Tasse e sanità: come la cannabis sta cambiando l’economia in USA
Un decennio di successi: come la legalizzazione della cannabis ha migliorato il benessere economico e sociale degli Stati Uniti
Non ci sono più dubbi. Dal 2012, anno in cui il Colorado e lo Stato di Washington hanno legalizzato per primi la cannabis per uso ricreativo, il settore verde si è dimostrato il vero motore economico degli Stati Uniti.
Nel 2024 infatti, sono più di 400mila le persone che lavorano full-time nell’industria della cannabis statunitense. Con una crescita del 5,4% rispetto all’anno precedente.
A confermare la solidità del settore però sono le tasse incassate dal governo americano. Che come segnalato dall’US Census Bureau: l’Ufficio del Censimento degli Stati Uniti, hanno sfiorato i 9 miliardi di dollari in appena 3 anni.
A detenere la quota maggiore è la California, che con oltre 2 miliardi di dollari di entrate fiscali sta guidando la crescita (esponenziale) del settore della cannabis legale.
Segue lo Stato di Washington, con 1,3 miliardi di dollari. Il Colorado, con 898 milioni di dollari. E il Michigan, con 698 milioni di dollari.
Tuttavia, come segnalato dalla stessa agenzia, non bisogna affidarsi completamente ai dati per calcolare il totale delle imposte riscosse sulle vendite di cannabis. Il motivo? Non tutti gli Stati avevano ancora inviato i rapporti riguardanti l’ultimo trimestre al momento della pubblicazione.
Ciò significa che il totale di 8,7 miliardi di dollari è probabilmente una sottostima delle tasse effettivamente riscosse.
Invece, tra gli Stati che hanno fornito anche i dati degli ultimi 90 giorni, la California ha riscosso 156 milioni di dollari in imposte. Il Michigan 75 milioni, l’Illinois 72 milioni, il Colorado 61 milioni, il Massachusetts 50 milioni e l’Arizona 45 milioni.
Al contrario, le giurisdizioni che hanno segnalato le cifre di fatturato più basse sono quelle in cui è permessa la sola vendita di cannabis per uso medico, come la Louisiana (298mila dollari), il Mississippi (363mila dollari) e Washington D.C. (391mila dollari).
OLTRE 20 MILIARDI DI DOLLARI DI TASSE IN 10 ANNI
«Legalizzare la cannabis per gli adulti è stato un saggio investimento». Inizia così il rapporto pubblicato dall’associazione no profit Marijuana Policy Project (MPP), che comprende esclusivamente i dati derivanti dal mercato della cannabis ricreativa, lasciando fuori sia il comparto medico che quello industriale.
In particolare, il documento ha evidenziato che dal 2014, anno in cui sono partite ufficialmente le vendite di cannabis in Colorado, gli Stati hanno registrato un totale di oltre 20 miliardi di dollari di entrate fiscali.
Ma come sottolineato dagli autori, «l’impatto finanziario è solo uno dei tanti vantaggi della legalizzazione». Ad esempio infatti, parte delle tasse incassate vengono impiegate nel sociale per:
- finanziare l’istruzione e la sanità;
- elargire borse di studio;
- costruire case per i senzatetto;
- creare campagne d’informazione sugli stupefacenti.
«La legalizzazione della cannabis per uso adulto ha anche spiazzato il mercato criminale e liberato risorse delle forze dell’ordine per concentrarsi sui crimini gravi».
A rilevarlo è stato anche uno studio scientifico pubblicato sul The International Journal of Drug Policy, che ha confermato: «La legalizzazione può contribuire a creare un ambiente che influisce positivamente sulle prestazioni degli agenti di polizia» che risolvono più crimini violenti.
E soprattutto, il rapporto di MPP ha sottolineato che «a centinaia di migliaia di persone sono stati risparmiati arresti traumatici, possibili incarcerazioni e precedenti penali che hanno chiuso le porte a nuove opportunità».
Tutto questo senza che i tassi di consumo di cannabis tra gli adolescenti siano aumentati. Infatti, come evidenziato da numerosi studi condotti negli ultimi anni, la legalizzazione non ne incentiva l’utilizzo, anzi.
Secondo i dati del Dipartimento della salute e dei servizi umani (HHS) degli Stati Uniti, il consumo tra gli adolescenti è nettamente calato, circa del 20%, negli ultimi 10 anni.
LA CANNABIS TERAPEUTICA PER SALVARE LA SANITÀ IN USA
La legalizzazione della cannabis per uso medico potrebbe ridurre significativamente i costi dell’assicurazione sanitaria. È quanto evidenziato da Leafwell: una società che affianca le persone nel loro percorso con la cannabis terapeutica.
Esaminando dei sondaggi condotti annualmente tra i datori di lavoro dal 2003 al 2022, il team di ricerca ha notato che negli Stati in cui la cannabis medica è legale le aziende hanno pagato dei premi assicurativi del 3,4% più bassi, risparmiando circa 238 dollari per dipendente all’anno rispetto agli Stati dove la cannabis è vietata.
E secondo lo studio, se tutti gli Stati attuassero dei programmi per la cannabis medica il Paese andrebbe a risparmiare fino a 29 miliardi di dollari all’anno sui costi dell’assicurazione sanitaria (22,9 miliardi tra i datori di lavoro e 6,5 miliardi tra i lavoratori stessi).
«Investire nelle terapie a base di cannabis non è solo vantaggioso per la cura dei pazienti, ma è anche positivo per l’efficienza aziendale», ha dichiarato June Chin di Leafwell. Includere la cannabis nei piani assicurativi infatti, può «promuovere un ambiente lavorativo più inclusivo, migliorare la soddisfazione dei dipendenti e contribuire a una forza lavoro più sana e resiliente».
Risultati simili sono stati evidenziati anche da un rapporto pubblicato nel 2023 sull’International Journal of Drug Policy. In particolare, lo studio ha rivelato che dopo 7 anni dalla regolamentazione i premi annuali erano diminuiti di 1.663 dollari rispetto agli Stati nel gruppo di controllo, mantenendo un calo abbastanza stabile nel tempo.
«Sebbene l’effetto non inizi prima di sette anni dall’entrata in vigore della legge sulla cannabis terapeutica, c’è una significativa e considerevole riduzione dei premi dell’assicurazione sanitaria», hanno dichiarato gli autori del lavoro.
Che concludono: «Le preoccupazioni iniziali sulla legalizzazione della cannabis medica che porterebbe ad aumenti nei costi dell’assistenza medica, che si rifletterebbero in premi assicurativi più elevati, sembrano essere infondate».