Tormento: «Una bella canzone ci riequilibra a livello fisico, mentale e spirituale»
Massimiliano Cellamaro, all’anagrafe, ex membro dei Sottotono da molti conosciuto anche con lo pseudonimo di Yoshi Torenaga e/o Tormento è tornato con un nuovo album, “Dentro e Fuori”. Un progetto molto ambizioso e ben riuscito, grazie anche alla collaborazione di Shablo, noto producer italiano. “Dentro e Fuori” è un insieme di molte cose, in cui innovazione e sperimentazione abbracciano tradizione e classicità. Un album che rompe le barriere mentali che quotidianamente ci influenzano e che aiuta a raggiungere una nuova consapevolezza musicale e personale. Un progetto decisamente corposo che consacra l’evoluzione di un’icona indiscussa del rap italiano.
In “Dentro e Fuori” si percepisce la presa di coscienza, un po’ nostalgica, di un ciclo di vita che si conclude, ma anche la grande voglia di continuare a combattere. Possiamo dire che quest’album segna ufficialmente la tua maturità?
Innanzitutto grazie per questa intervista, siete la mia rivista preferita ed è un onore comparire su queste pagine. Eroi! Continuate così! Tornando alla domanda devo dire che prima di questo album è stato mio figlio a segnare ufficialmente la mia maturità. La musica è stata una terapia per affrontare tutto questo. La Musica mi ha sempre chiesto tutto, ha deciso le città in cui dovevo vivere, si è presa la mia vita privata oltre che quella artistica, fin da piccolo. L’arrivo di mio figlio ha segnato un grande cambiamento, è diventato lui la mia priorità. All’inizio, per non togliere ore alla musica e godermi appieno mio figlio evitavo di dormire, finché il fisico ha ceduto. Avendo meno ore a disposizione in studio ho voluto ulteriormente migliorarne la qualità, ho dedicato tanto tempo a me stesso. Andando a letto presto e svegliandomi all’alba, godendomi ogni secondo e mettendo in ogni gesto una nuova consapevolezza. Questo mi ha riportato con i piedi per terra, fisicamente. Ha calmato la mia mente. Poco più di un anno fa mi sembrava finita un’epoca, non vedevo una via d’uscita, ho dovuto smettere di fantasticare e ritrovare contatto con la realtà. Ho scoperto grazie alla musicoterapia il potere curativo del suono e il vero significato ancestrale che ci lega alla musica. Una bella canzone ci riequilibra a livello fisico, mentale e spirituale. Quando vogliamo scappare da tutto una canzone è un ottimo rifugio. Iniziando questo studio mi si è aperto un mondo nuovo e sconfinato. Ho dovuto buttare via un po’ di cose di me che non mi piacevano e Shablo è stato un bel faro in quel periodo difficile. Ha saputo tentarmi con musica attuale in cui ritrovavo le radici della musica che mi ha cresciuto. Mi ha affiancato produttori giovani come Zef, Sonny Carson & 24SVN, i 2nd Roof, Big Joe, David Ice, Ackeejuice e Keedoman. Hanno saputo proiettarmi su sonorità attualissime ma che, allo stesso tempo, potevo sentire mie al 100%. Producer con più esperienza come Shablo e Sir Merigo hanno poi saputo creare le atmosfere adatte ai brani più riflessivi. Ho imparato ad apprezzare generi lontanissimi dai miei gusti, vedere mio figlio che balla il GamGnam Style a 2 anni mi ha fatto capire che la musica deve saperti coinvolgere, che sia commerciale o meno sono solo chiacchiere. Ognuno si gode la musica più vicina alle proprie frequenze.
Ascoltando l’album si percepisce una creatività forte e inarrestabile: c’è stato un evento in particolare che ha scatenato questo flusso?
