Rototom Sunsplash: l’esperienza da vivere almeno una volta nella vita
Dal 16 al 22 agosto si terrà a Benicàssim in Spagna la 27esima edizione di uno dei festival più straordinari d’Europa. Abbiamo intervistato in esclusiva il suo direttore Filippo Giunta, antiproibizionista convinto
Immaginate una città della musica in cui oltre 200mila persone convivono nel segno della pace, del rispetto e delle good vibes. Ora focalizzate l’obiettivo su Benicàssim, sulla costa brava spagnola, 250 chilometri a sud di Barcellona. È qui che dal 2010, fatto salvi gli ultimi due anni per via delle limitazioni legate al Covid, si tiene per una settimana, la demo di ciò che potrebbe essere l’essere umano se mettesse al centro della sua vita valori come la sostenibilità ambientale, la pace e l’amore.
Se sieste già stati al Rototom Sunsplash sapete di cosa stiamo parlando, se invece non è così, allora dovreste vivere l’esperienza del più importante festival reggae in Europa almeno una volta nella vita.
Quest’anno, alla sua 27ma edizione, sono attese oltre 230mila persone. Dal 16 al 22 agosto si esibiranno oltre 100 artisti provenienti da 20 paesi di tutto il mondo. Un nome su tutti, rimandando a ciascuno la scoperta individuale della ricchissima line up, è quello di Burning Spear, uno degli artisti più influenti del reggae, leggenda vivente e meritatamente elevato al podio della musica giamaicana insieme a Bob Marley e Dennis Brown.
Ma Rototom è qualcosa di straordinario sotto tanti punti di vista, non solo prettamente musicale, a partire dalla sua storia. Fondato nel 1994 a Gaio di Spilimbergo, un piccolo paese della provincia di Pordenone, in Friuli-Venezia Giulia, nel cartellone della sua prima edizione contava giusto 14 gruppi, tra i quali gli Africa Unite – presenti anche quest’anno -, Almamegretta e Buju Banton. L’accoglienza fu calorosa e il passaparola inarrestabile: quattro anni più tardi il pubblico era cresciuto a tal punto da costringere gli organizzatori a un cambio di sede, che evidentemente non sarà l’ultimo. A Lignano infatti il festival resta solo due anni, poi si sposta a Osoppo, vicino Udine. Nelle sue dieci edizioni consecutive in questa location, si contano in media 150mila spettatori. Ma è con l’arrivo in Spagna che il Rototom trova gli spazi e la formula che a chiunque passi da quelle parti fa pensare che un altro mondo è possibile.
Abbiamo così cercato il direttore artistico Filippo Giunta, che questo mondo l’ha immaginato e realizzato, continuando a prendersene cura anno dopo anno, per scavare nelle fondamenta di questo grandissimo successo.
RISPETTO ALLA BASE
Il rispetto è uno dei valori fondanti del Rototom Sunsplash, innanzitutto per la natura e per l’ambiente, mai come oggi necessario per salvaguardare il nostro pianeta. «Nel corso degli anni – racconta Giunta – abbiamo cercato non solo di metterlo in pratica, ma di fare in modo che anche il nostro pubblico diventasse sempre più consapevole della sua importanza.» C’è poi il rispetto per le persone, imprescindibile. Fin dagli inizi il festival si è battuto contro il razzismo e ogni forma di discriminazione. «Continuiamo a farlo, sostenendo le minoranze e appoggiando le persone più fragili. Ad esempio, al festival le persone che hanno una disabilità maggiore del 65% entrano gratuitamente. Durante la settimana, dedichiamo sempre una giornata ai disoccupati della provincia di Castellón, che possono entrare con un biglietto ridotto a un prezzo simbolico. Siamo poi molto attenti a non colpire la sensibilità del nostro pubblico, mantenendo una precisa politica dei prezzi. Ad esempio, siamo uno dei pochissimi festival dove l’acqua costa solo 50 centesimi. Crediamo sia un bene necessario. Infine, per noi il rispetto significa anche diversità. Il nostro Social Forum è un luogo simbolo per ascoltare le idee altrui, che spesso vengono silenziate dai media tradizionali. E poi accogliamo e ospitiamo identità che hanno idee diverse dalla nostra, come lo spazio dedicato all’Hare Krisna, presente ai tempi di Osoppo, in Italia, o la House of Rastafari qui a Benicàssim.»
