Tatuaggi e piercing: ribellione od omologazione?
I protagonisti della scena si raccontano e tracciano il passato, il presente e il futuro di un gesto potente che ha smarrito nel tempo il suo significato originario. Ma è davvero così?
Il disagio, l’inquietudine, la rabbia che monta dentro le vene e che storicamente si esprime nelle strade in proteste, sommosse e occupazioni, oggi sembra esplodere perlopiù sui corpi.
D’altronde il corpo è da sempre, per eccellenza, il mezzo per trasformare i tabù in virtù, i divieti in occasioni, l’ordinario in straordinario, ma più il tempo passa più sembra che le modificazioni sullo stesso, in particolare il gesto di tatuarsi, vadano perdendo di significato. Questo almeno è quanto emerge dai racconti di diversi protagonisti della scena a cominciare da G.P., storico piercer di Milano, che si racconta sulle pagine di Body Act, (Agenzia X, 2022), una collezione di interviste raccolte da Rote Zora (Elisa Fosforino): «A mio avviso ora si assiste alla gara di chi è più tatuato, modificato ed estremo cadendo così nella mera ostentazione per essere più trendy dell’altro. Al bisogno personale di sperimentare la modificazione autodeterminata del corpo si è passati alla necessità di apparire e io trovo questo una triste deriva». Tatuarsi la faccia fu per lui un gesto di ribellione e non certo di ostentazione.
Le generalizzazioni, si sa, lasciano il tempo che trovano, ma la forza di questa originale collezione di interviste raccolte da Rote Zora (Elisa Fosforino), appassionata di body suspension e controculture, sta nella ricostruzione del senso profondo dietro ad un segno sul corpo: per molti è stato ed è la maniera di esprimere dissenso contro ogni forma di ingiustizia, discriminazione e pregiudizio, uno schiaffo al buon gusto e all’omologazione, un modo per affermare nessun tipo di appartenenza, per restare fuori da ogni tipo di categoria. La massiccia diffusione del tatuaggio ha in parte compromesso questo aspetto; gli stessi tatuatori oggi tendono a seguire le ondate della moda, del trend, facendo perdere di vista la possibilità di tirare fuori l’unicità di una storia incisa a fior di pelle e di conseguenza l’unicità della persona che si affida alle loro mani. Per questo va ricordato che incidere, bucare, tatuare o marchiare la propria pelle ha in sé la potenza di esprimere tutt’altro, la manifestazione di esistenze che possono essere vissute diversamente.
Foto di Ludovica Limido