L’ho ricercato! È il potere che tutti abbiamo e che in pochi si fanno la “sbatta” di usare. Perché è una sbatta! Insomma, per dirla in italiano, ci vuole un sacco di passione per raggiungere dei risultati. Ad un certo punto, avendo ricevuto poco supporto per i progetti come Yoshi e dopo tutte le energie messe ne “El Micro de Oro” con il Grandmaster Primo mi sono chiesto a chi fosse rivolta la mia musica. Ero davvero in crisi, c’è un lavoro enorme dietro un album e non sapevo se mi andava più di farlo. Ho semplicemente chiesto all’Universo cosa volesse da me, cosa ero qui per fare. Ma l’Universo non ti risponde subito, ci mette un attimo, pretende una tua azione. E ogni tua azione la moltiplica in modo esponenziale. Devi iniziare ad agire in una direzione e mettere le tue energie più belle in ogni gesto, come ti raccontavo prima. Invece ci lasciamo distrarre troppo facilmente da input sempre nuovi, facciamo un po’ tutto in maniera meccanica, pensando sempre ad altro. Questo vuol dire diventare automi, se ogni azione è frutto di un’abitudine la vita perde di significato. Il lavoro è passione, impegno. Energie che i loro risultati li danno, se butti energie a caso avrai risultati casuali. Il cibo, la musica, l’Arte, il rapporto con gli altri, con noi stessi, tutto questo ha una sacralità che non puoi mettere da parte. O almeno, per me, rappresenta il succo della vita. Sono contento che tu abbia parlato di flusso creativo che si percepisce dall’album perché nel momento in cui apri nuove porte è proprio ciò che accade, hai accesso a nuovi input creativi. Per un rapper ti assicuro che non è facile fare un salto del genere ma ho deciso di rompere le barriere che mi costruivo da solo, non mi appartengono.
Uno dei concetti chiave dell’album è l’introspezione e il cambiamento della singola persona da cui inizia il cambiamento del mondo circostante. Sappiamo anche che ti sei avvicinato alla Cimatica, disciplina che studia la relazione tra onde e suoni che creano forme geometriche. Quando e come è iniziato questo tuo periodo New Age?
Purtroppo hanno massacrato il termine New Age, io preferisco chiamarla New Age Funk, per ridarle una certa rispettabilità. A parte le battute, è da quando ho 16 anni che faccio corsi di meditazione e le tecniche di respirazione apprese in gioventù mi sono poi tornate utili nel rap. Sono sempre stato affascinato dalla meditazione, dalla filosofia orientale. Adoro da sempre anche il movimento Hippie e la psichedelia degli anni ‘70, molti dei miei miti musicali appartengono a quel periodo. Così come la New Age anche il movimento Hippie è stato ridicolizzato ma in realtà anticipava quest’Era dell’Acquario che è arrivata. Se oggi esiste uno stile di vita alternativo che ha visto nascere gli ecovillaggi, la permacultura, insomma un nuovo modo di vivere e di comunicare lo si deve ai pionieri degli anni ‘70. Come ti raccontavo prima, da una crisi personale mi sono avvicinato alla sacralità del suono, dei numeri, della geometria. Un po’ tutto è geometria sacra e suono: dalla Natura al nostro corpo passando per Arti e i mestieri. Dalla Musica all’Architettura, dalla Danza alla Pittura, l’Arte ci rapisce quando è in armonia con l’universo, che sia Gangsta Rap o musica neo-melodica. Nel momento in cui ti rapisce è Arte. Quando non pensi più semplicemente sei. Questo è il grande potere dell’Arte, ferma il tempo, ti lascia sospeso. Non sono argomenti che vanno molto di moda in Italia, ma il mio ruolo è sempre stato un po’ da outsider.
Sul CD è stampato un mandala, in che modo si collegano i mandala alla Cimatica?
