggi, non è nota nessuna possibile causa se non il “criptorchidismo”, ossia la mancata discesa nello scroto di uno dei testicoli. La ricerca, pubblicata sulla rivista “Cancer”, è stata però condotta in modo poco scientifico: è stato sottoposto un questionario sull’abituale consumo di droghe a 163 uomini affetti da questo tumore. Già il numero dei campioni è decisamente insufficiente per trarre conclusioni definitive, ma non irrilevante visto che il cancro del testicolo è piuttosto raro: ogni anno, una persona ogni 100mila in età compresa tra i 15 e i 40 anni, ne è colpita. I dati sono stati poi confrontati con quelli ottenuti sottoponendo allo stesso risultato un gruppo di 300 persone sane, ma con le stesse caratteristiche etnodemografiche. Ne è venuto fuori che gli individui che usufruivano più o meno regolarmente di marijuana, rispetto a chi non ne aveva mai fatto uso, presentavano un rischio quasi doppio di sviluppare questo tumore. «Non sappiamo quale sia il meccanismo attraverso cui la marijuana induca l’insorgenza del cancro dei testicoli – ha spiegato Victoria Cortessis – una delle autrici dello studio – Ipotizziamo, però, che possa agire sul sistema endocannabinoide, il network cellulare che risponde alla sostanza attiva contenuta nella marijuana, che svolge un importante ruolo nella formazione dello sperma». Stranamente però risulta dallo stesso studio che l’assunzione di cocaina può avere un effetto protettivo contro questo tumore. Nello specifico elaborando i dati ottenuti dai questionari, chi aveva fatto un uso più o meno regolare di cocaina, aveva “dimezzato” le probabilità di ammalarsi. Per gli autori della ricerca la spiegazione potrebbe essere semplice: la cocaina è in grado di uccidere le cellule che producono lo sperma, quelle da cui spesso ha origine il cancro del testicolo. In conclusione Corsessis dichiara, «le cellule germinali non possono sviluppare il cancro se sono state prima distrutte. In ogni caso, servono ulteriori studi per confermare i risultati». Non ho, nello specifico, i questionari e tutti i risultati per le mani, ma una domanda mi sorge spontanea: questi soggetti che si sono ammalati di cancro ai testicoli, a parte le droghe consumate, che stile di vita hanno tenuto prima di scoprire la loro patologia? In che ambienti sono cresciuti? A Gela, città siciliana, c’è il tasso più alto al mondo di ipospadia (malformazione congenita dovuta a un incompleto e anomalo sviluppo dell’uretra e del pene). Immaginate che risultati spaventosi potrebbero risultare da una ricerca sui danni provocati dall’uso delle droghe tra i cittadini di quella città. Spero tanto che questo studio non si effettui mai, per evitare di sprecare soldi, dato che la causa di tutti i danni alla salute dei cittadini di Gela, per un buon 80%, sono provocati dal “petrolchimico” e dagli agenti inquinanti che esso genera. Dovremmo fumare marijuana a chili per ottenere gli stessi danni provocati dal respirare i fumi emessi dalle ciminiere che ammorbano la nostra aria; non occorrono studi specifici per capirlo.”
DANNI AL FETO
Prendiamo atto che c’è uno studio che ha sottoposto a monitoraggio 24.874 donne in gravidanza che avevano dichiarato il consumo di Cannabis e che sono stati rilevati diversi e gravi rischi a carico del feto, ma in quale percentuale? Tutti i 24.874 feti accusavano gli stessi diversi e gravi rischi? O è il solito 10% comune a tutte le ricerche in qualsiasi ambito e settore? Crediamo che il problema non sia la Cannabis, perché gli stessi diversi e gravi rischi potrebbero insorgere anche con l’uso delle droghe legali come caffè, tabacco o alcool e sempre nella stessa percentuale in virtù della struttura psico-fisica e della predisposizione genetica della partoriente, e quindi ci chiediamo: ma non sarebbe forse più utile ed efficace promuovere una campagna di educazione al parto che metta sull’avviso tutte le consumatrici di sostanze tossiche in relazione alla tutela del feto, anziché praticare la stessa stantia formula del terrorismo a tutti i costi nei confronti del consumo di Cannabis? A questo proposito la Margaret Gedde del “Clnicians”, un istituto clinico per la Cannabis medica ha di recente fatto la seguente dichiarazione: “è una sostanza che è stata usata per migliaia di anni e con un margine di sicurezza noto. E c’è una lunga storia di donne che la utilizzano in gravidanza. Se ci dovesse essere qualche terribile conseguenza sui feti, a questo punto lo dovremmo già sapere”.
