Sorcetti Verdi
“Sorci Verdi” è stato il nuovo programma condotto da J-Ax, che ha esordito in seconda serata nei martedì di Raidue ad inizio ottobre. Un format che si ispira ai late show americani e alla stand-up comedy: insomma, un nuovo programma di satira che “vuole uccidere il politically correct e non vuole fargli nemmeno il funerale”. L’azienda di via Mazzini ha puntato forte su questa idea, addirittura ritenendola “l’ultima speranza di farci ascoltare da qualcuno al di sotto dei 55 anni”. L’impressione è che, a parte le intuizioni e le pompose presentazioni, sia stato l’ennesimo passaggio a vuoto.
Fuori dagli schemi?
J-Ax ha smesso i panni del giudice di The Voice – cui ha dedicato alcune battute nella puntata d’esordio – “un talent show dove cantanti che sperano di realizzare dischi di successo giudicano talenti musicali che i dischi di successo non li faranno mai” – per vestire quelli del conduttore/comico: non essendo né l’uno né l’altro, e non possedendo la spigliatezza e la lucidità per tenere in piedi un monologo da stand-up comedy, ha mostrato subito rigidità e malcelato imbarazzo. Forse è stato ritenuto adatto al ruolo poiché a suo agio con l’idea di satira del programma, evidentemente ridotta al turpiloquio e allo sdoganamento delle parolacce anche in Rai. O, probabilmente, nella vecchia tv popolare si pensava potesse bastare l’anticonformista per eccellenza, ad impugnare la sua sempiterna battaglia pro-legalizzazione, per ricavarne un programma fuori dagli schemi. Così, pare non essere.
Hatingline R.I.P.
Capitolo autori. Se qualcuno, finora, si fosse chiesto cosa c’entrasse il rap con la satira e questo programma, sveliamo ora l’arcano. A scrivere buona parte degli interventi di Ax (nonché, a quattro mani, i libri del rapper ,“Agendax” e “Così ho trollato la tv”) è infatti Matteo Lenardon. Oltre ad essere un riconosciuto autore e giornalista, questi è stato uno dei fondatori del blog di satira sull’hip hop Hatingline, creato in collaborazione con un team di blogger, tra cui Augusto Pedari aka Padre P-Yo, che invece partecipa al programma in veste di attore e disturbatore, senza soluzione di continuità con il suo passato di troll-rapper. Hatingline non esiste più (e con la scomparsa della piattaforma blog Splinder non è nemmeno accessibile il suo archivio), ma viene ricordato come uno degli esperimenti legati all’hip hop italiano di maggiore successo. Tenuto in piedi negli anni in cui il genere non andava per la maggiore, anzi, ha saputo sguazzare alla grande in un ambiente totalmente underground, proponendo un livello di satira altissimo (e apprezzato dovunque, tanto da arrivare a Daniele Luttazzi).
“Sorci Verdi” non ha fatto ridere né riflettere, ma soprattutto non ha portato sugli schermi Rai l’innovazione che ci aspettavamo da due menti finissime della comunicazione e della satira. Le idee non sembrano fresche, ma ancorate a topòi della comicità spicciola all’italiana o che fanno l’errore di travestirsi da proclami politici – ad esempio nei riguardi delle unioni tra omosessuali e la legalizzazione della cannabis. Ci sono momenti e trovate di spessore, come la rap battle tra personaggi famosi (tra cui, quella tra Matteo Renzi e Beppe Grillo): seppure non nuovo, lo spunto è strutturato al meglio dai Two Fingerz, che hanno dato voce di volta in volta alle celebrità sfidanti a colpi di quattro quarti.
Il momento topico del programma sarebbe dovuto essere quello delle interviste. Maria De Filippi e Marco Travaglio, ad esempio, sono stati i primi ospiti, ma a parte le rituali domande – sempre sulla cannabis e le unioni omosessuali – la più scomoda è stata “hai visto il culetto di Moreno su Instagram?”. All’ultima puntata, il colpo di genio del rap di Jerry Calà, ampiamente rimbalzato sui social, non ha salvato in calcio d’angolo il programma. “Sorci Verdi” è stata la classica occasione persa – quella di portare in Rai una satira tagliente e convincente, il minimo richiesto a talenti assoluti del campo, che dopo anni di gavetta erano chiamati alla prova del nove. Nel Paese dove Enrico Brignano vince il premio per la miglior satira politica dell’anno, non si sentiva proprio il bisogno di altra satira annacquata e innocua.
Tratto dal numero 61 (Novembre/Dicembre) di Dolce Vita Magazine