Serpelloni e San Patrignano: “Chi semina cannabis raccoglie eroina”
Siamo entrati in una nuova stagione politica e sociale: quella del terrore. Le stesse istituzioni che dovrebbero fornire ai cittadini gli strumenti necessari per capire cosa succede nella realtà in cui viviamo, sono oggi rappresentate da coloro che invece soffiano sulla paura dei cittadini, alimentando i timori più irrazionali. E che si parli di immigrazione o cannabis poco importa.
L’ultimo esempio è una ricerca presentata dal redivivo dottor Giovanni Serpelloni, braccio destro dell’instancabile Giovanardi ai tempi del governo Berlusconi nel portare avanti le istanze della guerra alla droga, mentre l’Onu consiglia da anni un diverso approccio rispetto alla repressione e diversi stati, dall’America del Nord a quella del Sud, passando per l’Africa e l’Europa, scelgono strade diverse che passano per liberalizzazione e informazione.
Parliamo di uno studio condotto da Giovanni Serpelloni, già capo Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, presentato nei giorni scorsi a San Patrignano, nelle cui conclusioni si legge che con 20-30 grammi di canapa legale «si può arrivare ad estrarre un concentrato resinoso di circa 25 milligrammi di principio attivo».
Niente di strano, all’apparenza, visto che è logico è naturale immaginare che anche da infiorescenze a basso tenore di THC, si possa estrarre la molecola psicoattiva e dalle numerose proprietà mediche della cannabis.
E invece no: tanto è bastato per far esclamare ad Antonio Tinelli, responsabile della prevenzione di San Patrignano, che «Chi semina cannabis raccoglie eroina». Un’affermazione gravissima, ancor di più se si pensa che è stata pronunciata all’interno di una comunità di recupero.
Non staremo qui a ripercorrere i numerosi studi scientifici che raccontano da anni come riguardo alla cannabis non si possa parlare di sostanza di passaggio, la teoria tanto cara ai proibizionisti, né del fatto che sempre più ricerche la identificano come sostanza d’uscita da dipendenze ben più gravi, come quelle da oppiacei, alcool o cocaina.
Ci sentiamo solamente di chiedere di moderare le parole, perché sono importanti. In un momento in cui la coltivazione di canapa è in ripresa in tutto il mondo, e le istituzioni ai massimi livelli iniziano a riconsiderare le proprietà mediche di questo vegetale da una parte, e tutti i benefici che un’agroindustria basata su questa pianta potrebbe portare all’uomo e all’ambiente dall’altra, affermazioni di questo tipo sono puro terrorismo psicologico.
Come abbiamo scritto più volte il fenomeno della cannabis light è un fenomeno buono, positivo per gli agricoltori, per i nostri campi, per l’ambiente e per la normalizzazione che sta portando in tutto il paese, forse il lato che ai proibizionisti da più fastidio.
Invece che continuare con una crociata che è persa in partenza, le istituzioni dovrebbero iniziare a dare delle norme certe a produttori e consumatori, contribuendo a far uscire l’Italia dal medioevo in cui ci vogliono far ripiombare, ed allineandoci ai paesi civili.