Rita Bernardini assolta per la coltivazione di 56 piante di cannabis
Questo è un paradosso tutto italiano, in mezzo a migliaia di consumatori e malati che ogni giorno subiscono processi e condanne per la coltivazione di una o due piante di cannabis c’è un unico cittadino che da anni sta provando in tutti i modi a farsi condannare senza riuscirci. Si tratta di Rita Bernardini, segretaria dei Radicali Italiani, che quest’anno ci ha provato mettendo a coltivazione sul proprio terrazzo la bellezza di 56 piante di marijuana, ma non è riuscita nemmeno a farsi processare, visto che è stata la stessa Procura a chiederne l’archiviazione. Un fatto che in Italia non succede praticamente mai.
ASSOLTA NONOSTANTE AVER DICHIARATO CHE INTENDEVA SPACCIARE. La scelta della Procura, avvallata dal Gip che l’ha accolta, diventa veramente grottesca se si considera il fatto che la stessa Bernardini aveva ripetutamente dichiarato che la coltivazione era destinata allo spaccio (cioè alla cessione gratuita ai malati dell’associazione La PiantiAmo) ed oltretutto si trattava di persona con precedenti sempre per coltivazione e spaccio, visto che al momento si trova ancora sotto processo a Siena per coltivazione e cessione di cannabis, in quanto nel 2014 coltivò e cedette cannabis alla stessa associazione di malati durante il congresso dei Radicali.
CERCANO IN TUTTI I MODI DI EVITARE DI SOLLEVARE IL DIBATTITO. «Purtroppo le archiviazioni non si possono impugnare – spiega Rita Bernardini, raggiunta telefonicamente dalla nostra redazione – questa decisione del Gip di Roma è uno schiaffo ai migliaia di cittadini che ogni giorno vengono condannati per coltivazione di cannabis. Evidentemente ancora una volta, è prevalsa la volontà di far passare tutto sotto silenzio senza provocare un caso politico, che solleverebbe la questione dell’assurdità della legge italiana, che da una parte classifica come legale comprare cannabis dalla malavita ma condanna chiunque si coltiva da solo la cannabis per non finanziare le mafie».
L’ASSURDA MOTIVAZIONE UTILIZZATA PER L’ARCHIVIAZIONE. Piuttosto curiosa anche la motivazione adottata dalla Procura per giustificare la richiesta di archiviazione: «le piante rinvenute – è spiegato nella richiesta – seppure in numero di 56, sono di piccole dimensioni e piantate in modeste quantità di terriccio in un terrazzo con esposizione a condizioni climatiche sfavorevoli. In assenza di accorgimenti mirati e di specifiche modalità di coltivazione (quali lampade per assicurare condizioni idonee allo sviluppo completo del principio attivo) le piantine non avrebbero potuto mantenersi e crescere fino a produrre quantità di principio attivo tale da superare la soglia dell’offensività». «In pratica hanno sostenuto che non sarebbero state in grado di arrivare a maturazione producendo quantità rilevanti di Thc – spiega la Bernardini – peccato, però, che tra la cannabis da me coltivata nel 2014 la Procura di Siena ha trovato anche inflorescenze con il 16% di principio attivo, e si trattava del frutto di una coltivazione svolta con gli stessi semi e sullo stesso balcone di quella giudicata inoffensiva dalla Procura di Roma».
RITA BERNARDINI SI PREPARA ALLA PROSSIMA COLTIVAZIONE. Insomma, tutto lascia credere che dalla Procura di Roma si sia voluto trovare in tutti i modi il cavillo per non mandare a processo la segretaria radicale, e considerato che non era possibile giudicare la coltivazione come destinata all’uso personale (visto che l’imputata aveva dichiarato pubblicamente il contrario) ci si è inventati la storia della mancanza di principio attivo. La segretaria dei Radicali non pare comunque intenzionata ad abbandonare la battaglia: vuole essere arrestata come ogni coltivatore e spacciatore di cannabis e poter sollevare così il dibattito sul diritto alla cura per i malati. «Questa archiviazione la interpreto quindi come un permesso a coltivare la cannabis – dichiara – e la prossima primavera procederò a piantare cannabis nuovamente».