LSD, presente e futuro di una sostanza stupefacente
È stato David Nutt, in un numero speciale di “The Psycologist”, a parlare per primo di rinascimento psichedelico. Era il 2014 e il noto neuropsicofarmacologo inglese sosteneva l’opportunità di utilizzare gli allucinogeni come terapia. Specializzato nella ricerca di farmaci che agiscono sul cervello per portare benefici a disturbi come dipendenza, ansia e insonnia, Nutt si espose nello smentire le preoccupazioni sui danni alla salute legati al consumo di queste droghe e così diffuse nella società moderna. Nel suo articolo sostenne senza mezzi termini il valore e l’importanza dell’uso terapeutico di queste sostanze, attirando l’attenzione dei media che da quel momento presero a seguire con nuovi occhi la faccenda e le ricerche a essa correlate.
Oggi le potenzialità dell’LSD sono in piena rivalutazione, potenzialità che sono soprattutto terapeutiche. L’evidenza scientifica ormai è acclarata e in molti paesi, anche se non Italia, la strada per un utilizzo del dietilammide-25 dell’acido lisergico nel futuro prossimo è avviata.
«Se ci pensi» esordisce al telefono Agnese Codignola, giornalista scientifica autrice di “LSD, storia di una sostanza stupefacente” (2018, Utet), «Nixon disse che Timothy Leary era l’uomo più pericoloso del mondo. Non siamo più in quel clima lì, per fortuna».
Sono giusto trascorsi ventidue anni dalla morte di Leary, uno dei maggiori protagonisti della controcultura statunitense e figura chiave nella ricerca sulle sostanze psichedeliche di cui sosteneva «La sfida non riguarda il modo di porle sotto controllo, bensì la maniera di usarle». A che punto siamo oggi?
Rispetto a un anno fa, e dunque alle ricerche di cui do conto nel libro, non ci sono state pubblicazioni scientifiche così rilevanti da portare a sviluppi sostanziali nel campo dell’LSD. Si continuano ad approfondire vari aspetti ma nulla di sconvolgente, per il momento. Ne sapremo di più tra un paio d’anni quando verranno resi noti i risultati di sperimentazioni avviate in Inghilterra e negli Stati Uniti. Per quel che riguarda la ketamina, così come l’ecstasy, invece, hanno fatto importanti passi avanti anche perché siamo vicini a una loro approvazione terapeutica che fa gola a molti.
Cosa c’è alla base di questo interesse?
La ketamina è un anestetico molto potente riconosciuto dall’OMS e dunque già disponibile negli ospedali con una produzione ben avviata; l’ecstasy non è mai stato legale ed è ancora percepito come droga, ma insieme hanno avuto il via libera nella categoria dei farmaci che hanno diritto alla corsia preferenziale nell’iter di approvazione. Questo perché nuovi studi hanno dimostrato la loro efficacia nei casi di depressione grave e di stress post traumatico, malattie per cui non è stata ancora trovata una soluzione farmacologica alla lunga adeguata. Si stima che siano 350 milioni i depressi diagnosticati, una platea enorme che spiega l’interesse pazzesco. Si tratta comunque di farmaci tosti, con effetti collaterali da non sottovalutare. Controindicazioni che ad oggi, tranne che nei pazienti con determinate patologie psichiatriche, non sono state riscontrate con la somministrazione di LSD.
Sembra che ci sia una percezione dura a morire che penalizza l’LSD, non è così?
Sì: si pensa, ancora, che sia molto dannoso per la salute. Ed è proprio questo falso mito che mi ha spinto a scrivere il libro che sostiene tutt’altro, cioè che LSD possa avere effetti benefici. Ho trovato questa storia interessante e indicativa e ho ritenuto che, per onestà intellettuale, andava raccontata.
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Sintetizzata la prima volta nel 1938 dal chimico svizzero Albert Hofmann, ha vissuto una storia travagliata, da oggetto di ricerca scientifica a simbolo della controcultura hippie, fino alla messa al bando e al divieto, sancito nel 1971 dall’ONU, di condurre nuove sperimentazioni. Da quel momento sono state pubblicate delle casistiche che attribuivano all’uso di questa sostanza l’aumento di possibilità di sviluppare il cancro e malattie vascolari oltre ad attribuirle effetti nocivi sui feti. Solo successive analisi, con strumenti moderni e affidabili, hanno evidenziato che ad oggi non esiste alcuna dimostrazione di un qualsivoglia effetto tossico dell’LSD a livello organico.
Come spieghi il giudizio negativo iniziale?
Innanzitutto, tra il ‘62 e il ‘71, molti consumatori assumevano varie droghe e in queste condizioni è impossibile stabilire relazioni di causa effetto: cosa dipende da cosa? Inoltre si voleva a tutti i costi cercare un motivo per condannare l’LSD e relegarlo negli scantinati della scienza.
Quindi oggi possiamo dirlo: l’LSD non brucia il cervello!
Esattamente, mentre l’ecstasy, l’eroina, la ketamina e la cocaina possono portare danni cerebrali, l’LSD no. Niente di questo è mai stato dimostrato, è mitologia allo stato puro. LSD non induce neanche dipendenza, è un’esperienza talmente forte che, quando viene utilizzato a scopo ricreativo, non si sente il bisogno di ripeterla nell’immediato.
Invece non rientra nel campo delle leggende la sua capacità di avvicinare al divino.
Se presa in alte dosi da chi ne ha un’adeguata preparazione, l’LSD produce una sensazione panteistica, un senso di appartenenza a un universo in cui si è tutti uguali. Tutti coloro che ne hanno fatto esperienza alla fine raccontano della percezione di un’entità trascendente priva però di quei tratti in cui siamo soliti rappresentare le divinità alle diverse latitudini: questo tipo di testimonianze arrivano da ebrei, buddisti, protestanti, cattolici, dunque possiamo affermare che non sono condizionate dalla cultura di appartenenza, il che rende la cosa incredibilmente interessante. Contemporaneamente, strumenti diagnostici hanno dimostrato che l’LSD attiva le stesse aree cerebrali sollecitate con la preghiera. La sintonia dunque non è una leggenda.
Come la sua capacità di accendere la creatività.
Non si contano gli artisti, musicisti e scrittori che lo sostengono. Persone come Bill Gates e Steve Jobs hanno attributo all’LSD enormi meriti nella loro carriera, ma che potenzi la creatività l’hanno dimostrato sia test psicologici sia risonanze al cervello.
Che futuro dobbiamo aspettarci per l’LSD?
La mia speranza è che si arrivi a un uso terapeutico ed eventualmente ricreativo. Sono convinta che come terapia potrebbe essere molto utile, ma questa strada sarà percorribile solo se supportata da dati scientifici, proprio come è avvenuto con la cannabis.