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Il turismo cannabico tra legalizzazione e sostenibilità

Il turismo cannabico tra legalizzazione e sostenibilità
Amsterdam. Foto di Jace & Afsoon su Unsplash

Il problema, per ogni fumatore che si rispetti, si ripresenta ogni volta che ci si appresta a scegliere la meta del prossimo viaggio o della prossima vacanza. Mentre vengono snocciolati i nomi delle prossime possibili mete, la testa del malcapitato fumatore non si ferma tanto a pensare alle bellezze del luogo, ai possibili svaghi o agli interessi culturali, perché in quel momento la domanda che occupa la sua testa è una e soltanto una: «Ma si troverà facilmente dell’erba o del fumo di buona qualità?». 

Perché chiunque abbia cercato di assicurarsi una buona fumata in Paesi dove la cannabis, oltre ad essere illegale, è ancora poco culturalmente accetta, sa bene a cosa rischia di andare incontro. Io ancora ricordo l’erba della peggior qualità della mia vita recuperata a Istanbul, insieme agli sguardi terrorizzati di un gruppo di skater ai quali avevo fatto la prima richiesta, e che mi avevano detto di desistere se non volevo finire in carcere o che mi fosse tagliata una mano! Ad ogni modo ci sono anche piacevoli sorprese: chi l’avrebbe mai immaginato che Tel Aviv fosse ganja friendly ben prima della depenalizzazione e che in Israele è possibile acquistare fumo ed erba su Telegram? O che nella rigida Giordania, dove tutti ti sconsigliano di cercare l’agognata cannabis, a Petra i beduini a cui accennavi la cosa sorridevano prima di tirare fuori dai taschini più inaccessibili ottime qualità di hashish?

Il turismo cannabico tra legalizzazione e sostenibilitàAd ogni modo, anche in questo campo, tutto sta cambiando insieme alla maggior accettazione della cannabis da parte di diversi Paesi nel mondo. Se negli Stati Uniti o in Canada ormai è la norma trovare tour dedicati alla cannabis o gli ormai celebri Bud and breakfast (gioco di parole in cui la parola “cima” sostituisce il “letto” nell’ormai usuale formula con cui si indicano i posti che ti permettono di pernottare e fare colazione), anche in Paesi in cui la legalizzazione non è arrivata, come la Giamaica, l’Olanda o la Spagna, si è ormai sviluppato un vero e proprio turismo cannabico.  

Amsterdam

Ogni fumatore italiano che si rispetti, è andato puntualmente negli anni a “far danni” nei Paesi Bassi con la bava alla bocca per ogni coffeeshop che incontrava sulla propria strada. Un atteggiamento più che comprensibile per chi in patria rischia l’arresto per lo stesso prodotto che a poche ore di volo in un altro Paese vendono nei negozi. Il problema è che i cittadini di Amsterdam di persone provenienti da tutto il mondo che caracollavano dopo il primo bong e si trascinavano per i canali della città in cerca di qualcosa da mangiare, ne hanno visti a migliaia per tanti anni. E quindi più volte le amministrazioni di centro-destra della città hanno proposto il divieto di vendita di cannabis ai turisti. La misura, però, non è mai stata attuata, e il perché è stato rivelato l’anno scorso dal The Guardian, che ha spiegato che la sindaca della città, Femke Halsema, aveva commissionato un sondaggio per capire come avrebbero reagito i turisti al divieto. Su 100 persone di età compresa tra i 18 e i 35 anni, una grande maggioranza delle persone interrogate (il 57%) ha detto che i coffee shop hanno avuto un ruolo nella decisione di scegliere la capitale olandese come propria destinazione. Ma alla domanda se sarebbero tornati o meno se non fossero stati in grado di accedere ai coffee shop, il 34% dei turisti provenienti da oltreoceano ha dichiarato di essere insicuro, e ben l’11% ha risposto che non lo avrebbe fatto. Insomma, in una città che prima della pandemia attraeva 20 milioni di turisti all’anno, rinunciare a quasi la metà di loro sarebbe stata una mossa suicida. 

Il turismo cannabico tra legalizzazione e sostenibilità

Usa

Con le varie legalizzazioni negli Stati Uniti il turismo cannabico è ormai una realtà consolidata ed è fruibile sia dagli stessi americani che si spostano nei Paesi vicini per godere della legalità della cannabis, sia da stranieri che arrivano da tutto il mondo. Per acquistare cannabis in un dispensario basta farsi registrare all’ingresso mostrando la propria patente, e si avrà accesso al mondo ricreativo della cannabis. Ma in America si è già andati oltre. I pionieri del settore sono naturalmente in Colorado, il primo stato Usa a legalizzare. A Denver, infatti, troviamo sia il Colorado Cannabis Tour che il My 420 Tour. Il primo, con consumo a bordo del bus permesso, include visite a due dispensari, a un impianto di coltivazione e una dimostrazione di soffiatura di pipe di vetro. Costa 89 dollari e dura esattamente quattro ore e 20 minuti. Sono anche i creatori dei corsi artistici Puff, Pass & Paint nei quali la pittrice di Denver Heidi Keyes e il suo gruppo coinvolgono le persone in una sessione di fumo creativo di 2 ore, dando le sue istruzioni passo dopo passo per creare il proprio capolavoro sotto effetto di cannabis.