Sul cd abbiamo ripreso il Fiore della vita. C’è tutto, raccontato in un semplice simbolo. È la matrice della nostra galassia, ha diverse interpretazioni. Rappresenta anche la storia di Zeus (il cerchio centrale) e tutti gli altri Dei attorno, dove ogni Dio rappresenta un lato del carattere dell’uomo. I fiori e i petali che si formano delimitano zone che possono comprendere diversi lati del nostro carattere. Allo stesso modo, nella nostra cultura, il carattere dell’essere umano è descritto dalle Maschere Napoletane. Quando inizi a studiare la storia che raccontano questi simboli ti affascinano i mandala o i fioroni delle chiese se hai un approccio religioso, la Cimatica se il tuo approccio è scientifico. La Cimatica studia come il suono influenzi gli elementi. Che forma prende l’acqua se viene attraversata da un suono? Sulla superficie disegna geometrie incredibili. E noi di cosa siamo fatti? Acqua. Come reagisce il nostro corpo quando viene attraversato da un suono? La musica cambia la disposizione delle nostre cellule! Quanto ne sappiamo di tutte queste sensazioni? È un nuovo/antico approccio alla musica, a noi stessi. Tutto l’Universo è un unico organismo in cui tutto è connesso. Le piante e gli animali comunicano tra di loro in maniera eccezionale, è la scienza a dircelo. Una cooperazione che è anche un grande esempio da seguire. Spesso scegliamo di disconnetterci volontariamente ma anche chi ha successo nella vita materiale sa, che per ottenere un risultato, devi essere perfettamente centrato. Sapere dove stai andando, avere un buon piano per arrivarci e lavorare giornalmente. Se non sai dove stai andando, meglio che ti fermi e ci rifletti un attimo, aka meditare.
Questo album riprende dei suoni più universali e meno underground, rispetto agli ultimi tuoi lavori. È stata una scelta pensata quella di allontanarti dall’underground?
Si una scelta ben precisa, anche per quanto riguarda le collaborazioni. Ho scelto chi cerca di parlare non solo ad una cerchia ristretta di pubblico. È chiaro che i mie amici di sempre restano artisti underground, così come molti tra i big del mainstream. Poi la mia visione dell’underground è un po’ particolare, credo che debba sempre reinventarsi senza chiudersi in pre-concetti. Personalmente penso che debba spingere l’asticella sempre un po’ più su a costo di rompere degli schemi ben precisi. Quando sono arrivati i Sottotono rappresentavano già una nuova scuola in questo senso e via agli scontri di freestyle con la vecchia scuola. Una critica che muovo all’underground è che di base l’Amore per il prossimo, e soprattutto per un collega artista, dovrebbe aiutarti a non vedere nemici ovunque. Ma io sono un caso a parte, gli artisti che mi hanno formato hanno sempre sforato nel pop, se penso a Brian McKnight, Donnel Jones, così come Marvin Gaye o Curtis Mayfield, Bobby Womack, Kc & Jojo. Non a caso oggi adoro The Weeknd che ha lo stesso timbro, vibrato e linee melodiche di Donnel Jones. R’n’b degli anni novanta potenziato 2015.
Non facendo uscire l’album “Uno, nessuno, centomila”, che precede questo, hai voluto lanciare un messaggio al mondo underground, ovvero che la musica perde valore e senso senza il supporto della scena. Hai affermato (in una tua intervista) che la scena “underground non esiste”. Qual è stato il momento in cui ha smesso di esistere?
Io ho creduto nell’Hip Hop underground da sempre. Dalle prime jam ai momenti di maggior successo non ho mai pensato come un cantante pop e un po’ me ne pento. Al di là della percezione che ha di me il pubblico io l’ho sempre vissuta con un rispetto che spesso nascondeva paraocchi inutili. Dopo il mainstream sfrenato dei Sottotono volevo poter dimostrare che un artista bravo puo’ vivere della propria Arte, ma un artista underground non vive, sopravvive. E questo non è giusto! Perché se sei un artista underground non puoi avere un bell’albergo? Una cena decente, un backstage tranquillo dove concentrarti. Mi hanno sempre tutti trattato con grande riguardo quando mi hanno ospitato a suonare, ma spesso i mezzi che hanno a disposizione i promoter Hip Hop non permettono le comodità. L’underground oggi sarebbe una realtà se artisti come Johnny Marsiglia, Nayt, Louis Dee, Freddie Key o due geni come Fritz e Noyz restassero in classifica più settimane di Ligabue. Se ci pensi chi ha successo oggi nel rap underground non ha un pubblico esclusivamente rap, raccoglie consensi in maniera più trasversale. Non c’è un momento in cui l’underground ha smesso di esistere, c’è chi ha mollato prima del 2000, chi come me ha smesso di crederci da poco e chi ci crede ancora. Ma il pubblico ci ha creduto? Oggi spero di raccogliere un pubblico che mi segue da sempre, con cui sono cresciuto e che spesso non fa’ parte del pubblico Hip Hop. Ho concepito “Dentro e Fuori” come un album che parlasse ai miei coetanei, i genitori degli altri bimbi che incontro all’asilo quando vado a prendere mio figlio. Parlando con loro mi sono reso conto che c’è bisogno di un po’ di pepe nella musica che ascoltano e se avessi continuato a concepire progetti underground non li avrei mai raggiunti. È una scelta del linguaggio che vuoi utilizzare, se fai solo scale pazze jazz parlerai solo ai jazzisti, non si scappa. Parola di Roy Hargrove.