EFFETTI SULLA GUIDA
Premesso che gli strumenti in dotazione alle Forze dell’Ordine per verificare la presenza di THC, non ne determinano l’effetto in corso, ma solamente che il soggetto ne ha assunto, va detto che ultimamente, proprio in virtù di questo, si stanno moltiplicando a dismisura nei tribunali, le contestazioni di persone coinvolte in incidenti e accusati di essere in stato alterato, quando in realtà l’uso di Cannabis sarebbe potuto esser stato fatto giorni se non addirittura settimane prima dell’incidente, in quanto è una sostanza liposolubile che rimane nel sangue anche se non persistendo negli effetti, a differenza dell’alcool che essendo idrosolubile scompare in poche ore anche se permane lo stato di confusione e apatia.
Riportiamo a sostegno di questa tesi l’indagine compiuta negli USA: Studio americano rivela una diminuzione del 9% della mortalità per incidenti stradali, nei 16 stati che hanno legalizzato la marijuana medica. E’ inoltre un’opinione diffusa che la Cannabis non induca comportamenti azzardati (che vengono invece indotti dall’alcool e dalla cocaina): con i cannabinoidi si è più riflessivi e meno propensi a comportamenti sintomatici dello stress ed in alcuni paesi statunitensi addirittura le compagnie assicurative, dopo aver vagliato i dati delle casistiche, praticano coperture assicurative più economiche per i fumatori di Cannabis. Se ancora non foste convinti, vi riporto queste riflessioni scritte da Stefano Auditore, attivo nel progetto Freeweed, che propone una raccolta firme da ottobre 2013 per un referundum per abrogare alcuni articoli della legge Fini-Giovanardi.
“E’ di certo ben noto che l’alcool aumenta il rischio di incidenti stradali. La prova invece della colpevolezza della Cannabis negli incidenti di guida su strada è molto meno convincente. Anche se l’intossicazione da Cannabis è dimostrato che alteri leggermente la psicomotricità, questo deterioramento non sembra essere grave o di lunga durata. Nel test di guida del simulatore, questo valore è generalmente manifestata dai soggetti diminuendo la loro velocità di guida e richiedendo leggermente maggior tempo per rispondere alle situazioni di emergenza. Tuttavia, questo valore non sembra svolgere un ruolo significativo negli incidenti su strada. Una revisione di sette diversi studi su 7.934 conducenti nel 2002 ha riferito: “gli studi di colpevolezza sugli incidenti non sono riusciti a dimostrare che gli automobilisti con cannabinoidi nel sangue abbiano significativamente più probabilità di causare incidenti di quelli che ne sono privi”. Questo risultato è probabilmente dovuto al fatto che i soggetti sotto l’effetto della Cannabis sono consapevoli del loro valore e compensano di conseguenza, come ad esempio rallentando e focalizzando la loro attenzione quando sanno che sarà necessaria una risposta. Questa reazione è esattamente l’opposto di quella esibita da conducenti sotto l’effetto di alcool, che tendono a guidare in modo più rischioso proporzionale alla loro intossicazione. Oggi, un gran numero di ricerche esiste che esplorano l’impatto della Cannabis sulle capacità psicomotorie e sulle effettive prestazioni di guida. Questa ricerca è costituita da studi su simulatore di guida, studi di prestazioni su strada, studi colpevolezza di crash, e recensioni di sintesi degli elementi di prova esistenti. Ad oggi, il risultato di questa ricerca è abbastanza consistente: La Cannabis ha un effetto misurabile ancora relativamente mite sulle abilità psicomotorie, eppure non sembra svolgere un ruolo significativo in incidenti stradali, in particolare rispetto agli alcolici”. Tutti i riferimenti scientifici qui.
COMPORTAMENTI CRIMINALI E PENSIERI SUICIDI
Questa volta l’articolo si richiama direttamente alla propaganda anti-marijuana messa in atto negli USA nel 1937 da Aslinger con il “Marijuana Tax Act” (vedi articolo: Perchè la canapa è stata proibita) che invitava la stampa compiacente a diffondere notizie quali: “fuma uno spinello e probabilmente ucciderai tuo fratello” o “la marijuana provoca insanità mentale, criminalità e morte” o “la marijuana è la droga che ha provocato più violenza nella storia dell’uomo” o peggio ancora “le donne bianche che usano marijuana hanno il desiderio di accoppiamento con maschi di razze inferiori, con artisti e degenerati in genere”, a dispetto di tutte le fonti statistiche su criminalità e uso di droghe, dove si rileva che nei Paesi dove esiste tolleranza nei confronti della Cannabis (Olanda, Spagna, Portogallo, Belgio, Repubblica Ceca, Austria, Stati Uniti ed altri), non sono registrati né aumenti di atti criminali, né comportamenti sociali preoccupanti, né aumenti di incidenti stradali correlati all’uso.
Va inoltre detto che l’unico tentativo di suicidio correlato alla Cannabis ha visto come soggetto un adolescente che pur di evitare un ingiustificato ricovero in una comunità terapeutica, ha preferito esercitare un gesto tragico ed estremo.
