Telegram: arrestato il fondatore Pavel Durov
Alla base del mandato ci sono gli innumerevoli crimini commessi tramite la piattaforma, per cui il CEO di Telegram è stato indicato come complice
Lo scorso 24 agosto, all’aeroporto di Le Bourget (Francia), è stato arrestato Pavel Durov: fondatore e CEO di Telegram, l’app di messaggistica che vanta oltre 900milioni di utenti mensili attivi.
Da quanto riportato dal media francese TF1, Durov era in arrivo dall’Azerbaigian sul suo jet privato, quando le autorità francesi sono intervenute, agendo su un mandato di arresto emesso dalla magistratura francese.
In particolare, Durov e Telegram sono stati indicati come complici delle frodi, del terrorismo, del traffico di droga e dei crimini pedopornografici che avvengono sulla piattaforma, vista la «mancanza di moderazione, la scarsa cooperazione con le forze dell’ordine e gli strumenti offerti da Telegram».
DIFFUSIONE DI CONTENUTI ILLECITI E CANALI PER ATTIVITÀ CRIMINALI: LE ACCUSE CONTRO TELEGRAM
Telegram è tutt’altro che una semplice app per chattare. Su questa piattaforma infatti, è possibile accedere a canali che diffondo contenuti illeciti o utilizzati per attività criminali, come la vendita di droghe e la condivisione di materiale pedopornografico.
E sono queste le accuse principali mosse contro il colosso della messaggistica istantanea e il suo fondatore, che non si sarebbero attivati per fermare o almeno limitare queste infrazioni, che pare abbiano fatto anche tante vittime.
L’ordine di arresto infatti, è arrivato dopo le numerose denunce presentate dalle associazioni che difendono i cittadini, che hanno affermato di aver subito crimini commessi tramite l’app. E durante l’operazione, eseguita dalla GTA (Gendarmeria dei Trasporti Aerei francesi), sono stati anche sequestrati documenti e materiale informatico.
Ora sta a Durov difendersi. Per i media francesi, il CEO potrebbe apparire presto davanti al giudice per le indagini preliminari. Ma la situazione rimane incerta, con la difesa che potrebbe contestare la legalità del mandato e delle perquisizioni effettuate.
LE TENSIONI TRA DUROV E LA RUSSIA
Sebbene il Ministero degli esteri russo abbia comunicato che l’ambasciata russa in Francia si è attivata immediatamente «per chiarire la situazione del cittadino russo arrestato», le relazioni tra Durov e il suo Paese d’origine sono tutt’altro che idilliache.
Le prime tensioni risalgono al 2013, quando il CEO negò al Servizio di sicurezza federale russo (FSB) i dati degli utenti ucraini attivi su VK (il social network più utilizzato in Russia e Ucraina) che avevano manifestato contro Viktor Yanukovych, l’allora presidente filorusso di Kiev.
«Mi sono rifiutato di soddisfare queste richieste, perché avrebbe significato un tradimento dei nostri utenti ucraini. Dopodiché, sono stato licenziato dalla società che io stesso ho fondato e sono stato costretto a lasciare la Russia», aveva dichiarato Durov dopo l’accaduto.
E ancora, nel 2018 il governo russo ha tentato di bloccare Telegram, dopo che Durov si era rifiutato di consegnare le chiavi di crittografia all’intelligence russa. Blocco che si dimostrò inefficace, tanto che lo stesso governo rimosse il divieto nel 2020.
Dopo queste due vicissitudini, che accesero particolarmente le relazioni con il Cremlino, Durov, per tutelarsi e tutelare l’app e tutti i suoi utenti, decise di tagliare di netto i rapporto con la madrepatria e trasferire la sede di Telegram a Dubai.