Ritornerà prima o poi a splendere come negli anni ‘90 il panorama underground?
Artisticamente splende alla grande… in molti casi manca solo un po’ di preparazione. Tanta spontaneità ma poco studio. Così come nei ’90 ci fu l’esplosione di gruppi Hip Hop, oggi vediamo il web (e non solo) invaso dal Rap. Oggi come allora c’è chi fa’ la differenza, ci sono i mostri a fare il rap la’ fuori, lo dico sempre ai giovani che vogliono intraprendere questa strada. La differenza la fa’ lo studio. Puoi essere un ottimo beat maker, un bravo rapper, ma concepire una canzone è un’altra storia. Ti stai mettendo a confronto con Thriller di Michael Jackson e Quincy Jones, per citare solo alcuni mostri sacri. Si scherza, ma neanche troppo. Lo studio che c’è dietro la scelta di un synth, un beat, uno strumento musicale, così come nella scelta di un timbro particolare, capacità tecniche al microfono e una buona emissione del suono sono solo alcune delle infinite cose da studiare. Mettici pure che in Italia mancano le strutture che curino la promozione e la comunicazione che ogni progetto pretende, e ciao. Tanti bei progetti che poi nessuno cura, promuove e nessuno compra…che parodosso assurdo!
3 dischi a cui sei affezionato?
Marvin Gaye “I Want You”, D’angelo “The Black Messiah”, Tupac “All Eyez on Me”…no, tre non ce la faccio!!! N.W.A. “Straight Outta Compton”, Bone Thugz & Harmony “E-1999”, Musiq Soulchild “JusListen”, Jamie Lidell “Multiply”, Paolo Nutini “Caustic Love”… ce n’è, ce n’è.
La notizia di una possibile reunion con Fish ha fatto impazzire il web, c’è davvero qualche possibilità o è la solita notizia ingigantita e storpiata dai social?
Sì, devo dire che i miei argomenti sulla Cimatica non hanno smosso lo stesso interesse. Eppure nella stessa intervista è bastata una battuta su una possibile reunion per far saltare tutti sulla sedia. Wad, il presentatore di Hip Hop Tv, ha solo espresso quello che è un pensiero comune e, il riscontro che la notizia ha ricevuto sul web, ne è la conferma. La questione è un po’ delicata, io e Fish siamo davvero in piena con le nostre produzioni soliste. Negli anni abbiamo acquisito un knowledge e un riconoscimento da parte degli “addetti ai lavori” che non è da molti in Italia. Oggi sarebbe un po’ riduttivo per noi fare i “Sottotono”. Abbiamo chiare strade musicali in testa, mi spiace che gran parte del pubblico non riesca a vederci come artisti completi al di fuori della parentesi Sottotono. Se tutti si mobilitano per una reunion, perché non fanno lo stesso per un nostro album solista? Non capisco, non ha senso, sono sempre io che canto. Oppure vuoi un juke-box che ti canta le vecchie hit per sempre?
Tutti dicono che il tuo miglior disco e “Sotto effetto stono”, tu invece quale pensi sia il tuo miglior disco?
Come qualità e livello di produzione “Alibi” è irraggiungibile! Avevo a disposizione un recording budget da capogiro, ho imparato tanto grazie alla D’Alessandro e Galli. Ma senza togliere nulla a nessuna delle mie produzioni passate, “Dentro e Fuori” rappresenta una mia rinascita artistica e personale. Ho abbattuto confini e barriere, sia musicali che spirituali. I primi feedback mi confermano quella che, durante la lavorazione di questo album, era solo una sensazione. È apprezzato da chi di musica ne capisce e pretende una produzione musicale di qualità, allo stesso tempo la semplicità del linguaggio avvicina all’ascolto anche chi vive la musica con più leggerezza. La mia speranza è che arrivi a più gente possibile un messaggio positivo e propositivo, in piena controtendenza con l’immaginario collettivo violento in cui vivamo immersi di questi tempi. Per questa possibilità devo ringraziare Shablo, Giovanni Valle e la Thaurus Record. Hanno creduto in questo progetto così com’è, sono parte integrante di questo album e se ha visto la luce è grazie ai loro sforzi.
