Salmo – Hellvisback
“Hellvisback” è il disco che sancisce il ritorno ufficiale di Salmo, ben quattro anni dopo il precedente “Midnite”, un lasso di tempo enorme, relativamente all’evoluzione costante del rap italiano e della discografia in generale. Se uscire anni fa con un disco rap in major era recepito come una svendita dei propri ideali artistici all’uniformazione dettata dal mercato, Maurizio Pisciottu si è sempre svincolato da tali dinamiche, accumulando numeri e consensi con una certa coerenza artistica di fondo.
White Music
Un album di Salmo non è mai un freddo contenitore di tracce inedite: anche stavolta, l’aspetto materiale del progetto è sublime, e, oltre al fantastico packaging, ecco il fumetto (curato dall’ottimo Fr3nk) che descrive l’incontro tra lo stesso e il suo mito Elvis Presley, rigorosamente all’inferno. Ma come, un rapper che cita e dedica il titolo del disco ad un’icona rock? Non solo, aggiungeremmo, perché tra le righe del suo disco spuntano Sid Vicious e i Rancid, mentre il boom bap spesso sfuma e ingloba riverberi di matrice rock. Che ogni volta riscriva gli standard comunicativi del rap italiano è accertato, ma che abbia il coraggio di strappare il genere dalle mani della sua grande madre, la black music, per adottare e citare modelli fondamentalmente white, è l’assoluto salto di qualità. Una scelta precisa, che si rivela anche proficua: avere sul proprio disco un fenomeno come Travis Barker – un fenomeno non in flow e delivery, ma a pestare sulla batteria – non è da tutti.
Attenzione
Diplomati con il flow – bro – Dipset
Noi siamo i cani di strada, voi fate i cani all’Est
Amo il rap come Kanye West ama Kanye West
Prestate attenzione, ché Salmo il rap lo ama e lo fa sempre meglio. Le skills del sardo sono palpabili e di sicuro il suo orecchio non è rimasto all’asciutto in questi anni (non sentite un po’ di Kendrick nel bridge di Daytona vs Cadillac?). “Attenzione” che può essere una keyword importante per recepire “Hellvisback”: un disco concentrato ed omogeneo la tiene sempre alta, mentre i brani stessi mostrano cambi repentini di ritmo, che si gonfia, oscilla e rientra continuamente – giusto per stare incollati alle cuffie e badare bene ai molteplici e non sempre immediati rimandi citazionistici.
Salmo è un’entità peculiare nella musica italiana e il nuovo disco corrobora questa sensazione. Tra le righe di Hellvisback rivendica questa assoluta autonomia – nel caso non basti un album non asservito alle dinamiche discografiche – con un concentrato di lucide analisi su società italiana (“Il Messia”) e milanese (“7 AM”), nonché di quello che sarebbe potuto diventare – ma che ha preferito non diventare – per il mercato musicale (“Io sono qui”).
Schiena a terra, vale todo
Bacio i tagli sulle mani a chi lavora sodo
Quando tutto finisce non resta che l’odio
Di chi vuole gli immigrati al rogo
Tra un disco e l’altro Salmo ha approfondito la sua capacità strumentale, riportando in Hellvisback le batterie, le chitarre ed il piano suonati in prima persona; se nei precedenti aveva concesso più variazioni sul tema, in particolare sulle cadenze sincopate e le reminescenze dubstep, queste adesso paiono più funzionali alla struttura musicale del disco, compiuta e compatta come mai prima d’ora – grazie anche allo straordinario talento del protetto Low Kidd, di Stabber e di un Big Joe sempre attento ad assecondare la sua indole.
In definitiva…
Salmo ha un gusto ed un’estetica superiori a tutti gli altri colleghi. È l’artista più completo e trasversale che il rap italiano abbia mai conosciuto, con un’immagine ed una iconografia totalmente nuova in Italia e con una declinazione live sempre più di primaria importanza – elemento fin troppo sottovalutato dal resto del genere. “Hellvisback” è un disco incredibile, per il quale si fatica a trovare un brano preferito – probabilmente “Black Widow”, per chi scrive – per quanto tutti si attestino su standard elevati. Non immediato come i precedenti, ma solido come un monolito. Fenomenale.