Salmo – Midnite (recensione)
Il fenomeno Salmo e tutto ciò che gli gravita intorno ha dell’incredibile: solo due anni fa era un perfetto sconosciuto che bazzicava nell’underground sardo, praticamente una nicchia nella nicchia. Ora fa numeri strepitosi, ha settato standard comunicativo-musicali e raggiunto consensi trasversali. In due anni ha pubblicato più dischi, mixtapes e singoli di quanto in media un rapper produceva dieci anni fa: si può dire che sia tra quelli che hanno cambiato il modo di intendere il rap in Italia. In particolare nella maniacale cura sul prodotto musicale, ovvero la risultante di video costanti e di qualità; un mix di dischi full lenght brevi ma intensi alternati a release non ufficiali più corpose e ruvide; mirata attenzione al marketing e anche alle forme virali di comunicazione (il sito ufficiale, piattaforma obsoleta poiché non social, è ora inutilizzato, aggiornato ad inizio 2012). L’impressione è che abbia la sagacia sociologica di sviscerare la savana sociale italiana, di carpirne le aspirazioni e i vezzi.
Sta gente non vuole un messaggio, solo una distrazione: la popolarizzazione del rap ne ha forzatamente modificato i connotati comunicativi, snellendone la forma e adeguandosi al gusto popolare. L’mc sardo sa di veicolare la sua arte a una generazione che non crede ai politici e ai santi, ma soltanto ai cantanti. La generazione che si è rotta i coglioni di tutto e non crede più a niente, ma che lascia ben più di uno spiraglio solo ai rapper, magari a quelli che hanno le stigmate del personaggio. Salmo è un personaggio, sebbene non sia mai caduto nel tranello di snaturare la sua indole hardcore, fottutamente hip hop. Parla a quella generazione e al contempo ne canta l’atavico carattere bamboccione: Davanti allo specchio bambini in eterno. Di lui si conosce la profonda gavetta tra palchi e demo, ma anche lo spirito grezzo con il quale, due anni fa, confezionava un piccolo capolavoro, The Insland Chainsaw Massacre. Si può dire sia cambiato solo nell’approccio totale alla musica, divenuto ora più professionale. Che il trasferimento a Milano abbia influito? Pochi dubbi.
Midnite segna un nuovo inizio, alla ricerca di un respiro più ampio che magari rifugga anche le critiche che lo volevano monocorde su flow, tematiche e suono. Salmo produce un disco di tredici tracce che, pur mantenendo il rituale fulcro stilistico, si compone di altre e nuove sfumature. Un mosaico più completo delle precedenti pubblicazioni che ne fa apprezzare la versatilità, dunque la capacità a tutto tondo di padroneggiare il mezzo rap. Se Russel Crowe è il filo conduttore che lo lega all’immediato passato e all’arguta critica di alcuni meccanismi musicali e di mercato, in brani come S.A.L.M.O. e Faraway stupisce per il sentito ricorso al cerebrale, mentre in Redneck sfoggia complesse delivery. E se l’immaginario futuristico e distopico di Weishaupt e Space Invaders necessita di sensazioni più oscure ed elettropunk, ci pensa Shablo a sincopare Ordinaria Follia, soave battere e levare con Navigator dei Freestylers. Senza tralasciare le due perle di Big Joe, frutto di un suo personalissimo senso classico del boom bap. Insomma, tante variabili concentrate in pochi brani: una contraddizione in termini, ma la conferma dell’assoluto talento di Salmo, credibile ed efficace in ognuna delle prestazioni.
Midnite è un gran disco: probabilmente ha un paio di episodi rivedibili, compresa buona parte delle compartecipazioni, dove spiccano in positivo Nitro e MadMan, che ne impediscono la generale riuscita. Ma, comunque, è il lavoro di un ottimo artista, capace di settare gli standard del genere in brevissimo giro di posta: vi siete mai chiesti perché la gente si diverte solo ai suoi live? L’augurio è che si possa pogare sempre di più e non assistere a tanti automi maneggiare telefonini o videocamere tenendo il tempo ossessivamente con la mano. A parte questa inutile chiosa, salutiamo con grande piacere un altro ottimo lavoro prodotto dal rap italiano. Se è la Midnite, il giorno pare iniziare con piacevoli premesse.
________________