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Saracinesco in Canapa: “Affidiamo alla terra una speranza”

Saracinesco in Canapa: “Affidiamo alla terra una speranza”Esattamente a 908 metri di altezza, sulla cima di un rilievo del gruppo montuoso dei Monti Ruffi, svetta Saracinesco. Un piccolo paese di quasi 200 anime, che gode di un panorama e di una posizione paradisiaca. Come in tanti altri comuni italiani Saracinesco in passato era molto attivo circa la coltivazione della canapa, poi tutto è caduto nella voragine del proibizionismo e le tradizioni si sono perse.
Proprio in questo paese, sperduto tra i monti alle porte di Roma, si sta sviluppando un progetto ammirevole e unico: la creazione di un villaggio della salute in cui i pazienti potranno esercitare il diritto di cura. In sostanza vuol dire dare la possibilità a tutti coloro che hanno delle patologie di curarsi con la cannabis, di cui ormai l’uso terapeutico è largamente documentato. Inoltre il progetto prevede anche la creazione di un bioparco fitoterapico dove si farà produzione ma anche fruizione culturale del territorio circostante. Questo progetto che si chiama “Saracinesco in canapa”, appunto, ed è stato inaugurato lo scorso 10 aprile, con una giornata intera dedicata alla canapa in cui si potevano gustare prodotti alimentari fatti con i derivati della pianta, ma anche alcuni prodotti tessili grazie alle associazioni presenti in loco. Una vera e propria fiera di paese che ha riunito gli abitanti di Saracinesco per un giorno intorno alla canapa. Momento importante e atteso della giornata è stata la semina simbolica, che ufficialmente ha dato il via al progetto. Giovani e meno giovani hanno piantato semi di canapa in una piccola parte del terreno destinato alla coltivazione, situato a pochi chilometri dal paesino. Un momento di condivisione di valori e tradizioni sottaciute per troppo tempo.
Di grande valore la presenza dei Gemelli Bernardini con il “museo itinerante della canapa” dal 1997, che hanno condiviso preziose conoscenze sulla canapicoltura, da loro largamente effettuata.
Spazio anche per le conferenze in cui è stato presentato il progetto, tavoli tecnici con gli addetti ai lavori, il sindaco e le associazioni che hanno aderito al progetto e lo supportano con le proprie competenze. Fondamentale parte del progetto sono anche gli enti e le istituzioni, infatti vanta la collaborazione dell’università di Tor vergata e l’università degli studi della Tuscia, che lo sostengono con le proprie competenze, in particolare per la creazione del parco fitoterapia. Noi di Dolce Vita crediamo in questo progetto e supportiamo il comune di Saracinesco in questa amabile iniziativa. Abbiamo avuto la possibilità di approfondirne alcuni aspetti con il sindaco di Saracinesco, Marco Orsola, per capirne appieno le potenzialità.

 

Come si svilupperà il progetto “Saracinesco in Canapa” e nel concreto quali saranno i prossimi passi?
Come è noto il progetto si compone di due grossi interventi, uno è il villaggio della salute e l’altro è la creazione del bioparco fitoterapico. Per quanto riguarda il villaggio della salute sommariamente il mio ufficio tecnico ha elaborato una proposta tipologica. In pratica abbiamo ubicato l’area, l’abbiamo rilevata ed abbiamo fatto uno studio, adesso si è entrati nel dettaglio della tipologia di edificazione per realizzare un compendio il quale sia compatibile con l’esigenza della fruizione, sostanzialmente con portatori di patologie che sono curabili con il ricorso alle cure cannabiche, fitoterapiche e nutraceutiche in genere, ma che al tempo stesso in qualche modo si integri senza violenza e con principi di assoluta sostenibilità all’interno del contesto in cui il villaggio deve essere collocato. Senza invadere l’ambiente circostante ma con la finalità di farne anche un elemento terapeutico. Vogliamo superare l’immagine tradizionale della clinica e dell’ospedale inserendoci in un contesto adeguato e dando risalto agli aspetti di sostenibilità ambientale e di bioedilizia. Tenendo sempre in considerazione che questo progetto nasce guardando al mondo della malattia, in modo rispettoso, e avendo una visione alternativa delle metodiche di cura.

Possiamo quindi dire che questo progetto si allontana delle istituzioni classiche?
Il progetto vuole rompere gli schemi. Per capirlo bisogna coglierne i principi che stanno alla radice, tutto va verso una rottura degli schemi rispetto a quelli che sono gli usi terapeutici della canapa.

La decisione di riscoprire la canapa è data da motivazioni storiche, visto che in questo territorio la canapa era coltivata e utilizzata tradizionalmente dalla popolazione o ci sono altre motivazioni?
È legata a ragioni storiche perché nell’area dove abbiamo fatto la semina sperimentale, e in tutta l’area circostante, che poi sarà quella del bioparco farmacologico, la canapa è sempre stata coltivata. L’area dove è stata fatta la semina simbolica si chiama Pantano, nella toponomastica locale, e le cannavine di Pantano erano queste piccole fasce di terra irrigue, dato la vicinanza del fiume Aniene, che in passato erano dedicate alla canapa per uso tessile. Quindi in qualche modo grazie alla tradizione una pianta antica è ritornata nelle viscere di questa terra. Domenica abbiamo seminato quello che vuole essere un seme della speranza per i pazienti ma anche per la nostra comunità che soffre il male del decremento demografico, tutto questo però non ci fa sentire figli di un dio minore perché siamo in grado di esprimere progettualità intelligenti.
Sento di intraprendere una battaglia perché non sono solo e non vorrei fare alcunché senza i giovani delle associazioni, spina dorsale del progetto.