Il feat. con Emis Killa ha sicuramente lasciato a bocca aperta l’80% della scena, me compresa. Che messaggio hai voluto lanciare con questa provocazione?
A me la super combo di “Stai al gioco” piace parecchio. Io, Coez ed Emis siamo davvero un trio folle ma l’esperimento mi sembra riuscitissimo. Il beat di Shablo regala un campo neutrale, stile originale al 100% nella produzione. Un mix di Hip Hop, elettronica e Soul dal gusto Nord-Europeo. Ha sonorità che in Italia non ho ancora sentito. Chiaramente avere Emis sul mio album è anche una provocazione, per mostrare che certi confini non esistono. Se Emis da piccolo si sbatteva per andare alle gare di freestyle (e vincerle), ha tutto il diritto oggi di vivere il rap come meglio crede. I pochi a cui ho visto fare un percorso simile sono tutti diventati “qualcuno”, che fosse nell’underground o nel mainstream. Ognuno è libero di disegnare la propria strada come meglio crede.
Sei indubbiamente un’icona della cultura HH degli anni ’90, come ti rapporti con questo ruolo?
Molto semplicemente..a volte è un po’ ingombrante e penso che se in passato avessi dato importanza a questa cosa mi avrebbe soffocato. Questo perché non mi sembra che in Italia si sia costruita una vera e propria coscienza Hip Hop. Spesso puoi arrivare a viverla come una sconfitta personale ma la questione è più grande di ognuno di noi. Per me è un onore far parte dell’immaginario Hip Hop come una figura di rilievo, è il sogno della mia vita. Appagante per l’ego ma nella vita quotidiana i problemi ti prendono a schiaffi. Produrre musica è molto costoso. La promozione, distribuzione e video-making sono ancora più costosi. Mi fa piacere poter dare delle dritte ai più giovani, perché sono passato prima di loro attraverso percorsi simili. Ma d’altro canto vedere che il mercato musicale premia sempre e solo il fenomeno del momento mi mette un po’ di tristezza…anche frasi come “il tuo miglior disco resta Sotto Effetto Stono” sono parole che un artista non riuscirà mai ad accettare. Non vivo nel passato, oggi sto già progettando quello che farò tra tre o quattro anni.
“Se non fumassi” è uno dei tuoi pezzi storici che parla della controversa canapa. Cosa ne pensi del fermento che c’è attualmente in Italia verso la canapa?
Da fumatore accanito quale ero posso dirvi che non bisogna lasciare che la ganja diventi l’ennesima distrazione. Come movimento per la legalizzazione bisogna ancora maturare una consapevolezza sulla sacralità che c’è dietro i gesti e l’assunzione di sostanze psicotrope. In questo mio nuovo album c’è la consapevolezza che il cambiamento deve avvenire dall’interno. È importante capire che uso ne facciamo, non credo nell’uso ludico. È terapeutica anche quando aiuta a rilassarci o ispira nuove idee ma il vero e suo unico scopo ritengo che sia religioso, di ricerca interiore, ma il discorso diventa molto delicato. Vedo troppa gente fumare (o bere) senza capire che energie sta mettendo in moto. Molte di quelle energie potrebbe azionarle senza assumere nulla e in modo più equilibrato, imparando a conoscersi. La questione della canapa, e molte altre, si risolveranno solo quando questo paese farà pace con se stesso, per ora mi sembra più che siamo tutti contro tutti.
Grazie Dolce Vita per questa chiacchierata, in pochi ambiti si possono affrontare tasti dolenti con la tranquillità che ci vuole per analizzarli e superarli. Lo stile alternativo di vita che sogniamo lo stiamo costruendo per i nostri figli, mi sa che siamo parecchi anni avanti sulla realtà. Grazie per aver apprezzato “Dentro e Fuori”, il concept a cui è legato e… Spargete la voce!