CULTURA DELLA PACE: «REGALARE UN’ORA DI PACE A SARAJEVO»
La pace è un tema che ogni anno ha il suo spazio centrale nel Social Forum, dedicato a conferenze e dibattiti con sociologi, politici, religiosi e intellettuali, e nei momenti di approfondimento culturale. Il Rototom si è sempre attivato per difenderla ogni qualvolta che si sono messe sul tavolo le opzioni della guerra. Un esempio in tal senso è stata la guerra in Kosovo del 1999. «Quell’anno organizzammo un concerto della pace ad Aviano, a fianco della base NATO. Non fu facile, perché nessuno ci voleva dare i permessi, ma con la complicità del sindaco di allora, comunista, riuscimmo ad affittare un campo contadino confinante, ottenendo così il via libera. Montammo il palco alle spalle della base, creando una situazione complicata per i militari, che diedero l’ordine di fermare i decolli fino al termine della manifestazione. Per noi fu un piccolo ma importante successo: riuscimmo a regalare un’ora di pace a Sarajevo».
L’IMPEGNO DEL ROTOTOM PER L’AMBIENTE
Un macro evento come il Rototom ha com’è ovvio un forte impatto sull’ambiente, ma l’organizzazione fa di tutto affinché sia il più sostenibile possibile tanto che nel 2009 e nel 2010 il festival è stato premiato con “A Greener Festival Award” per essere a livello europeo come uno dei più attenti e rispettosi verso l’ambiente. «Da quando siamo a Benicàssim – continua Giunta – abbiamo piantato più di 300 alberi nell’area campeggio; dal 2013 puntiamo sul riciclo dell’acqua per i servizi igienici; dal 2014 investiamo in tecnologia LED e pannelli solari per illuminare i nostri palchi, riducendo così l’84% del consumo energetico giornaliero del festival; promuoviamo da sempre l’acquisto e il consumo di prodotti locali e l’utilizzo di mezzi di trasporto sostenibili e collettivi per raggiungere l’evento. Negli ultimi anni abbiamo azzerato la produzione di bottiglie di plastica all’interno del festival, grazie ai punti d’acqua filtrata e al sistema dei bicchieri riutilizzabili. Questi ultimi hanno anche un fine solidale: ogni bicchiere, del valore di un euro, può essere donato per una causa sociale o ambientale.»
ANTIPROIBIZIONISMO: UNA BATTAGLIA PER LA LIBERTÀ
«Da sempre cerchiamo di divulgare informazioni obiettive sulla marijuana, che viene troppo spesso criminalizzata come una delle droghe più letali della nostra società. Il nostro obiettivo non è che una persona consumi, ma che sia consapevole a cosa va incontro, senza paure, senza strumentalizzazioni. C’è stato un anno in cui abbiamo assunto degli avvocati che giravano per il festival per dare assistenza a chi veniva fermato dalla polizia. Agli stranieri, in particolare, veniva fatto l’interrogatorio in italiano senza traduzione e, con l’inganno, gli facevano firmare delle carte il cui significato non veniva spiegato. Così li condannavano e gli prendevano tutti i soldi che avevano. Noi invece volevamo difenderli e questo ci ha portato grossi problemi legali. Come direttore del festival sono stato denunciato per favorire il consumo di sostanze stupefacenti, poi assolto». Una vera e propria battaglia culturale che il Rototom combatte a colpi di campagne di contro-informazione e manifestazioni contro il proibizionismo: «Un altro anno, abbiamo invitato un programma di ricerca dell’Università di Padova, che attraverso lo studio delle caratteristiche del corpo di una persona, mostrava quali effetti provocavano diversi tipi di droghe. Rispetto a sostanze come l’alcol, si dimostrò che gli effetti della marijuana erano minimi. Sia chiaro, questo non significa che una persona debba fumare, ma nemmeno che venga criminalizzata se lo fa».