Stanislav Grof, vita e opere di uno psiconauta
«Se io sono il padre dell’LSD, Stan ne è il padrino. Nessuno ha contribuito più di lui alla crescita del mio bambino difficile». Così ebbe a dire il Dr. Albert Hofmann, il chimico svizzero che nel 1943 sintetizzò l’allucinogeno riferendosi a Stanislav Grof. Dopo averne ricevuto nel 1954 un primo quantitativo dalla Sandoz, come per altri centri di ricerca sparsi nel mondo, l’allora 23enne psicanalista (e quasi psichiatra) ceco si diede subito da fare con la sperimentazione al centro per la ricerca psichiatrica di Praga, nonostante i sospetti dello stretto regime comunista. Per il ventennio successivo Grof proseguì queste indagini rigorose e legali sull’uso di vari psichedelici come coadiuvanti del trattamento psichiatrico, anche dopo essere emigrato negli Stati Uniti, prima al Maryland Psychiatric Research Center e poi all’Esalen Institute di Big Sur, in California, dove operò fino al 1987 come “scholar-in-residence”. Un percorso che man mano lo ha portato, nei primi anni ’70, alla formulazione della psicologia transpersonale, insieme ad Abraham Maslow, Charles Tart, Ken Wilber, e poi della respirazione olotropica, insieme alla prima moglie Christina. Grof è stato un pioniere anche per l’elaborazione di un modello psicodinamico transpersonale, oltre che una mappa dell’esperienza interiore basata su una metodologia psicoterapeutica ad approccio transpersonale.
Tutto questo è solo una parte di quanto offre il documentario “The Way of the Psyconaut”, da poco lanciato sulla piattaforma online Vimeo (con sottotitoli anche in italiano) e diretto da Susan Hess Logeais prendendo avvio proprio dalle sue sessioni con Grof per superare una crisi esistenziale. Il progetto è anzi la trasposizione dell’omonimo doppio volume pubblicato la scorsa estate dalla Maps (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), che ne ripercorre la parabola umana e professionale all’apice della sua incredibile carriera. Mentre il relativo sito web (www.thewayofthepsychonaut.com) arricchisce ulteriormente il quadro: interviste ad altri luminari contemporanei, tra cui i noti intellettuali Fritjof Capra e Rupert Sheldrake, live streaming con vari protagonisti dell’odierno fronte psichedelico, inclusi Robin Cahart-Harris (Imperial College di Londra) e Rick Doblin (Maps), risorse utili e materiali di approfondimento.
Con 60 anni di ricerca multidisciplinare alle spalle, il quasi novantenne Grof è un’autorità riconosciuta del settore e le sue interviste al centro del docu-film confermano la validità di queste nuove tecniche e modalità per l’evoluzione della coscienza, in aggiunta (o anche in sostituzione) all’assunzione di sostanze enteogene. Modalità che vanno anzi rivelandosi intimamente legate alle ultime scoperte della scienza moderna: la fisica quantistica, la teoria dei sistemi, il pensiero olonomico. Grazie altresì alla convergenza di un approccio sempre più aperto e multidisciplinare, di cui fanno legittimamente parte neuroscienziati e filosofi, etnobotanici e antropologi, esperti di meditazione e spiritualità orientale, artisti e performer.
Numerosi i suoi libri tradotti anche in italiano, tra cui “L’ultimo viaggio. Terapia psichedelica, sciamanesimo, morte e rinascita” (2017) e il recente “Respirazione olotropica. Teoria e pratica” (entrambi presso Feltrinelli). A conferma di visioni e percorsi complementari, il primo espone le piante psichedeliche come una delle più potenti tecnologie del sacro e ne sintetizza la lunga storia dell’uso cerimoniale in America Centrale. Mentre il secondo dettaglia questa tecnica respiratoria, normalmente tipica dell’esperienza psichedelica, come esplorazione dell’inconscio e rivelatasi efficace per un’ampia gamma di disagi emotivi e psicosomatici.