Ambiente e natura

Stevia: dal boicottaggio alla commercializzazione

stevia

Da un paio di anni il mercato è stato invaso dai dolcificanti a base di stevia a “zero calorie”. Chi conosce già la stevia, Stevia Rebaudiana Sinensis, sa però che il metodo più naturale per utilizzarla è coltivarla con metodi naturali, essiccarne le foglie e triturarle ottenendo così la polverina verde che è il dolcificante naturale stevia. Si può utilizzare in bevande calde e fredde, naturalmente anche nei dolci al posto dello zucchero. Soprattutto, si può coltivare in proprio e ottenere così un dolcificante che non provoca carie, non dà dipendenza da zuccheri, non influisce sulla glicemia ed è utilizzabile anche dai diabetici. È possibile coltivarla anche sul balcone, su un davanzale, su una finestra.

Allora perché questa pianta ha subito un cinquantennio di pesante boicottaggio da parte della lobby degli zuccherifici e delle multinazionali dell’alimentare in genere? Coltivata in Italia fino agli anni ’50, non richiedeva processi complicati di raffinazione. Il boicottaggio iniziò negli anni ’30 con gli studi di Pomerat, incaricato da una multinazionale di trovare un componente che potesse far catalogare la stevia come “non salutare”.  Il risultato arrivò nel 1968, con uno studio oggi unanimemente ritenuto inattendibile, nel quale venne inflitto un super-dosaggio di glucoside dello steviolo a ratti da laboratorio. Al di là della crudeltà della vivisezione, la quantità somministrata equivaleva all’assunzione di tre chili e mezzo di stevia al giorno da parte di un uomo di 65 chili. A questi dosaggi, sarebbero dannose anche le carote. Su questo unico studio che definiva la stevia come cancerogena, si è basato uno dei boicottaggi più ingiustificabili della storia.

Molte persone, io tra queste, hanno condotto lunghe battaglie, raccolto firme e cercato per anni di portare l’argomento stevia in tv, nelle manifestazioni che si occupavano di alimentazione naturale o di piante boicottate. Tutta questa protesta ha avuto effetto ma, paradossalmente, ha avuto l’effetto di consegnare una pianta curativa nelle mani delle multinazionali che ne hanno fatto un prodotto dietetico, tanto che l’interesse verso la stevia si è già esaurito e resta comunque dominio di gruppi come Monsanto e Bayer che fino a ieri la boicottavano. Oggi, grazie alla mutata opinione della Comunità Europea nel 2011, evidentemente dietro loro stessa pressione, la commercializzano insieme a dolcificanti cancerogeni come l’aspartame. Ma cos’è realmente la stevia che troviamo in commercio oggi? Non è la pianta integrale. Questi dolcificanti sono composti dal glucoside dello steviolo, estratto dalla stevia, e da altri componenti. Il glucoside dello steviolo è un additivo approvato e liberamente utilizzabile in prodotti alimentari, mentre lo “zucchero di stevia” inteso come la polverizzazione delle foglie essiccate di stevia, non è approvato come additivo alimentare. Ma nulla vieta al privato di usarlo, di produrselo e di parlarne. Buffo, no?

C’è una logica, per quanto perversa. In Europa per lo steviolo è stata recepita la classificazione americana di additivo alimentare invece che quella di alimento. Viene invece considerata erba la pianta stevia, al pari di menta, camomilla ecc. I test quindi vengono condotti sullo steviolo e abbiamo dati sull’uso dello steviolo, non sulla pianta di stevia (su cui comunque esistono millenni di tradizioni d’uso).
In Europa un’associazione di medici, la EUSTAS, European Stevia Association, si sta battendo alla Commissione Sanitaria della UE chiedendo che anche le foglie siano citate come alimenti sicuri, eliminando lo studio sbagliato del 1968. Come ulteriore motivazione delle proprietà benefiche e per nulla nocive delle foglie di stevia, riportano l’uso che si fa di foglie fresche e secche nella medicina orientali da centinaia di anni, soprattutto in Tailandia. Circa 150 milioni di persone fuori dall’Europa consumano liberamente stevia in foglie e non sono riportati effetti collaterali.  
Ovviamente ci sono interessi enormi dietro il boicottaggio dell’uso delle foglie di stevia: permettere l’uso commerciale del glucoside dello steviolo ma non quello delle foglie di stevia, per il cui test basterebbero pochi mesi, è senza ombra di dubbio un grande regalo alle aziende produttrici e una disincentivazione al privato cittadino che vuole autoprodurselo in casa. Quindi: disobbediamo, produciamocela da soli, cresce anche in vaso sul balcone ed è legale coltivarsela. Facciamoci il nostro zucchero!



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