Contro-informazione

Tibet: una civiltà ferita

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Il Tibet, una nazione indipendente con una storia che risale al 127 a.C., è stato invaso nel 1950 dalla Repubblica Popolare Cinese. La conquista del territorio del Tibet e del suo popolo da parte della Cina ha provocato ripetuti atti di repressione. Il 10 marzo del 1959, la resistenza tibetana è culminata in un’insurrezione nazionale contro i cinesi.

E’ chiaro che l’invasione e l’occupazione del Tibet è stata un atto di aggressione e violazione delle leggi internazionali. Oggi il Tibet è oppresso da un’occupazione cinese, illegale e repressiva.

Sua Santità il Dalai Lama, i membri del suo governo e circa 80.000 tibetani sono fuggiti dal Tibet e hanno cercato asilo politico in India, in Nepal e in Bhutan. Oggi vi sono più di 120.000 tibetani in esilio, inclusi oltre 5.000 che vivono al di fuori del subcontinente indiano. Per sfuggire alle persecuzioni cinesi, dal Tibet continuano ad arrivare moltissimi rifugiati tibetani.

Dall’occupazione della Cina Comunista del Tibet nel 1949 più di 1 milione e 200 mila tibetani hanno perso la vita e hanno sofferto a causa di gravissime violazioni dei diritti umani di base. I tibetani che risiedono in Tibet hanno subito stermini razziali, distruzioni ambientali, distruzioni dei monasteri, esclusione economica e dispersione dei gruppi di allevatori nomadi.

Anche se attualmente il Tibet è una Regione autonoma della Cina, i tibetani sono diventati una minoranza all’interno del loro stesso Paese e nulla fa pensare ad un’inversione di tendenza. Per la prima volta nella sua storia il Tibet ha conosciuto periodi di carestia in seguito alla collettivizzazione imposta dai cinesi, le risorse naturali sono state saccheggiate, la fauna locale quasi estinta mentre la stessa sopravvivenza della cultura tibetana è gravemente minacciata.

Sua Santità il Dalai Lama, capo spirituale e politico del Tibet attualmente in esilio in India, ha fatto varie proposte ai leader cinesi come gesto di buon augurio per risolvere le diversità di opinione e per trovare una soluzione soddisfacente alla questione del Tibet, ma la Cina non ha mai risposto affermativamente e si è sempre rifiutata di iniziare i negoziati.

A partire dal 1987 fino al 2008 il governo cinese ha risposto alle proteste pacifiche del popolo tibetano imponendo un regime di legge marziale non dichiarato. Di conseguenza i tibetani hanno iniziato ad autoimmolarsi, per non dover agire violentemente contro qualsiasi cittadino cinese che avrebbe potuto rimanere coinvolto, con la sola intenzione di mostrare la loro sofferenza attraverso il sacrificio delle loro stesse vite. Il numero delle immolazioni è 71 vittime, un incredibile record mondiale nella storia delle battaglie dell’umanità per la libertà. I martiri, dei quali il più giovane aveva solo 15 anni, sacrificano le loro vite nel tentativo di mostrare la gravità e il dolore estremo di coloro che vivono all’interno del paese.

Tra il 1979 e il 1984, il Dalai Lama ha inviato quattro delegazioni esplorative in Tibet e due delegazioni a Pechino per condurre colloqui ad alto livello con i leader cinesi, colloqui che non hanno avuto successo perché i cinesi non intendevano discutere alcun tema importante limitandosi a proporre il ritorno dall’esilio del Dalai Lama. Tuttavia la questione non riguarda il Dalai Lama, ma un popolo intero.

Purtroppo, sino a quando la Cina non comprenderà i veri sentimenti e aspirazioni del popolo tibetano, sarà molto difficile trovare una soluzione al problema, né tantomeno si potrà tornare a parlare di indipendenza.

Silvia Crema



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