Tunisia: a dieci anni dalla Primavera Araba la verità che nessuno racconta
A dieci anni dallo scoppio delle primavere arabe Heithem Bdhief, un giovane tunisino laureato in legge, svela quello che i media non ci dicono, che non ci hanno detto allora e che non ci dicono oggi: i veri motivi dietro le rivolte. Heithem ci racconta soprattutto come ancora oggi in tanti viva il sogno di vedere la propria terra libera.
Le primavere arabe sono scoppiate partendo da una terra florida come la Tunisia, perché e cosa sono state?
Il popolo tunisino ha sofferto molto durante i lunghi anni di Ben Ali al potere. Al popolo era negata la libertà di espressione politica e intellettuale. Chiunque si opponeva a Ben Ali veniva imprigionato o segretamente giustiziato. Molti sono fuggiti e hanno vissuto come rifugiati nei paesi europei per paura della politica di repressione della polizia. Questa era la vita in Tunisia prima della rivoluzione.
La rivoluzione che ha portato alla fuga Ben Ali è stata come una torcia e l’inizio della realizzazione della libertà che ogni tunisino sognava. La rivoluzione ha portato libertà di scrivere, di parlare e di pensare a un futuro migliore.
Abbiamo vinto la battaglia contro la tirannia e abbiamo cominciato a dire quello che volevamo senza ostacoli.
Oggi com’è la situazione?
I tunisini sono persone buone ed ospitali e sono noti per la loro generosità. La Tunisia è un misto di culture che vivono in montagna, nel deserto o sulle rive del Mar Mediterraneo. Ha la fortuna di godere anche di una terra pianeggiante e di un clima che aiuta l’agricoltura e ha un’enorme quantità di ricchezza sotterranea come fosfati, petrolio e gas naturali. La Tunisia potrebbe raggiungere la prosperità se il suo governo gestisse le risorse a favore del suo popolo e non del governo francese che attua qui come nel resto dell’Africa, una politica coloniale.
E’ la Francia che non ci lascia vivere bene. La Francia abbaglia il mondo con democrazia e presunti diritti umani, ma viola la terra d’Africa e la sfrutta come se fosse di sua proprietà. La saccheggia delle risorse d’oro, delle miniere di fosfato, dei gas e dei pozzi di petrolio. Questa è un’occupazione dell’Africa che non si è mai fermata e una violazione di tutte le convenzioni internazionali. Ricordiamo che, sull’onda delle primavere arabe, Gheddafi è stato eliminato dalla Francia e dai suoi alleati perché aveva un piano per rendere l’Africa libera e indipendente dalle potenze straniere. Gheddafi voleva l’eliminazione del Franco CFA (la moneta di 14 paesi africani coniata in Francia) e che il popolo africano si rendesse sovrano e indipendente sul proprio territorio.
Chi era Gheddafi e cosa rappresentava?
Gheddafi aveva in mente un progetto rivoluzionario per tutta l’Africa, ma fu assassinato dall’alleanza imperialista. Ha sempre elogiato i valori di liberazione di cui hanno parlato Guevara e Sankara. Ha cercato di opporsi all’imperialismo occidentale che voleva violare e rubare le risorse della Libia, ma non ha avuto risonanza. La rivoluzione libica è stata fabbricata da un’agenda straniera per far precipitare il Paese nel caos. I libici rimpiangono Gheddafi poiché il popolo libico ha vissuto bene sotto il suo governo. E la vicenda libica si è rivelata una “guerra” per le risorse naturali tra milizie francesi e americane, guerra tra l’altro, ancora in corso.
Oggi come vive in Tunisia la maggior parte dei giovani?
I giovani tunisini sono tra i più istruiti al mondo, soprattutto tra i paesi africani, e tra le ragioni di ciò c’è il fatto che l’istruzione è gratuita in Tunisia. Ci sono circa 2 milioni di laureati in materie scientifiche. Il problema più grande è l’emarginazione dei giovani e la disoccupazione. Tutti sognano l’immigrazione e la fuga in Europa, anche attraverso le “barche della morte”. La povertà e le tribolazioni di ogni giorno rappresentano una grande motivazione all’emigrazione, le persone vedono nell’Europa la speranza per costruire un domani migliore.
A dieci anni dalla rivoluzione, la mobilità sociale e le proteste giovanili continuano a essere accolte con il bastone e il gas lacrimogeno. I giovani tunisini non si fidano più di alcun governo perché vedono una politica venduta alla Francia.
Cosa vorresti che accadesse nei prossimi 10 anni?
Le scelte politiche ed economiche che fanno soffrire la Tunisia di povertà, arretratezza e dipendenza sono dovute al non aver istituito un’industria nazionale integrata e indipendente. Per quanto riguarda l’agricoltura la Tunisia non ha tenuto il passo e si ritrova con un sistema produttivo dai costi elevati. Il settore agricolo non ha partecipato alla sfida della ricerca scientifica, e neanche a una pianificazione e monitoraggio della sua condotta. Il turismo è per lo più ostaggio di aziende internazionali e lobby locali. I servizi amministrativi, sanitari e finanziari sono inconsistenti e non idonei per mancanza di sostegno e sviluppo. Il settore bancario non incoraggia gli investimenti a causa degli interessi superflui ed esagerati sui prestiti, la sua indulgenza nei confronti di intermediari corrotti e il finanziamento di progetti inutili sono soggetti a decisioni politiche, quando invece ci sarebbe bisogno di programmi economici nazionali studiati. Il sistema educativo è rimasto indietro, ha accumulato negligenze e necessita di una riforma a lungo termine. Per quanto riguarda la cultura assistiamo alla mercificazione delle arti, gli spazi culturali vengono abbandonati e la vivacità artistica e culturale dei giovani si perde.
Spero che in futuro la situazione in Tunisia possa cambiare in meglio. Spero che tutti i contratti per le risorse naturali che la Francia ha in essere vengano rivisti. Molti volti politici devono cambiare perché sono veramente la causa della crisi: tutti gli sforzi devono essere indirizzati all’interesse del paese.
Un’ultima domanda: ci si sente africani ad essere tunisini?
Amo questo paese e sento contemporaneamente di appartenere all’Africa. Questo paese potrebbe alzare la mano per guidare l’Africa verso la liberazione da tutte le potenze imperialiste. Ricordiamoci sempre l’esempio di Thomas Sankara (presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987) che sapendo di andare incontro alla morte, non si è piegato al pagamento del debito coloniale ed è morto sognando un’Africa libera nella quale i popoli potessero accedere alle ricchezze che hanno. Il suo sogno nutre i sogni di tanti che oggi non vogliono tacere sul proprio diritto all’autodeterminazione. L’Africa non potrà essere liberata se non dalla resistenza. Le persone, per quanto stanche siano, sono braci dormienti che inevitabilmente si accenderanno con l’aumentare della consapevolezza e altri leader, della qualità umana di Sankara, si eleveranno a guida. Sono certo che l’Africa trionferà sull’imperialismo e arrivare a quel momento è la grande sfida di oggi per tutti noi che ci sentiamo di abitare al di fuori dello spirito del tempo capitalista che genera povertà, guerre, individualismo e arroganza.
Estratto di un’intervista realizzata da Cristina Mirra – Fonte: Pressenza