High times

Udine “si fuma” il festival del reggae

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Il Rototom Sunsplash, il festival reggae più grande d’Europa, viene “cacciato” dall’Italia. «Bob Marley non si processa», hanno gridato contro il cielo che minacciava pioggia. Può darsi, però la sua musica se ne è andata da Osoppo, e chissà se tornerà. Il signor Giovanni è rimasto a fissare la vetrina del suo negozio di alimentari, nel centro di questo paese di tremila anime a trenta chilometri da Udine. «Avremo i nostri problemi, adesso. Una settimana di festival valeva sei mesi di lavoro».

Questa è la storia di una comunità messa in ginocchio e del più grande festival reggae d’Europa cacciato dall’Italia e costretto a trovare rifugio all’estero perché i suoi seguaci fumano troppi spinelli. Era il 1994 quando il Rototom Sunsplash si accampò lungo le sponde del Tagliamento e ne fece un angolo di Giamaica: dieci giorni di musica, 200 mila spettatori l’anno da ogni parte del continente.

Tutto finito: la procura di Tolmezzo ha messo sotto indagine per agevolazione all’uso di stupefacenti Filippo Giunta, 48 anni, inventore del festival. Secondo i magistrati ha violato l’articolo 79 della legge Fini-Giovanardi: avrebbe favorito il consumo di droghe nell’area del festival. Ha letto le carte, dice che qualcosa non torna: «Mi sembra un provvedimento ideologico. Non si contesta un fatto. Si disegna uno scenario: il Rototom è un festival reggae, il reggae è la musica dei rasta, i rasta usano la marijuana. E io, che sono l’organizzatore, avrei costruito l’ambiente adatto».

Il festival chiude: Il Comune ha negato l’autorizzazione all’edizione del 2010. «E che cosa dovevo fare?», dice Bottoni, avvocato di 44 anni, sindaco da sei, in quota Pdl. «Crede che mi faccia piacere mandare in malora l’economia di tutta la zona? Ma sono costretto: c’è un’inchiesta». Le ha provate tutte: appelli, petizioni, lettere. Ha difeso la creatura degli osoppani: «Portava un ritorno economico sul territorio, ma soprattutto giovani da tutto il mondo, cultura, colore. Aveva trasformato una terra sconosciuta in una meta turistica. Per noi è una perdita devastante».

Il sottosegretario Giovanardi ha salutato la chiusura di un «evento in cui si spacciava droga in quantità industriali». «Sugli stupefacenti la penso esattamente come lui», racconta il sindaco, «ma credo che bisognerebbe andare a toccare le cose con mano prima di parlare». La fuga del Rototom ha spaccato il Pdl – contro Giovanardi si è mobilitato pure il senatore Ferruccio Saro – e scatenato una gara di solidarietà: la friulana Elisa, Vinicio Capossela, i Subsonica, don Ciotti, Beppe Grillo, l’europarlamentare Pd Debora Serracchiani e tanti altri, una petizione con 10 mila firme e una raffica di manifestazioni. Non è servito.

Il macigno che pesa sul festival sono i 340 arresti per spaccio di droga negli ultimi nove anni, 18 chili di marijuana sequestrati, 11 di hashish, 2.400 pasticche di ecstasy, 4 etti di cocaina e 37 grammi di eroina, più funghi allucinogeni, Lsd, popper e amfetamina. Per Filippo Giunta quei numeri sono il pilastro su cui fondare la difesa: «In sedici anni mai avuto problemi di ordine pubblico. Ogni giorno, per 15-20 mila spettatori, c’erano 200 addetti alla sicurezza. E le forze dell’ordine hanno sempre avuto libero accesso all’area, come dimostrano arresti e sequestri». E ancora: «Ogni anno ospitavamo incontri con tossicologi, psicologi e sociologi sul tema degli stupefacenti. E io sarei uno che ne incentiva l’uso? La verità è che in Italia tira una brutta aria per chi fa musica». Non è l’unico a pensarla così. E, forse, se Arezzo Wawe, l’Heineken Jammin e il Rototom sono scomparsi, e il Traffic di Torino è stato spostato contro il volere degli organizzatori, un motivo ci sarà. «Io non lo so – dice Giunta – Però da un po’ ti rendono la vita impossibile: lavori un anno per organizzare tutto e fino all’ultimo non sai se i permessi arriveranno. Così i festival moriranno uno dietro l’altro. O si trasferiranno all’estero». Lui da una settimana batte la Spagna palmo a palmo. Ha già ricevuto decine di offerte. Là Bob Marley non si processa.

di Andrea Rossi
fonte: Lastampa.it

 



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