Se è light perché non coltivarla in carcere?
Nella Laguna di Venezia c’è un Isola che si chiama Giudecca dove un tempo sorgeva un Monastero di Monache Benedettine la cui prima menzione risale al 1328. Se guardiamo al suo passato scopriamo che molti anni fa, lì, c’era una vasta zona destinata a orto e giardino. Solo in un secondo tempo l’edificio venne convertito a carcere e lo spazio verde abbandonato.
Nel 1995 iniziò l’opera di ripristino da parte di una cooperativa che ancora oggi organizza attività lavorative e formazione professionale all’interno della casa di detenzione. «I primi tempi sono stati impiegati a ripulire e a riordinare il terreno, poi finalmente ci siamo potuti dedicare alla creazione dell’orto vero e proprio, seguendo i criteri dell’agricoltura naturale e ottenendo nel 2007 la certificazione biologica», dice il responsabile della cooperativa.
L’orto non sembra affatto risentire della prigionia e cresce rigoglioso e ben curato da un gruppo di detenute. «La coltivazione dell’orto – aggiunge – è l’attività ideale per favorire un percorso di recupero importante. I corsi di formazione offrono la possibilità di acquisire nuove competenze». L’orto, che misura 6mila metri quadri, è provvisto di grandi serre e al suo interno si coltiva un po’ di tutto.
La produzione è abbondante e frutta e ortaggi vengono venduti al mercatino che si tiene fuori dal carcere ogni giovedì mattina. Ciò che rimane finisce in borse assortite distribuite dai gruppi di acquisto solidale della zona, mentre le erbe aromatiche e medicinali, sempre nell’ottica dell’ottimizzazione, vengono usate dal laboratorio di cosmetica per la preparazione di prodotti di bellezza e di cortesia richiesti da alcuni alberghi della Laguna.
Poiché ora è possibile anche in Italia coltivare cannabis light, mi piacerebbe che nelle strutture, laddove c’è un’area adibita per questo, venisse introdotta, prevedendo anche laboratori che poi trasformino il prodotto nei derivati che sono richiesti sempre con maggior entusiasmo.
L’orto della Giudecca è un esempio di come spesso l’orto non produca solo verdure, ma anche benessere, diventando luogo di apprendimento, di rispetto e di pace.