Saracinesco in Canapa: “Affidiamo alla terra una speranza”

Sono previsti degli incontri con le istituzioni?
Sì, avremo gli incontri con le istituzioni per gli aspetti che riguardano urbanistica ed autorizzazioni. In seguito però gli incontri con le istituzioni saranno anche di diverso genere considerando che la regione Lazio sta per varare una legge sulla canapa terapeutica, e quindi sta in qualche modo riconoscendo l’importanza di questa pianta nell’economia complessiva della regione. Poi ci interfacceremo con le istituzioni anche per il famoso punto della questione: la cannabis terapeutica, perché io non mi voglio arrendere. Il nostro progetto non si è concluso seminando la canapa industriale a basso contenuto di THC, dobbiamo mirare ad un altro aspetto nel quadro di questa legislazione che è in divenire. Vantiamo due partner importanti, l’università di Tor Vergata e l’università della Tuscia, ed inoltre mi sto accingendo a nominare il comitato scientifico che dovrà congiuntamente alla SIMN (Società Italia di Medicina Naturale) e con la presenza costante delle associazioni sovraintendere agli sviluppi di questo progetto. Se il quadro normativo evolve potrebbe risultare lecito procedere alla coltivazione di cannabis sotto l’etica costante di enti di ricerca e noi questo passo lo dobbiamo fare.
Una battaglia contro gli atteggiamenti criminogeni dei nostri legislatori, completamente indifferenti ai drammi della malattia, ai quali aggiungono poi il dramma di doversi fronteggiare con le aule di giustizia. Questo è il punto dolente della questione in cui tutti i soggetti, le associazioni, gli enti di ricerca acconsentono.

Saracinesco in Canapa: “Affidiamo alla terra una speranza”Sul versante della canapa industriale quali saranno le principali iniziative?
Punteremo sugli aspetti alimentari ma anche industriali: qui intorno è molto sviluppata l’industria della carta. Ci sono anche una serie di altri utilizzi ma questa è una cosa che terremo separata. Stiamo sviluppando il bioparco fitoterapico, ché sarà un luogo dove si farà produzione di varie piante, tutte con una finalità terapeutica, fitoterapica e curativa in cui la canapa sarà ovviamente dominante; ma anche fruizione didattica e culturale interattiva poiché si interagirà con quello che si coltiverà. Inoltre ci sarà anche una pista ciclabile.
Tutti i passi avanti fatti sono stati fatti grazie a chi a vario titolo e in varie posizioni ha condotto una battaglia anti-proibizionistica e ha fatto palesare la verità. Credo che abbiamo toccato fasce ampie di pubblica opinione, anche localmente il progetto sta dimostrando interesse.
Come modello di sviluppo economico siamo un paese montano a rischio spopolamento che vede i propri giovani fuggire perché non ha ricadute occupazionali, ma ha una grande risorsa la terra, e alla terra dobbiamo ritornare. Al contrario il villaggio della salute permette di avere soltanto una finalità etica, intendo realizzarlo con le risorse che riusciamo a reperire tramite il mondo associativo e intendo affidarlo alle associazioni con un’equipe medica costantemente reperibile.

La regione sostiene il progetto?
La regione Lazio sta facendo una legge che va avanti da anni, ho avuto alcune interlocuzioni con alcuni consiglieri regionali e mi auguro che presto mi chiami anche il nuovo assessore all’agricoltura, Carlo Hausmann. Alcuni consiglieri regionali di forze politiche diverse si sono interessati al progetto e mi stanno in qualche modo seguendo nel percorso anche membri della commissione agricoltura. In questo progetto stiamo centrando gli obiettivi posti dalla politica comunitaria e spero che i nostri decisori regionali mi tenderanno una mano. Tendenzialmente questo progetto non ha una matrice politica ma etica, siamo aperti al sostegno di tutte le forze politiche che ci vorranno appoggiare.

Ci sarà una particolare etica nei confronti dei malati?
Principalmente il diritto alla libertà di cura, il ricorso a cure alternative e di completamento medicalmente assistite.

Lasci un messaggio per i lettori…
Ministro Beatrice Lorenzin, ministro Maurizio Martina, presidente Nicola Zingaretti ed assessore Carlo Hausmann: se ritenete che questo sia un progetto pilota, un progetto scientificamente fondato, un progetto con un valore di trasferibilità elevata, anche in altre realtà, dateci la giusta attenzione perché stiamo attuando gli indirizzi di politica agricola comunitari, inoltre stiamo iniziando la nostra agricoltura ad una finalità terapeutica. Diamo un segnale di credibilità e speranza a chi è colpito dal male e dalla sofferenza.



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