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Tyler, the Creator – Wolf (recensione)

TYLER_WOLF_1“Wolf” – lupo. Faccino tenero e orecchie a sventola. A guardarlo bene, nemmeno provandoci a lungo riuscireste a dare sembianze ferine a Tyler, the Creator – il rapper di Los Angeles che ormai da un paio di anni calca i palchi e si fa notare per originalità e imprevedibilità, non solo musicale. Tyler, the Creator ha solamente 22 anni e la cosa scompone leggermente, visto che oltre a scrivere rime il ragazzo mostra una maturità singolare muovendosi con disinvoltura anche come produttore discografico, leader, co-fondatore e stilista (avete letto bene) del collettivo alternative Hip Hop Odd Future. Sotto contratto con l’etichetta britannica indipendente XL Recordings, “Wolf“ è il suo terzo studio album e segue cronologicamente i due dischi di debutto “Bastard” e “Goblin”, rispettivamente pubblicati nel 2008 e nel 2009.

Non è possibile affrontare un disco di Tyler, the Creator senza prima delineare e capire i tratti  del personaggio. Perché Tyler è prima di tutto un personaggio. Chi ha seguito il percorso musicale di questo artista, infatti, non potrà non ricordare il video della traccia “Yonkers” (più volte citato all’interno di “Wolf”), che a questo giro è utilissimo per inquadrare velocemente la sua stravaganza. Nella clip Tyler si trova in una stanza spoglia e mentre rappa di fronte alla videocamera un (notevole) scarafaggio si arrampica sulle sue mani. L’insetto non avrà lunga vita, visto che durante le strofe sinistre di Tyler verrà masticato, ingoiato e di seguito vomitato prima che il rapper si impicchi. Tyler non solo ha impressionato e fatto parlare di se per questo video, ma a causa dei contenuti delle sue strofe è stato più volte accusato di misoginia e omofobia, soprattutto per un utilizzo esagerato dei termini “faggot” e “bitch”. Tyler si è difeso sostenendo di usare questi termini appositamente per colpire l’attenzione e scandalizzare. Insomma, un rapper controverso e imprevedibile ma in grado di stupire, sia liricamente che musicalmente.

Date queste premesse è più facile comprendere e andare oltre la grigia pelliccia di “Wolf”, un disco pesante in tutti i sensi che si compone di ben 18 tracce. Tyler propone canzoni da diverse prospettive, cercando di unire le parti differenti della sua bizzarra personalità artistica. Spiccano su tutte tracce emblematiche come “Answer” – pezzo alternativo in cui continua la faticosa stretta di paura che il rapper prova per l’assenza del padre mai conosciuto e “Colossus/the Bridge of Love” che assieme a “Domo 23”  è forse la canzone che più si avvicina al normale concept Hip Hop in cui un ottimo rap si sposa perfettamente alla strumentale. Ad escludere il rischio che la prima impressione blocchi l’estro di Tyler in un limbo di violenza e cupe atmosfere ci pensano quei gran pezzi particolari come “Party Isn’t Over/Campfire/Bimmer”, “Treehome95” e “IFHY” che accompagnati dai morbidi melodici di Frank Ocean, Erykah Badu e Pharrell Williams si presentano come veri e propri momenti d’avanguardia. Sfiorando quasi il lounge per come suonano alcune basi, “Wolf” ha però una piccola pecca che riguarda proprio la varietà sonora: l’uniformità del disco è evidente e quasi sconvolgente, tutte le tracce sembrano perfettamente legate tra loro da un concept invisibile, ma è proprio questa uniformità che rende l’album impalpabile. Molti pezzi suonano veramente simili, soprattutto a livello di drum pack e bisogna dirlo, anche se il rap di Tyler è sempre geniale è proprio quando cambia ritmo e si stacca dal beat cantilenato che riesce a stupire al meglio. Da questo punto di vista è giusto aspettarsi di più da un artista preciso e cosciente come Tyler, che in maniera così forte si stacca dal mainstream.

Il quotidiano “The New York Times” un paio di anni fa aveva definito Tyler usando 3 delle sue principali caratteristiche: “angry Rhymes, dirty mouth, goofy kid”. “Wolf” è la rampa di lancio dell’immaginazione contorta e impressionante di questo ragazzo apparentemente impacciato, un’immaginazione che se lasciata correre libera ne mostra tutta l’originalità e la personalità – anche se spesso espressa con termini controversi e politicamente scorretti.  Un disco al vetriolo, sicuro di se e velenoso, che anche se fatica ad accelerare si candida come portavoce del filone Hip Hop contemporaneo. Un disco che non è per tutti e che forse riscontrerà maggiore successo in futuro, quando la visione condivisa avrà raggiunto quella futuristica (ma per lui odierna) di Tyler. Il problema è, chissà dove sarà Tyler a quel punto. Astenersi puristi dell’old-school, venghino i signori delle nuove scuole che apprezzano evoluzione e originalità. Tyler, the Creator è un genio fuori controllo e fuori dal mondo, sta a voi entrare nel suo.

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Mattia Polimeni



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