Rifugiati, migranti e la rinascita di Riace… Una storia diversa che non ci raccontano
La Calabria Ionica fu il fulcro di una splendida società multietnica. Genti provenienti dalla Grecia infatti la colonizzarono duemila e cinquecento anni fa. Arte, filosofia e letteratura, stile di vita e conoscenze provenienti dalla culla della democrazia, trovarono terreno fertile fra le genti del Sud e diedero vita al fenomeno più vitale e straordinario al mondo: la Magna Grecia (nell’aggettivo magna, c’è il senso di come la colonia avesse superato in grandezza la madre patria).
Immaginiamo la gente di Calabria come dura, chiusa e testarda, e forse questo è in parte vero nelle montagne dell’Aspromonte, laddove, a causa dell’asperità del territorio, gli scambi con popoli venuti da fuori furono più difficili, ma le coste, quelle che accolsero i coloni greci, sono fatte di gente pratica e aperta, penalizzata da fenomeni di emigrazione che ne hanno minato il tessuto sociale.
E’ forse l’ancestrale ricordo di una civiltà perduta che ha fatto di Riace, famosa per il ritrovamento dei Bronzi, il luogo accoglienza per un paio di centinaia di disperati i quali, con tenacia e determinazione hanno risollevato le sorti loro e di un paese che stava per morire?
Mi piace pensare che sia così, e che gli scambi fra genti diverse non possano che essere un’ arricchimento.
Dunque Riace stava morendo, stava morendo il commercio, l’agricoltura e stavano morendo di vecchiaia gli ultimi abitanti, quando in un guizzo di vitalità, nel 1999 nascono varie associazioni per l’accoglienza di migranti.
In pochi anni, grazie all’ostinazione del sindaco Domenico Lucano, Riace è rinata: botteghe artigiane dove donne eritree ricamano, cooperative sociali rette da curdi e afghani, terre di nuovo coltivate, raccolta differenziata porta a porta in società con gli anziani del posto, ristrutturazione edili, e poi bambini, bambini, bambini. Perfino la popolazione degli asinelli autoctoni che stava scomparendo, rimpolpata!
Le ‘ndrine si sono rassegnate e dopo le prime intimidazioni e qualche proiettile sparato contro la sede di “Città futura”, l’associazione che si cura dei profughi, sembra abbiano rinunciato alla lotta accettando perfino i simboli della nuova condizione del paese, la “Porta Africana” in piazza e i murales etnici.
L’associazione riceve dallo Stato 30 euro a migrante ma a loro non vengono dati soldi ma buoni da spendere solo all’interno del paese. Così l’economia locale viaggia serena avvantaggiando il territorio.
A chi chiede se il progetto di accoglienza abbia sfavorito il turismo, il sindaco risponde che al contrario ha attratto un turismo diverso e cioè quello delle persone interessate alla società multietnica. “Questa è la cosa più interessante che Riace può offrire” racconta Domenica Lucano. “Non abbiamo monumenti, i bronzi rinvenuti nel 1972 si trovano ora a Reggio Calabria, ma neppure nel periodo successivo al loro ritrovamento il turismo era aumentato. La nostra terra è a vocazione agricola e zootecnica. E poi, perché i turisti devono essere necessariamente biondi? A Riace possono essere anche neri.
Siamo orgogliosi di praticare il turismo dell’accoglienza. Personalmente sono fiero di poter cavalcare questo sogno. La vera accoglienza è in ognuno di noi ed è su questo concetto che vanno costruite le città del futuro“.
A livello internazionale gli sono stati tributati onori di ogni genere. Dal terzo posto come miglior sindaco del mondo, ottenuto nel 2010 dall’associazione World Mayor con la motivazione di essere un “Gandhi dei nostri tempi”, alla dichiarazione del regista Wim Wenders, che riassume l’opera di Lucano in queste parole “la vera utopia non è il crollo del muro di Berlino, ma quello che è stato fatto a Riace“.