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Sushi & Joint Rolling Class

Il My 420 Tours offre il Blaze & Gaze Graffiti Walking Tour (29 dollari), un tour a piedi di 2,5 miglia post-consumo nel RiNo Art District di Denver, e il Sushi & Joint Rolling Class (79 dollari) e si sta diffondendo in diversi Stati. Ma le possibilità sono davvero tante. High5Tours a Portland, in Oregon, offre la possibilità del Multnomah Falls Tour con la visita alle cascate nella gola del fiume Columbia e sosta in un dispensario per far scorta di provviste. Ci sono i Glowing Goddess Getaways, ritiri organizzati negli Stati in cui la cannabis è legale che prevedono fumate di dab e shatter, fontane di cioccolato con THC e altro combinati con attività come yoga, danza e meditazione. Oppure Puff Puff Pour creato da Oregon Cannabis Concierge, che è una sorta di esperienza da sommelier per assaggiare tre varietà uniche di cannabis tramite una penna da svapo abbinata a tre bevande accuratamente selezionate, dalla birra artigianale agli alcolici di piccola produzione e persino al caffè freddo a seconda dell’erba.

Italia

Anche se da noi l’uso ricreativo della cannabis resta illegale, ci sono comunque delle soluzioni per chi volesse declinare un viaggio o una vacanza all’insegna della canapa. 

Ortopì Country Canapa House, a Porto Recanati, è una struttura costruita con canapa e calce che utilizza la pianta non solo per la bioedilizia, ma anche per i complementi d’arredo, come la biancheria in canapa cucita da sarte locali e per il menù, dove vengono proposti piatti a base di farina, olio e semi. Di recente ha vinto la Best Green Accomodation Italia 2021 del Green Travel Award 2021, il premio per le eccellenze del turismo sostenibile e responsabile del Gruppo Italiano Stampa Turistica. L’idea iniziale era quella di realizzare una struttura ricettiva completamente ecosostenibile, che utilizzi solo materiali naturali nel pieno rispetto dell’ambiente, nella quale, raccontano i titolari, «L’ambiente familiare, la genuinità dei prodotti a km zero, le colazioni preparate al momento, renderanno unico il vostro soggiorno».
In provincia di Gubbio troviamo invece il Cannabis Clinic & Restaurant, che sorge all’interno dell’
azienda agricola, che si estende su 25 ettari, dedicati alla coltivazione di canapa e peperoncino, lavanda e finocchio e punta «ad avvicinare la qualità della ricezione turistica alla corretta informazione circa l’utilizzo dei cannabinoidi quali derivati naturali della pianta, anche e soprattutto in cucina». Su prenotazione sarà possibile usufruire di una consulenza personalizzata attraverso un team medico, la bottega artigiana delle cure, medici e professionisti con esperienze cliniche sui cannabinoidi, che potranno monitorare e seguire gli ospiti anche prima e/o dopo il periodo di vacanza. La struttura offre un servizio di bed and breakfast, ma anche di ristorazione per la degustazione di piatti a base di canapa.

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Canapè

A Milano troviamo invece Canapè, ristorante con piatti a base di canapa, «per celebrare la canapa nelle sue varie declinazioni». Oltre alla cucina con piatti di ispirazione fusion che coniugano la cucina asiatica a rimandi di quella italiana, rivisitata con farina di canapa, il locale punta sugli Spirits, con ingredienti insoliti e particolari. Il tutto è completato da uno shop con un assortimento di prodotti a base di canapa che spaziano dalle tisane ai prodotti di cosmetica.
A Napoli c’è invece il Cannabistrò. «L’idea Friendly Healty spazia dalla semplice proposta di tisane con dolce, bevande fredde, aperitivi, cocktail e piatti da scegliere in libertà tra singolo piatto, maxi piatto fino ad un menù completo con ricette esclusive per tutti gli intenditori del buon cibo», si può leggere sul sito dove viene raccontato che: «La canapa è considerata tra gli esperti dietetici come uno dei più importanti cibi salutari alternativi questo perché agevola grazie ai suoi semi e al suo olio, che sono super alimenti ricchi di proteine tra cui Omega 3 e Omega 6, il benessere del sistema cardiocircolatorio, di vitamine, sali minerali, fibre e presenta un ridotto apporto di grassi e zuccheri».
Non solo, perché oltre ai musei dedicati a canapa e civiltà contadina disseminati su tutto lo Stivale, o quello itinerante creato da gemelli Bernardini, sono sempre di più le aziende agricole che aprono al pubblico per mostrare come avvengono le lavorazioni e offrire la possibilità di passare una giornata nei campi di canapa o di assaporare i prodotti locali.



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