Surgical modification
Per modificazioni chirurgiche si intendono procedure decisamente più invasive dei comuni piercing, tatuaggi o scarificazioni, dei quali abbiamo parlato nello scorso numero. Transdermals, body implants, subincisioni, tongue splitting possono essere considerati modificazioni chirurgiche per il semplice motivo che, in una realtà ideale, dovrebbero essere praticate da medici. Purtroppo, però, per una serie di motivi etici e legali, la medicina convenzionale non si è ancora avvicinata a questo tipo di pratiche, non molto diverse dalla maggior parte degli interventi di chirurgia plastica, e perciò tali procedure vengono eseguite nella maggior parte dei casi, da piercers esperti. Le modificazioni chirurgiche sono per lo più illegali nel nostro stato, essendo considerate come abuso di professione medica se non praticate da persone qualificate. Nonostante ciò, risulta abbastanza palese il fatto che molti piercers siano in possesso di sufficienti nozioni mediche per poter operare in totale sicurezza e che, molto probabilmente, un medico non sarebbe in grado di ottenere gli stessi risultati, avendo le due categorie punti di vista totalmente opposti.
La prima e più importante differenza tra modificazioni non chirurgiche e quelle chirurgiche è che queste ultime risultato, nella maggior parte dei casi, irreversibili. Per questo motivo, chiunque decidesse di avvicinarsi a tali pratiche dovrebbe prima di tutto considerare il fatto che si sta andando a modificare in modo piuttosto definitivo e peculiare il proprio corpo. Alla base di tale scelta deve esserci un profondo desiderio e una profonda convinzione di quello che si sta facendo, considerando anche il fatto si potrebbe verificare un cambiamento nella nostra vita sociale quotidiana.
La modificazione chirurgica più conosciuta sono sicuramente gli implants, oggetti di varie forme e dimensioni che vengono inseriti chirurgicamente in diverse parti del corpo. Anche nella medicina convenzionale vengono utilizzati degli impianti, dai pacemakers alle articolazioni artificiali. Nel mondo della body art con questo termine ci si riferisce, per lo più, a impianti subdermali (subdermal implants) e transdermals. In entrambi i casi viene praticata un singola incisione, attraverso la quale, vengono poi inseriti i diversi gioielli. Nel caso degli impianti subdermali, il materiale usato è prevalentemente il silicone che, permette di poter scegliere la forma che più si preferisce: sfere, cerchi, stelle, cuori e negli ultimi tempi anche elementi più particolari e simboli personalizzati. Il risultato finale sarà un oggetto tridimensionale e una piccola cicatrice, il più delle volte praticamente invisibile. Però non sempre il risultato finale è quello previsto: è frequente, infatti, uno spostamento, seppur minimo, dell’impianto, dovuto alla forma anatomica del corpo.
I transdermals, invece, sono una modificazione che in molti considerano a metà strada tra un piercing e un impianto. Sono gioielli simili alle comuni barrette utilizzate per il foro al labbro, costituiti quindi da una base, che viene posizionata sotto pelle, e una parte finale visibile. Il risultato è quello di un gioiello che sembra uscire direttamente dal corpo, impressione non molto lontana da ciò che succede realmente. Nonostante il risultato finale non sia molto diverso da un piercing, la procedura per inserire un transdermal è decisamente molto più complessa e dolorosa. Nell’ultimo anno, con la diffusione dei microdermal si è riusciti a raggiungere praticamente lo stesso risultato che si ha con i transdermal, rendendo la procedura più facilmente reversibile e alla portata di tutti. L’inserimento di questi impianti transdermali non è affatto semplice e richiede profonde conoscenze mediche, tecniche avanzate e molta esperienza, dato che la procedura comporta un’incisione di un paio di centimetri dal punto in cui si vuole il gioiello, la creazione di una specie di tasca nel derma, dove andrà a posizionarsi la base, e quindi una seconda incisione circolare per il foro d’uscita della parte finale del gioiello. La guarigione risulta molto lenta, difficile e non sempre garantita, si calcola un 20%, percentuale alquanto bassa se si considera l’entità dell’intervento. La rimozione è molto più difficoltosa dell’inserimento e la cicatrice che lascia non si può certo definire minima.
Negli ultimi anni, un’altra pratica che ha preso piede, soprattutto negli Stati Uniti, è il tongue splitting, ovvero la biforcazione centrale della lingua. Esistono varie tecniche per praticare questo tipo di modificazione: negli Stati Uniti può essere eseguita persino dai dentisti attraverso l’utilizzo di un laser e, in questo caso, la guarigione risulta molto veloce (meno di un mese). Altro metodo è quello più tradizionale in cui ci si avvale dell’uso di un bisturi. Comporta una copiosa perdita di sangue, talvolta difficile da controllare, che rappresenta il rischio più importante di questo tipo di procedura, dato che nella lingua sono situati importanti vasi sanguigni e, in assenza di strumenti e conoscenze adatte, ci si può trovare nella condizione di non riuscire a fermare l’emorragia. La guarigione completa si ha più o meno in un mese, anche se è comune una richiusura, seppur parziale, della lingua che richiede quindi una riapertura della ferita, al fine di ottenere il migliore dei risultati. Nel caso si volesse tornare alla conformazione originaria della lingua, la procedura risulterà molto più dolorosa, la guarigione molto più lenta e si è riscontrata anche una perdita della sensibilità nel tatto e nella sensazione del gusto. Quindi prima di decidere di affrontare una simile procedura bisogna essere assolutamente certi e consapevoli del fatto che stiamo andando a modificare in modo definitivo il nostro corpo!!!
Giorgia
KliniK Piercing & Tattoo studio – Via Tolpada 11 – Treviso