Sostanze psicotrope: il sacro oltre che proibito
A partire dalla Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 aleggia intorno alle sostanze stupefacenti, le cosiddette droghe, un vero e proprio tabù, volto a proibirne la diffusione senza una licenza specifica d’uso. Il termine tabù deriva da una parola polinesiana, “tapu”, in hawaiano “kapu”, che si riferiva all’interdizione relativa a un’area di consuetudini e costumi dichiarata “sacra e proibita”.
In tema di policy sulle droghe nelle società occidentali il binomio si è drasticamente ridotto alla variabile della proibizione, essendo venuto a mancare il contesto rituale e cerimoniale che custodiva le pratiche con sostanze psicotrope in numerosissime popolazioni del mondo. Perduto il sacro nell’orizzonte della modernità, queste sostanze sono passate alla sfera del rimosso collettivo, così come i rituali di guarigione ad esse associati.
L’avvento della medicina psichedelica le ha riportate oggi sotto ai riflettori dell’opinione pubblica. La scommessa è allora quella di restituire al dibattito pubblico la questione e di sottoporre a libera ricerca questi composti dal potenziale clinico e terapeutico indiscutibile, nella cornice di una rinnovata educazione in materia di sostanze che sappia tenere conto degli effetti, dei rischi, degli accorgimenti atti alla riduzione del danno e del loro potenziale di trasformazione e cura.
È allora una forma di restauro pedagogico quella che ci serve per poter parlare di queste sostanze con lucidità e consapevolezza, perché l’incontro con esse non vada ad assecondare un mero senso di trasgressione, ma sia invece l’occasione per migliorare se stessi e accrescere la propria coscienza di sé e del mondo.