Rinascimento psichedelico: lo stato dei fatti in un libro di prossima uscita
Dopo decenni di misconoscimento le sostanze psichedeliche sono tornate nelle università, nei centri di ricerca, sui giornali e sulle riviste di tutto l’Occidente, grazie alle importanti scoperte scientifiche che le invocano come next big thing dei trattamenti psichiatrici. Sono usciti libri, anche in Italia, che hanno contribuito a far mettere a fuoco la rilevanza di tali studi a un pubblico sempre più vasto. Manca però ancora l’ultimo passaggio, quello che ci proponiamo di fare con questo volume: mostrare come il Rinascimento psichedelico, oltre che per i futuri impieghi terapeutici, sia già al giorno d’oggi parte integrante di tanti aspetti delle società e delle culture occidentali.
La riemersione della psichedelia dal sottosuolo in cui era stata relegata alla fine degli anni ‘60 si è coagulata, nella rappresentazione pubblica, su tre temi principali: la ricerca medica sull’impiego di sostanze psichedeliche nel trattamento di varie patologie (Sindrome da stress post-traumatico, ansia di morte nei malati terminali, dipendenze da sostanze tossiche come l’alcol, depressione, persino cefalea a grappolo); la diffusione sempre più ampia dei riti neo-sciamanici a base di ayahuasca nell’ambito di contesti di accrescimento personale; la pratica del microdosing di LSD come coadiuvante dell’umore e della produttività, di moda nella Silicon Valley e presso le classi creative nelle metropoli occidentali.
Dietro questi temi, con risalto assai minore, fanno capolino numerosi altri: la diffusione dei “festival trasformativi”, dal Burning Man al portoghese Boom; le persistenti vene di psichedelia sempre più visibili nelle arti più diverse, anche nel mainstream: dalle incursioni pop nelle dimensioni del DMT di un Doctor Strange, alla nuova letteratura “strana” europea (Tom McCarthy, Mircea Cărtărescu, Antoine Volodine, etc.).
È sulla base di questi spunti molti hanno parlato, a partire dai primi anni Dieci, di Rinascimento psichedelico, una definizione che può trovare il suo emblema nelle affascinanti immagini in risonanza magnetica del cervello acceso dalla psilocibina realizzate da Robin Carhart-Harris e Giovanni Petri. Novità che i media hanno riportato con toni – ineditamente – favorevoli, tanto da far apparire quasi prossimo il momento in cui le società occidentali cesseranno di percepire come una minaccia il consumo di sostanze psicoattive, e abbandoneranno il riflesso condizionato che associa la “droga” (nel dibattito politico ancora anacronisticamente declinata sempre al singolare) alla criminalità e a comportamenti autodistruttivi; solo allora potremo sperare in una liberalizzazione del consumo.
In questo contesto, che autorizza un certo ottimismo, si levano tuttavia, dall’interno dello stesso movimento psichedelico, alcune voci di perplessità: c’è chi, come Erik Davis (Techgnosis), paventa gli effetti di normalizzazione che una visione della psichedelia troppo entusiasta sugli aspetti medici può comportare; si moltiplicano inoltre le notizie sugli effetti deleteri del “turismo dell’ayahuasca” nei paesi del Centro e Sud America. Dal canto suo, David Nickles (DMT-Nexus) sostiene che nell’attuale assetto economico, la liberalizzazione rischierebbe di mettere nelle mani delle multinazionali farmaceutiche una gallina dalle uova d’oro saldamente subordinata alla logica del profitto.
Consapevoli di tali tensioni, col presente progetto di volume, intendiamo fornire una serie articolata, consequenziale e coesa di riflessioni che mostrino come la psichedelia stia espandendosi, in modo sempre meno sotterraneo, e non solo nel campo terapeutico ma anche nell’arte, nella musica, nella letteratura e nella cultura pop, fino alla tecnologia, alla “Internet culture” e alla politica.
La presentazione del libro “La Scommessa psichedelica” (titolo non definitivo) di Federico Di Vita in uscita a ottobre 2020 per Quodlibet
Fonte: Psycore