Rock & lento
Adriano Celentano ha portato in Italia l’America, la giovinezza, la ribellione, la velocità – ancora non si chiamava ‘rock’, quella musica, e ancora doveva scoppiare il Sessantotto, e i ragazzi giravano in giacca e cravatta e le ragazze non facevano quasi mai l’amore prima del matrimonio e la televisione era in bianco e nero e aveva un solo canale: il Nazionale.
Celentano per primo ha incrinato quell’equilibrio che pareva perfetto, e portando la ribellione giovanile da noi, seppur nella forma della canzonetta, ha segnato una rottura pari a quella di Elvis in America: capelli lunghi, balli “osceni”, allusioni sessuali… Con Celentano – come con Elvis – il diavolo della musica nera s’impossessa del corpo di un bianco e, per quanto edulcorato e addomesticato, mantiene intatto un sapore di lascivia e di trasgressione che segnerà per sempre gli anni a venire.
Oggi quella ribellione ci appare un po’ ridicola, e molti atteggiamenti o modi di fare ci sembrano scontati e acquisiti da sempre. Ma non è affatto così.
La questione, semmai, è che cosa Celentano significhi oggi, e perché venga considerato un alfiere della libertà. La prima ragione è ovvia: la televisione pubblica italiana è talmente conformista e benpensante, che basta davvero poco per produrre un programma ‘eversivo’. Ma c’è almeno un’altra ragione, che ha a che fare con l’ormai popolarissimo gioco del “rock” e del “lento”. E’ il vecchio gioco della Torre, o del Giudizio universale: e funziona sempre. Perché consente di dividere il mondo in buoni e cattivi, e di consumare così qualche piccola grande vendetta. “Rock” e “lento” sono dunque diventati il nuovo tormentone nazionale, e le categorie fondamentali attraverso cui misurare e giudicare il mondo.
E l’erba? E’ rock, naturalmente e qualcuno potrebbe persino sostenere che è hard rock; ma è anche lenta, l’erba, quantomeno perché la lentezza, oggi, è molto rock. Il limite di Celentano e di ogni gioco della Torre è proprio questo: sforzandosi a tutti i costi di dividere il mondo in bianco e nero, finisce con il perdere di vista la complessità, e la bellezza, dell’arcobaleno. L’erba, come molte delle cose buone della vita, non è né rock né lenta. E’ jazz. L’erba non si atteggia a trasgressiva perché vuole stupire o creare scandalo o fare la rivoluzione, ma è percepita come trasgressiva semplicemente perché procura piacere. Ama i piccoli gruppi, le conversazioni sottovoce, le affettuosità e le intimità. L’erba allude ad un’ideale di vita rilassato, comunitario, anarchico; ma è abbastanza realista per sapere che il mondo funziona in un altro modo, e che non ha molto senso metterlo a ferro e fuoco. L’erba insomma è tollerante: e la tolleranza è probabilmente il più grande dei principi liberali.