Il testamento spirituale di Thomas Sankara
Nell'anniversario della nascita del carismatico leader, approfondiamo un lato poco raccontato della sua figura
Nella storia dell’umanità ci sono stati tanti personaggi attorno ai quali sono state spese pagine e pagine di libri, articoli, riviste. Tra questi c’è sicuramente Thomas Sankara.
Per questo sarebbe ridondante tornarci su per offrire l’ennesima apologia del politico che è stato o delle sue idee, però soffermarsi su alcuni aspetti del suo agire, del suo influenzare la Storia è interessante per mostrare come, tra le varie rivoluzioni a lui attribuite, ce n’è una di cui si parla pochissimo.
Tutti sanno che con la sua idea di decolonizzazione politica, economica e culturale, Sankara ha segnato non solo un Paese, il suo il Burkina Faso, ma un’epoca intera. Politico progressista, precursore di almeno 20 anni di tematiche e politiche diventate mainstream oggigiorno, è stato portatore di una rivoluzione popolare e democratica fondata sull’anticapitalismo, sull’eradicazione la corruzione, sul miglioramento delle condizioni delle donne burkinabè, sull’allargamento dell’educazione e della salute pubblica per la sua popolazione.
Ciò detto, uno dei punti chiave del suo agire, ma di cui troppo poco si conosce e si è scritto, è la spiritualità.
Con questo termine si intende quel percorso di ricerca di consapevolezza tra trascendenza e immanenza in lui spiccato: il pensiero di Sankara è intriso di un cristianesimo militante di liberazione dall’oppressore – figlio della sua educazione familiare – di marxismo, di panafricanismo, mirato ad alimentare una morale universale, secolare svincolata dall’occidente e dal suo dominio coloniale centenario per poter migliorare le condizioni di vita dei più poveri (africani e non).
Nel suo intervento del 1987 all’OUA (Organizzazione per l’unità africana) sul debito africano, Sankara parla di morale, etica, parla di Bibbia e Corano, parla di poveri e ricchi. Potremmo considerarlo un lascito, un manifesto ideologico per i posteri. Una miscela profonda che fonde politica, socialità e giustizia, permeata tanto di un pensiero trascendente “spirituale”, quanto di quello immanente del comunismo “marxista”. Un pensiero che vale la pena ricordare:
“Tra il ricco e il povero non c’è la stessa morale. La Bibbia, il Corano, non possono servire nello stesso modo chi sfrutta il popolo e chi è sfruttato. C’è bisogno che ci siano due edizioni della Bibbia e due edizioni del Corano. Non possiamo accettare che ci parlino di dignità. Non possiamo accettare che ci parlino di merito per quelli che pagano e perdita di fiducia per quelli che non dovessero pagare. Noi dobbiamo dire al contrario che oggi è normale si preferisca riconoscere come i più grandi ladri siano i più ricchi. Un povero, quando ruba, non commette che un peccatucolo per sopravvivere e per necessità. I ricchi, sono quelli che rubano al fisco, alle dogane. Sono quelli che sfruttano il popolo.”
a cura di Fahbro aka Fabrizio Fiorilli
Amante di musica, spiritualità e basket. Vegetariano e No Global convinto