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The Doors: alcuni sono nati nel dolce piacere, altri nella notte senza fine

The-Doors-Jim-Morrison

Le informazioni, le notizie, le curiosità, le incisioni, le liriche, riguardanti i gruppi musicali europei e americani negli anni ’60, erano molto difficili da reperire. Solo di sera o molto tardi si potevano ascoltare alcune radio inglesi e olandesi che trasmettevano musica nuova, diversa. Si comperava un disco, aprendo le porte del negozio con una curiosità morbosa, scegliendo a caso; facendosi scegliere dalle copertine, seguaci di una nuova setta chiamata “musica rock” che a seguito dei fatti mirabili del rock’n’roll degli anni cinquanta prometteva miracoli (trasgressione, divertimento, erotismo, droghe, iconoclastia).

Avemmo la fortuna di assistere a un nuovo rinascimento che come quello più famoso coinvolse tutte le arti mettendo sul piatto della storia sia i precursori che i manieristi. Tutti i generi musicali dell’epoca vennero mischiati, in una rivoluzione senza precedenti nella quale si fusero, senza perdere la propria individualità, il blues e la musica popolare irlandese, gli spirituals e il rock’n’roll, il jazz e la musica classica, le melodie mediterranee e i ritmi sudamericani, i rumori industriali e la poesia dei cantautori, il punk e il country. Si creò così un nuovo albero musicale che nutrendo le proprie radici nella fertile terra della musica afro-americana, fiorì in un caleidoscopico insieme che aprì e nutrì le nostre menti, chiuse dalle porte delle conformità e dei tabù.

E’ in una di quelle notti insonni, con domande sulla vita, gli amori, le paure, gli amici, con una piccola radio sotto alle coperte, che sentii per la prima volta “Break On Through” dei Doors. Da dove veniva quella musica? Da quale universo-diverso venivano quei musicisti che invitavano ad “Aprire un varco” dicendoti: “Tu sai che il giorno distrugge la notte / La notte divide il giorno / Ho provato a correre a nascondermi / Apriti un varco dall’altra parte”. Era proprio quello che sentivamo in tanti: un malessere, un disagio, un’incomprensione verso gli adulti che non capivano… no, non capivano. Non so come, ma volevamo proprio aprire un varco “dall’altra parte”. Bob Dylan aveva annunciato che la risposta “soffia nel vento”; ma forse non bastava. In tanti cercammo di trovare risposte nel pensiero di filosofi e poeti, ma le porte si stavano appena socchiudendo e non si vedeva molta luce “dall’altra parte”.

Saranno queste porte chiuse, che Jim Douglas Morrison (8 dicembre 1943 – 4 luglio 1971) tenterà di abbattere per tutta la sua folle e breve vita, usando il “piccone” della musica e della poesia. Raccontò lui stesso di essere stato scelto per una missione quando da piccolo assistette a un incidente d’auto mortale; lo spirito di un indiano pueblo entrò in lui e da allora niente fu come prima. La sua adolescenza, schiacciata tra un padre autoritario, in carriera militare, e una scuola assurda, fece di lui un precursore delle rivolte studentesche. Ribelle all’autorità degli insegnanti, con difficili rapporti con i suoi coetanei, cercò fin d’allora situazioni estreme, drogandosi e ubriacandosi fino all’incoscienza. La sua voglia di “aprire un varco” lo avvicinò ai poeti francesi e ai filosofi, specialmente a Nietzsche, il quale asseriva che alla sofferenza della vita c’era una “ricompensa” nella dissoluzione della coscienza personale, nella “Primaria Natura dell’Universo”, e cioè quella che Jim Morrison chiamava la “Mente Universale”.

Arrivato in California, terra promessa negli anni ’60 per tutti i giovani americani, conobbe all’Università di Los Angeles, Ray Manzarek che come lui seguiva un corso di cinema al quale partecipava anche Francis Ford Coppola che avrebbe diretto molti anni dopo Apocalipse Now e altri film di successo. Più grande di lui di alcuni anni, Manzarek aveva la stima dei professori per le sue capacità di regista; ma anche Jim, era molto stimato per le sue doti intellettuali. Le sue conoscenze filosofiche e letterarie gli avevano permesso di farsi apprezzare in diversi corsi e la sua memoria stupiva gli stessi amici con i quali intavolava discussioni infinite sull’arte e la letteratura. Manzarek aveva un gruppo rock che si chiamava “Rick and the Ravens” con il quale suonava covers dei Rolling Stones e pezzi di rock’n’roll.

