Stoppare la produzione di plastica entro il 2040: l’appello degli scienziati
Stoppare la produzione di plastica entro il 2040 e mettere in pratica strategie per il riciclo e per la rimozione dei rifiuti presenti sul pianeta: è quanto chiedono 14 scienziati provenienti da diversi paesi del mondo con un appello pubblicato in un report speciale dalla rivista Science.
L’unica soluzione per risolvere il problema che pregiudica sempre di già la salute dell’ambiente e dell’umanità sarebbe un accordo globale che ponga nuovi limiti e controlli, perché le stesse proprietà che hanno reso la plastica un materiale moderno apparentemente essenziale la rendono anche una seria minaccia ambientale.
Secondo gli studiosi dagli anni ’50 sono state prodotte circa 8 miliardi di tonnellate di plastica. E la produzione non accenna a diminuire: nel 2019 dalle fabbriche sono usciti 368 milioni di tonnellate di plastica vergine. La maggior parte dei rifiuti plastici invece viene dagli imballaggi (47%). Dal tessile viene il 14% e dai trasporti il 6%. Ogni anno il 3% dei rifiuti di vari polimeri finisce negli oceani: in media, sono 8 milioni di tonnellate all’anno.
Andando avanti di questo passo entro il 2050 la produzione di nuova plastica da combustibili fossili potrebbe consumare il 10-13% del restante budget globale di carbonio consentito per garantire l’aumento delle temperature a non più di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, come richiesto dall’accordo di Parigi sul clima.
I punti sui quali si focalizzano gli scienziati sono: eliminare gradualmente la produzione di plastica nuova o vergine entro il 2040, creare un’economia circolare per la plastica incentivando il riutilizzo e la ricarica e l’eliminazione di notevoli volumi di inquinamento, e infine iniziare una bonifica mondiale dei rifiuti.
“L’inquinamento da plastica rappresenta una minaccia considerevole, anche se non ancora pienamente compresa, per l’ambiente, le specie e gli habitat, così come per il patrimonio culturale”, ha sottolineato Nils Simon, ta gli autori dello studio evidenziando che: “I suoi impatti sociali includono danni alla salute umana, in particolare tra le comunità vulnerabili, e ha costi economici sostanziali che colpiscono soprattutto le regioni che dipendono dal turismo. Affrontare queste sfide richiede un approccio trasformativo che faciliti le misure per ridurre la produzione di materie plastiche vergini e includa passi equi verso un’economia sicura e circolare per la plastica”.