Transiberiana: molto più di un treno
All’inizio di questa esperienza, quando cercavamo di organizzare il tutto, spesso venivamo sommersi da pensieri di ogni genere, per non parlare di paure di ogni tipo. Come faremo a procurarci i biglietti non sapendo il russo? Riusciremo a comunicare? Ma soprattutto, riusciremo a resistere a ore e ore se non giorni all’interno di un treno che da un centinaio d’anni ospita milioni di persone e che attraversa l’Europa orientale e l’Asia settentrionale?
Scegliere la Transiberiana significa viaggiare lungo percorsi e spazi interminabili: le grandi città, i boschi, i laghi della Russia, l’immensa Siberia, la Mongolia e la Cina. Significa viaggiare lungo una linea ferroviaria che da Mosca si dirama in due direzioni: verso Vladivostok (oltre 9000 km) e verso Pechino (circa 6000 km).
Ne avevamo sentito parlare, avevamo letto libri e visto video, ci eravamo documentati e ascoltato i racconti di chi, prima di noi, l’aveva vissuta. Nessuno ci aveva mai avvisato, però, che sarebbe stato centomila volte meglio della nostra immaginazione, delle nostre ricerche e dei racconti altrui.
Il viaggio
Passeggiando all’interno della stazione di Mosca ti accorgi che l’Europa è lontana. Te ne accorgi dai volti scavati delle persone, dall’architettura Bauhaus dei palazzoni che ti avvolge ma non ti opprime. Sei esposto al freddo russo, al freddo degli sguardi apparentemente severi di passanti sconosciuti che poi ti regalano un timido sorriso scaldandoti il cuore. I russi non sono freddi come si può pensare, sono timidi in realtà, ma la loro accoglienza è inconfondibile e l’abbiamo sperimentata già nel corso della prima tratta che, all’interno del cavallo metallico, ci ha accompagnato verso l’estrema Russia. Questo treno macina regolarmente più di 7000 km attraversando tre stati e cambiando ben dieci fusi orari. Anche se le tratte spesso possono risultare lunghe – basta pensare al fatto che da Mosca a Pechino ci si impiega 7 giorni – abbiamo scoperto che annoiarsi è impossibile.
Tutti sanno che per conoscere la cultura di un paese bisogna viverlo, mangiare come i suoi abitanti e spostarsi come loro, per questo la Transiberiana è un ottimo mezzo di scambio inter-culturale, soprattutto se si prende posto in terza classe, quella più umile, il vero cuore pulsante di questa casa metallica.
I vagoni letto sono aperti e comunicanti, favorendo le conversazioni tra i passeggeri. All’inizio di ogni vagone c’è la stanza della prodnovista (l’addetta alla sicurezza e alla pulizia del vagone che, se le stai simpatico, si prenderà cura di te per tutto il tragitto) dove trova spazio un enorme bollitore d’acqua in modo tale da poterti preparare caffè/the e cucinarti i cari e tanto amati noodles istantanei, un cibo alla portata di tutti.
Trovare qualcuno che parli in inglese all’interno della Transiberiana è difficile ma non impossibile, e comunque la lingua non è un ostacolo: lo straniero infatti, come quasi in tutto il resto del mondo, è accolto come un amico di famiglia. Tutti vogliono scambiare parole con te, sapere da dove vieni e perché ti trovi lì. C’è chi è solo curioso e con leggero imbarazzo ti chiede una foto insieme e subito dopo ti versa della vodka nella tazza. C’è chi deve affrontare un viaggio di tre giorni per andare a lavorare e sa che starà lontano da casa in terre estreme per un lungo periodo e allo stesso tempo vuole condividere con te la sua storia e il cibo che la moglie ha preparato per lui.
Il tempo
La notte in treno è lunga e la provodnitsa passa di letto in letto a lasciare lenzuola e asciugamani in modo tale che ciascuno di noi possa adibire al meglio la sua tana. Il treno tace in un’atmosfera quasi surreale; si sentono solo i movimenti delle coperte, il russare, qualche pianto di bambino, i tintinnii dei bicchieri da the.
La mattina invece si fa largo in fretta con i primi sbadigli e l’odore del the nell’aria. Scendere giù dalla cuccetta può risultare un po’ traumatico, ma niente che non si possa risolvere con dei mini croissant.
Nina, la mamma di Serjey, seppur parlando solo in lingua russa, si avvicina a noi donandoci una barretta di cioccolato. Ci scopriamo imbarazzati e impreparati davanti a queste gentilezze: quando qualcuno che non conosci, soprattutto se di una cultura differente dalla tua, spontaneamente condivide con te quello che ha, finisce che resti sorpreso. Tra una fermata e l’altra, Serjey ci racconta della sua passione per la storia, delle sue amicizie con ragazze italiane durante gli scambi culturali e ci spiega le diversità tra il linguaggio russo e quello italiano.
Il cambiamento culturale è un po’ come il cambiamento continuo del paesaggio a cui si assiste dal finestrino del treno: se prima là fuori scorrevano solo case, mura dalle tonalità grigie e tristi, ora invece è piena natura con betulle a iosa e il verde che predomina su tutti gli altri colori.
Anche le persone che ti affiancano nel viaggio cambiano costantemente come le emozioni ad ogni nuova fermata quando la frenesia, la gioia ti pervade anima e corpo e ti rende entusiasta nel comprendere come tutti possiamo essere amici senza pregiudizi.
Percorrendo 3000 km in tre giorni, tutti quei dubbi che dapprima ci tormentavano su come avremmo occupato il tempo sono stati spazzati via dalle improvvisate lezioni di italo-russo da parte di uno studente universitario e dalle sorprendenti e intonate note sulla canzone di “Bella Ciao” cantata appositamente per noi. Il tempo, a volte così tiranno e a volte così amico, è volato via in un dolce cullare metallico in cui gli odori e i suoni sono in costante mutamento, dove le barriere linguistiche non sono un problema.
Il viaggio in Transiberiana ti rivela cose che non ti saresti mai immaginato, non perché non ne fossi a conoscenza, non perché non eri informato adeguatamente, ma semplicemente perché non eri ancora pronto a godertelo.
testo a cura di Anna Elisa Sida
Foto di Matteo Maimone
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