Lo stigma dei detenuti e la cattiveria di chi sta fuori
Per una perfetta rieducazione si dovrebbe abbandonare la figura del carcerato stigmatizzato e la sua disapprovazione da chi sta fuori le sbarr
Non mi volevo esprimere sull’argomento, innanzitutto per pudore, ma non solo, tuttavia quello che scrivo qui, “me lo sento nella gola”.
– Eugenio Finardi
E ho bisogno di dirlo.
L’omicidio della ragazza da parte dell’ex fidanzato che hanno trovato in Germania senza benzina e senza soldi, fermo in autostrada, ed alcuni commenti sull’argomento mi hanno lasciato perplesso.
Andiamo con ordine, ordine sparso, partendo da: «adesso subirà la legge del carcere»… affermazione che trovo agghiacciante perché è di una vigliaccheria inaudita.
Come se nelle carceri italiane – che scoppiano per il sovraffollamento e che vantano un record dei suicidi all’interno sempre in aumento, sia tra i detenuti che tra il personale di custodia – tutti si trasformassero in bestie assetate di sesso ad ogni costo e non vedano l’ora di sodomizzare, a pieno diritto e col plauso della “maggioranza”, un assassino di 20 anni o poco più. Ma come vivete la vostra sessualità per immaginare una cosa del genere? Come potete pensare che un uomo, per quanto nel vostro immaginario collettivo ridotto ad un animale, possa eccitarsi in una situazione del genere? Come si possa pensare che una cosa del genere sia anche, in qualche modo, giusta e legittima; che idea avete di civiltà?
In carcere, coloro che hanno una famiglia che si occupa di loro sono privilegiati, rispetto a chi non ha nessuno, ci sono i familiari dei detenuti estranei a dinamiche criminali: figlie e mogli che pagano una pena pesante quanto colui che la sconta da recluso, in termini di “vergogna”, sforzi economici, impegni con i colloqui e molto altro. Come si sentiranno queste persone di fronte ad un commento come quello di cui stiamo parlando? La leggenda metropolitana che alimenta questa “credenza” popolare è falsa. In carcere la sessualità è annullata.
Di fronte ad una cosa del genere non c’è più il mondo, è un cortocircuito completo, come può scaturire? Come evitare che altri figli di Maria e grandi fratelli, algoritmi social profilati, che si riconoscono nei modelli dalla società dell’apparenza, possano essere trattenuti dallo sfogare i propri mal codificati istinti sulla pelle di qualche donna?
E se invece che in carceri che scoppiano, dove nessuno li vede e può solo immaginare che chi si macchia di certi reati passi il suo tempo a subire violenza dagli altri detenuti, li mettessimo “nell’ecosistema” di cui sono figli? Da soli, senza possibilità di parlare con nessuno e senza che nessuno parli con loro, senza che si possano suicidare, ed in streaming per il resto della loro vita. Credo che, oltre a fare ascolti che il grande fratello sogna, il “format” sarebbe un eccellente deterrente per altre persone a rischio.