A PROPOSITO DI USO TERAPEUTICO
Questa è sicuramente la parte più vigliacca dell’articolo. Prendendo a piene mani, come al solito, spunti dal Dipartimento e dal caro don, la scrittrice intraprende percorsi mentali a noi sconosciuti per affermare questa cosa: la Cannabis terapeutica può anche fare bene, ma siccome gli “alfieri dell’antiproibizionismo” usano questa scusa per legalizzarla anche a scopo ricreativo, e, mai sazi, anche per chiedere la legalizzazione di tutte le altre droghe, allora fa male. Anzi peggio, è solo un pretesto, perché le medicine ci sono già, e quindi punto e chiuso. Dunque, se vogliamo fare il discorso alle comari della parrocchia, riportando le parole del don, sperando che queste glielo riferiscano per far in modo di entrare nelle sue grazie, si può dire qualunque cosa. Se vogliamo fare informazione prima di tutto bisognerebbe dare uno sguardo a quello che succede in giro per il mondo, dove l’uso terapeutico della Cannabis è stato legalizzato in 19 Paesi degli Stati Uniti, nel New Mexico, in Canada, in Olanda, in Francia, in Israele, in Repubblica Ceca, in Uruguay, in Portogallo, in Camerun e in Lussemburgo, più altri che certamente al momento dimentichiamo. In molti altri Paesi sono forti le istanze di chi chiede che si faccia lo stesso. E non parlo di “alfieri della droga”, ma di malati, associazioni, moltissimi medici a tutti i livelli, scienziati, ricercatori e partiti politici che hanno testato le potenzialità di questa pianta che va considerata in primis come un farmaco. Non si contano gli studi scientifici che hanno constatato con dati inconfutabili i benefici che può dare in decine e decine di applicazioni. Dire che i farmaci ci sono già, non vuol solo ribadire la chiusura mentale di chi dentro si sé ha già deciso, per imposizione divina, quale sia la verità e disinforma gli altri affinché la pensino come lui. Significa soprattutto fare gli interessi delle multinazionali farmaceutiche, che, certo, i medicinali li producono già, spesso badando più agli interessi economici che alla salute dei pazienti. E i pazienti che chiedono di potersi curare con dignità, sono i primi a volersi differenziare da chi di quella pianta fa un uso ricreativo, perché per loro trattasi esclusivamente di un medicinale. Inoltre nell’articolo si fa una gran confusione tra legalizzazione e depenalizzazione. La legalizzazione a scopo terapeutico è una cosa, quella a scopo ricreativo un’altra e la depenalizzazione, processo che la nostra vicina Svizzera renderà operativo dal prossimo ottobre, ancora un’altra. Senza contare che, per ignoranza, o forse per delineare una versione dei fatti che corrisponda meglio alle idee del don, nell’articolo ci si è dimenticati di citare il fatto che in tre regioni d’Italia, la Cannabis terapeutica è già legale. Il Sativex, farmaco a base di Cannabinoidi e THC, è in vendita nelle farmacia per curare gli spasmi dei pazienti affetti da sclerosi multipla. Spiegateglielo voi che non possono usare il farmaco per curarsi dagli spasmi che, oltre a problemi motori, causano crampi e dolori lancinanti anche di notte, perché secondo l’opinione di alcuni cattolici e una rivista contro l’aborto, gli “alfieri dell’antiproibizionismo” chiederanno di legalizzare l’eroina. E poi provate a non arrossire dalla vergogna.
Per fortuna il mondo sta cambiando e dopo la demonizzazione di questa pianta con un accanimento mai visto, portata avanti negli ultimi 70 anni (vedi articolo Il boicottaggio della canapa), ci si sta scontrando con l’evidenza. Anche nel nostro Paese sta rifiorendo un’industria legata a questa pianta, che spazia dalla bioedilizia alla cosmetica, passando per i prodotti alimentari, i vestiti, i tessuti in genere, e decine/centinaia/migliaia di altre applicazioni ancora tutte da scoprire. Per non parlare di tutto il settore degli utilizzi terapeutici, in fortissima ascesa.
Noi come sempre ci limitiamo ad una corretta informazione e all’invito ad un eventuale utilizzo responsabile e consapevole (di qualsiasi sostanza, legale e non).
La coerenza nelle scelte è una cosa; rimanere rigidi sulle proprie posizioni nonostante l’evidenza è stupidità e chi spaccia disinformazione per contro-informazione è da condannare.
Nota sul sito LoSai?: alcuni anni fa avevamo contattato i gestori del sito in quanto interessati a una collaborazione o una possibile inserzione pubblicitaria, attratti dal loro impegno e dall’apparente ricerca della verità su temi scomodi. Non se ne fece nulla in quanto al momento di prendere una decisione, ci eravamo tirati indietro, dubbiosi sulla loro professionalità e credibilità. Ad oggi possiamo dire che, mai scelta fu più giusta!
in collaborazione con Giancarlo Cecconi (staff ASCIA)
e Matteo Gracis (direttore editoriale Dolce Vita e admin Enjoint)