Sangue Mostro – Cuo-Rap (recensione)
Approcciarsi oggi ad un disco rap napoletano, a maggior ragione se generato da una delle crew pioniere dell’hip hop partenopeo, significa rapportarsi ad un progetto puro, che persegue lo spirito dei primordi. A parte più uniche che rare eccezioni, infatti, a Napoli non si è scesi mai musicalmente a compromessi e l’indole di strada non si è mai asservita al materialismo spicciolo. Non fa eccezione il nuovo disco dei Sangue Mostro, ovvero la sintesi delle esperienze di 13 Bastardi, 99 Posse e TCK, primi bagliori di quella luce che adesso permette ai giovani napoletani di illuminare i maggiori palchi d’Italia.
I Sangue Mostro sono Speaker Cenzou, Ekspo, AleZin e Dj Uncino. L’esperienza di rap e palchi di tutta Italia è stata utile per confezionare un prodotto maturo, che rendesse merito al proprio passato e evolvesse in maniera seria e coerente il proprio percorso musicale: un disco fatto col “Cuo-Rap” non ha necessità di puntare alla pancia e mirare ad un fine estetico, di soddisfazione temporanea. Un disco che –come il parallelismo culinario in “Hip-Hop Raù” efficacemente spiega- deve cuocere lento e non lascia scampo ai sapori artefatti del fast food musicale.
“Cuo-Rap” è street rap su efficace boom bap: diciotto tracce intense, infarcite di tradizione e coscienza, assicurano non solo un’attitudine classica nel suono e nelle liriche, ma pure nella riproposizione di soggetti tipici del folklore napoletano/meridionale (Magliari, Juoc Money, 71). Un pizzico di disillusione viene fuori, certo, per chi da venti anni ha visto nascere, crescere e venire alla ribalta un movimento che in parte ha perso il suo spirito: Tiemp Luntan è un manifesto dell’hip hop old school e dei tempi che furono, in un album che non mette però paletti alla nuova scuola, quella buona, apripista di un brano importante come Napoli pt.3. L’old school rappresentato da Papa J –come ai bei vecchi tempi del merlo– nel ritornello di Easy come, Easy go, dalla preziosa collaborazione di A.G. della D.I.T.C., gigante del Diggin’ in the Vesuvius, e in quella significativa di O’Zulù nella antagonista Repressione. Tra le buone collaborazioni, troviamo Clementino nei tributi-controtributi di Rinascimento e la intensa prova di Ntò in Tutt cos’ cagn.
La black music è il fulcro stilistico sui cui si poggiano i synth che attualizzano il funk e il soul: il degno tappeto sonoro per dei veri e propri maestri di cerimonia, abili a integrare flow, contenuti e delivery senza che l’uno prenda il sopravvento sull’altro. Speaker Cenzou si mette alla guida del pulmino con cui porta tutti a scuola di flow: cambi di impostazioni e metrica ad ogni pezzo, livello tecnico assoluto. “Cuo-Rap” è un disco importante per il significato che porta con sé, di un hip hop puro e mai depravato. Qualche passaggio a vuoto certo non distoglie l’attenzione sulla portata del messaggio di un hip hop fatto col cuo-rap, che non dimentica di portare con sé le radici della nostra cultura.
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