Stupefacenti, patente e la nuova “tolleranza zero”
Secondo il nuovo disegno di legge voluto da Salvini, che potrebbe essere approvato entro l'autunno, non sarà più necessario provare l'alterazione alla guida, basterà essere positivi al test salivare al momento del fermo. L'opinione dell'avvocato Zaina
Desidero formulare una breve prima e sommaria riflessione sul disegno di legge concernente le modifiche al Codice della Strada ed in special modo alla parte che riguarda il rapporto fra assunzione di stupefacenti e guida di un veicolo.
STUPEFACENTI E PATENTE: IL NUOVO DISEGNO DI LEGGE
Da quanto ho letto (e riporto testualmente quanto scritto da Il Sole 24 ore) parrebbe, il condizionale è d’obbligo, in attesa del testo definito, che la soluzione proposta sarebbe quella di rimuovere “la garanzia che finora ha reso poco frequenti i controlli: per essere condannati basterebbe risultare positivi a un test (cosa possibile anche a distanza di giorni dall’assunzione della sostanza), mentre attualmente occorre dimostrare anche che il conducente è sotto effetto (che può invece cessare nel giro di ore). E per restare appiedati basterebbe anche l’esito di un test rapido preliminare, in attesa che venga confermato”.
Fatta la premessa che qualsiasi persona di buon senso non può accettare che qualcuno si ponga alla conduzione di un veicolo (qualunque esso sia) sotto l’effetto di sostanze droganti od alteranti lo stato psico-fisico, desidero esprimere, però alcune perplessità rispetto alla proposta legislativa che si paventa.
1. Lo Stato (ed il Governo per esso) pare intraprendere una strada ancorata esclusivamente alla modifica della norma, mutando opinabilmente la condotta sanzionata, senza tenere conto della complessità tecnico-giuridica-scientifica della questione.
Come al solito, in Italia, (non è una novità, ma anzi un consolidato stile) ci si sofferma sulla cura dei sintomi finali di una patologia, senza cercare minimamente di studiare, conoscere ed affrontare la patologia in profondità nella sua genesi e nei suoi caratteri sostanziali.
2. La modifica, che il Governo propone, è frutto di una mera contingente emozionalità determinata da eventi gravi. Essa non nasce già da una pianificazione programmatica funzionale a rendere più sicure la strade e limitare a termini minimi le infrazioni.
La disinformazione mediatica è altro elemento sintomatico e propulsivo di questa deriva.
Chiunque si sia mai interessato (come io faccio da anni) di vicende relative al reato di cui all’art. 187 Cds, sa perfettamente che questa è una situazione che, salvo casi rari ed eclatanti (e, soprattutto a differenza della guida sotto l’effetto dell’alcool) raramente si pone quale elemento idoneo a provocare un sinistro, o, comunque, una situazione di pericolo.
Su questo piano incide certamente la differente tipologia ed i diversi effetti delle sostanze di abuso. Non si contesta, ne si deve contestare, quindi, il dovere dello Stato di punire condotte illecite.
Si deve, invece, criticare le metodiche pressapochiste che vengono scelte per raggiungere lo scopo, che non si riconnettono ad evidenze scientifiche e che esprimono il convincimento che sia sufficiente un anacronistico restailing legislativo per risolvere il problema (un po’ come il divieto dell’uso della maglia n. 88, in campo sportivo sarebbe la soluzione contro l’antisemitismo dilagante).
3. Il progetto di legge, quindi, non mira ad introdurre strumenti scientifici seri di reale accertamento delle condizioni effettive di chi venga sottoposto ad un controllo di analisi, mentre si trova alla guida di un qualsiasi veicolo (anche bicicletta o monopattino).
Si preferisce, invece, affidarsi all’inammissibile, quanto più facile e comodo, principio della presunzione di colpevolezza, fondata su di un test sommario, insufficiente, non riscontrato, che sovente fornisce anche esiti cd. falsi positivi.
In questo modo si viola il principio costituzionale portato dall’art. 27 Cost., in quanto questo principio viene del tutto rovesciato e si vengono a creare ipotesi assolutamente presuntive che determinano la contestazione di reato, rispetto a situazioni che non presentino, in concreto, tale carattere.
4. Quando si critica il modo con cui le forze politiche intendono risolvere la questione non si fa, quindi, del garantismo peloso di maniera. In realtà, è evidente che introdurre principi, che cozzano fragorosamente con le previsioni più elementari dello Stato di diritto, è prova dell’incapacità ed insipienza di chi dovrebbe studiare e risolvere questi problemi in ben altri termini.
5. Studiare nuove metodiche di accertamento che permettano di rilevare l’effettivo livello di eventuale alterazione del soggetto – un esempio per tutti approfondire l’efficacia dei tamponi salivari – è certamente un percorso più complesso, più dilatato nel tempo.
Esso, però, appare certamente più rispettoso dell’architettura costituzionale del nostro paese e, soprattutto, potrebbe dare una metodica scientifica (presupposto necessario) che limita al minima le possibilità di errore.
Non si dimentichi che – allo stato attuale – esiste un metodo efficace per valutare la effettiva alterazione della persona controllata.
Esso consiste nel riscontro incrociato, rispetto al primo sommario test di positività, effettuato attraverso l’espletamento di un visita medica. Si tratta di un procedimento di analisi, che la Corte di Cassazione ed i giudici di merito hanno da oltre 10 anni avvallato e che ha sempre fornito risposte certe e concrete.
Probabilmente gli esiti di queste analisi, che dimostravano che le persone controllate (sia per un incidente, che per una verifica di routine) non versavano in stato di alterazione, che fotografavano la realtà delle situazioni di fatto e comportavano assoluzioni delle stesse, non sono graditi a taluno.
6. È irragionevole che il diritto e la norma non tengano conto di evidenze scientifiche, solo per fornire risposte tranquillizzanti al popolo, che solo apparentemente sono fondate.
Il dato pacifico della permanenza dei metaboliti di sostanze d’abuso nell’organismo dell’assuntore per parecchi giorni (talora settimane) a distanza dall’effettivo momento di assunzione, dimostra la fallacia e la infondatezza del criterio giuridico che si intende introdurre e, ne smentisce, la proponibilità e l’utilizzo.
7. La modifica normativa che si intende introdurre, mi pare che, pertanto, violi i principi di legalità e di ragionevolezza, inserendo, altresì, una compressione inaccettabile del diritto di difesa.
Ho già detto che mi pare inammissibile sanzionare una condotta sulla base di una presunzione, in luogo del reale accertamento della condizione psicofisica della persona controllata.
O meglio, l’accertamento che si ipotizza come da svolgere, sarebbe del tutto insufficiente.
Le conclusioni cui lo stesso perverrebbe (attraverso la mera apparente positività alle sostanze) non dimostrerebbero affatto uno stato di effettiva alterazione del soggetto, da porre in rapporto eziologico con eventi dannosi. Neppure verrebbe, in tal modo, dimostrato il necessario nesso di tale condizione personale con il pericolo per il bene giuridico tutelato (sicurezza della circolazione stradale e incolumità delle persone), che resterebbe indimostrato.
Dunque, quale illiceità potrebbe essere seriamente ravvisata a seguito di un controllo che non fotografa né una situazione di danno né di pericolo?
8. In conclusione, salva la possibilità di operare nuove e più complete valutazioni in materia, ritengo che il testo attuale dell’art. 187 CdS che identifica correttamente la condotta da sanzionare “chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope…” non avesse necessità alcuna di modifiche che paiono destinate solo a placare lo sdegno per fatti gravissimi, ma che sono stati provocati da ben altri comportamenti.