Sulla cannabis in Italia manca la volontà politica
Il 2 dicembre abbiamo visto la ripresa delle audizioni degli esperti in Parlamento sulla cannabis. Ma di cosa si sta parlando in Commissione Giustizia?
Nonostante dal 2016 alla Camera si attende la discussione della proposta di legge di iniziativa popolare che sorpasserebbe il Testo Unico Stupefacenti per ciò che riguarda la canapa, così come al Senato da settembre 2019 si attende il ddl Mantero che va sotto il nome di “Manifesto Collettivo”, il Parlamento ha deciso di non occuparsi di cannabis a 360°.
Al momento sono due le proposte di legge in discussione alla Camera dei Deputati e vengono discusse in modo contrapposto. Da una parte quella della Lega a prima firma Riccardo Molinari e sottoscritta da 52 deputati leghisti, dall’altra quella a prima firma Riccardo Magi (Radicali/+Europa) e sottoscritta dai deputati dell’intergruppo per la legalizzazione di Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e gruppo Misto.
La proposta della Lega
Depositata il 9 ottobre 2019, la proposta di legge a prima firma Molinari è composta da due soli articoli:
1. l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo cannabis. Per semplificare: se un ragazzo dopo aver “fatto un tiro” passa alla propria ragazza o al proprio ragazzo una canna, secondo la proposta della Lega ci dovrebbe essere l’arresto immediato;
2. dopo l’arresto, l’incarcerazione. Secondo la proposta della Lega la pena dovrebbe andare dai 3 ai 6 anni di carcere con una sanzione dai 5mila ai 20mila euro. E questo in modo tassativo perché la proposta chiede di eliminare le pene alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità. Se invece la persona coltiva o detiene cannabis e il giudice non riscontra la “lieve entità”, la pena dovrebbe salire dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro.
Tanti tra gli esperti hanno criticato la proposta, sia dal punto di vista dei problemi che creerebbe a forze dell’ordine, tribunali e affollamento carcerario, sia per quanto riguarda l’illogicità delle pene previste. Se solo si pensa che l’omicidio, così come da articolo 575 del codice penale, prevede una pena dai 21 anni di carcere, capiamo bene che prevedere un tetto di 20 anni per chi ad esempio detiene cannabis rappresenta un orrore giuridico ancora prima che politico.
La proposta dell’intergruppo
Alla discussione sulla proposta della Lega, il 12 febbraio viene abbinata la proposta di legge a prima firma Riccardo Magi. Verte sugli stessi punti toccati dalla Lega, altrimenti non sarebbe stato possibile l’abbinamento, ma va in direzione esattamente contraria. Anche se il deposito della proposta è avvenuto mesi prima del deposito delle motivazioni della storica sentenza delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, è molto simile a quest’ultima. La differenza è che se la proposta Magi diventasse legge, ogni giudice sul territorio nazionale vi si dovrebbe attenere e sarebbero soppresse anche le sanzioni amministrative, quindi non sarebbe più possibile nemmeno il sequestro da parte delle forze dell’ordine, che avrebbero così la possibilità di occuparsi di altro invece di inseguire i coltivatori domestici.
Anche in questa proposta ci sono due soli articoli che possiamo così sintetizzare: non è punibile (né con pena carceraria né con sanzione amministrativa) chi, “anche senza autorizzazione, coltiva un numero limitato di piante di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope destinate a un uso esclusivamente personale”.
Da una parte quindi si prevede la possibilità di coltivare, dall’altra si riconoscerebbe una volta per tutte l’uso personale, quindi anche il reato di detenzione verrebbe meno. Non solo: dicendo che il fine è quello della produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, anche la lavorazione della cannabis non sarebbe più punibile.
Tra gli esperti auditi in Commissione c’è stato poi chi – come l’Unione delle Camere Penali – ha evidenziato come, per la formulazione del testo, in realtà si farebbe anche un altro passo in avanti arrivando all’apertura della coltivazione associata, ciò che oggi va sotto il nome di social club.
L’iter parlamentare
Le due proposte di legge al momento sono all’inizio del proprio iter. La Commissione Giustizia della Camera sta sentendo gli esperti, ma in 10 mesi di audizioni al momento ci sono state solo 6 ore di dibattito e dal 7 ottobre ad oggi il Parlamento non ne ha più discusso.
Dall’Associazione Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe e (quasi) tutto l’associazionismo antiproibizionista si sta chiedendo un’assunzione di responsabilità al Parlamento e nello specifico alla Commissione Giustizia della Camera.
La dichiarazione di incostituzionalità della cosiddetta “legge Fini-Giovanardi” da parte della Corte costituzionale nel 2014, non ha risolto, ma ha reso anzi ancora più urgente la revisione della legislazione sulle sostanze stupefacenti. Dai dati contenuti nell’undicesimo Libro bianco sulle droghe emerge che, a trent’anni dall’approvazione del Testo unico Stupefacenti, l’impianto repressivo e sanzionatorio non ha impedito l’aumento della circolazione delle sostanze e continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri. Il 29,6% degli ingressi in carcere nel 2019 è stato causato da imputazioni o da condanne sulla base dell’articolo 73 del Testo Unico. Il 34,8% delle presenze in carcere è legata a due soli articoli di una sola legge dello Stato (articoli 73 e 74 DPR 309/90), confronto a una media europea per gli stessi reati del 18% e una media mondiale del 20%.
Davanti a questi dati il Parlamento non può rimanere in silenzio perdendosi in becera propaganda repressiva. Ad oggi Partito Democratico e Movimento 5 Stelle avrebbero i numeri per approvare una legge che permetta almeno l’autocoltivazione di cannabis. Se non lo fanno non è quindi responsabilità dei numeri parlamentari o delle opposizioni. Si tratta di una chiara volontà politica che parte da chi quei gruppi li guida: da Beppe Grillo e Nicola Zingaretti.
a cura di Matteo Mainardi
Attivista dell’associazione Luca Coscioni e vlogger. Nel 2020 ha attivato la sua disobbedienza civile portando una pianta di cannabis autocoltivata in Parlamento. Partecipa al progetto Meglio Legale