Un giorno, a Venice (che era stata negli anni ’50 la mecca della Beat Generation e dove ancora risiedevano artisti, poeti, musicisti) Manzarek incontrò Jim Morrison sulla spiaggia e gli chiese cosa stesse scrivendo. Jim rispose “Scrivo delle canzoni” e gli recitò alcuni versi di “Moonlight Drive”: – Nuotiamo verso la luna / Arrampichiamoci attraverso la marea / Penetriamo la sera che / La città dorme per nascondere… / Vieni bambina facciamo una passeggiata / Giù, giù nell’Oceano / Se andiamo, staremo stretti / Bambina stasera annegheremo / Vai giù, giù, giù… – . Ray Manzarek gli disse che non aveva mai sentito versi più belli e che voleva fare una band di rock‘n’roll con lui come cantante. Nel giro di pochi giorni, sciolto il primo gruppo, Ray Manzarek ingaggiò Robby Krieger e John Desmore compiendo una scelta che ha del prodigioso.

The Doors

Krieger era un chitarrista meraviglioso che sapeva trarre suoni acidi e psichedelici dalla sua chitarra con un gusto flamenco molto personale; (pochi ricordano che uno dei migliori pezzi dei Doors – “Light my fire” – è opera sua). Desmore era un batterista jazz che seguiva con assiduità corsi di discipline orientali e che si fuse alla perfezione nell’amalgama della musica dei Doors con la sua leggerezza ed eleganza di tocco. Ray Manzarek, con la mano sinistra suonava il basso-tastiera Fender e con la destra l’organo Flash Gordon che darà quel suono inconfondibile, a volte ipnotico e a tratti lussureggiante, alla musica dei Doors. Messi sotto pressione da Manzarek con prove incessanti che duravano cinque giorni alla settimana, i Doors cominciarono a suonare nei weekends ai matrimoni e alle feste nelle scuole. Era Ray Manzarek che cantava quasi tutte le canzoni perché Morrison era troppo impaurito dal pubblico. Nel giro di qualche settimana, però, i Doors cominciarono a suonare le proprie canzoni nei locali del Sunset Strip di Los Angeles e Morrison prese sempre più coscienza delle sue capacità canore e del fascino che esercitava nel pubblico.

Nel gennaio del 1967, uscì l’album “The Doors” ; un capolavoro, una pietra miliare nella storia della musica rock di tutti i tempi; uno dei dieci dischi fondamentali del secolo scorso e uno dei migliori lavori di debutto di sempre. I Doors avevano fuso assieme il rock, la musica classica, la musica psichedelica, la poesia e il teatro in una musica che mai si era sentita prima. La voce incredibile di Jim Morrison accompagnata dal rincorrersi di organo e chitarra, creava atmosfere tenebrose, ipnotiche, notturne; ogni canzone del disco era a un livello emotivo altissimo, unico, abbagliante. La prima canzone “Break On Through” (To The Other Side) – un corto circuito, un arazzo di suoni; la voce di Morrison che non ha eguali, che canta : “Ho trovato un’isola nelle tue braccia – Un paese nei tuoi occhi”. The Christal Ship – Morrison che accarezza le onde delle note e il pianoforte sublime di Manzarek. La citazione di Brecht/Weill con la cover di Whisky Bar. Light My Fire – l’interpretazione triste e sensuale di Morrison; l’organo ipnotico di Manzarek che dialoga con la chitarra jazz-rock di Krieger e Desmore che tiene assieme il “miracolo” prima che sfugga: – “E’ passato il tempo d’indugiare – non c’è tempo per rotolarsi nel fango – Su baby accendi il mio fuoco”-. The End – tra le composizioni più importanti della musica rock e capolavoro di Morrison; undici minuti di musica straordinaria che inizia con un arpeggio lento di chitarra, che diventa dissonante, orientale, psichedelico; Manzarek che tesse un tappeto sonoro, elegante e discreto che lega il tutto. – “Questa è la fine piacevole amica / Questa è la fine mia unica amica” – Poi Morrison arriva al nucleo della canzone: ora non canta più… recita quei versi che hanno sconvolto tutti: “Padre”– si figlio – “Voglio ammazzarti” – “Madre, voglio fotterti”. Pezzo da Apocalpse Now.

a cura di Roberto



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